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Clima, la svolta Ue spaventa l’auto. Anche Cina taglia la CO2

La Borsa fa i primi conti sulla rivoluzione verde FitFor55 lanciata dalla Commissione Ue. Giù l’auto e ricambi. Ma anche tonfo di Siemens Energy sui costi delle materie prime. Anche la Cina però si muove e vara la nuova piattaforma per il trading sulle emissioni. L’impatto sull’Italia

Clima, la svolta Ue spaventa l’auto. Anche Cina taglia la CO2

Stamane a Francoforte crolla il titolo di Siemens Energy -10,55% a causa della decisione della controllata spagnola Siemens Gamesa (-15,3% a Madrid) di ridurre la guidance per il terzo trimestre: in pratica un profit warning del colosso delle pale eoliche attribuito alla rapida ascesa dei costi delle materie prime e dei costi della piattaforma Siemens Gamesa 5.X, specialmente in Brasile.

A Parigi e a Milano, intanto, soffre l’automotive con Stellantis -1,30% e Renault che perde l’1,76%. Sul settore pesa la pressione esercitata dalla proposta UE di un bando delle auto a motore endotermico dal 2035. Anche Volkswagen -1,7%, che pure ha già annunciato la completa transizione al modello elettrico paga un prezzo. Per la Ue, l’obiettivo di realizzare il 50% del fatturato sull’elettrico entro il 2030 sembra troppo timido: cinque anni dopo, nel 2035, vendere in Europa un auto a benzina, diesel o metano sarà verboten.

Questo e molto altro è contenuto nel “Green deal” europeo, il pacchetto Clima varato in settimana dalla Commissione per affrontare l’emergenza climatica che sta già suscitando fiere proteste tra i produttori e pressioni da parte dei singoli governi dei 27 (Italia in primis). Ma la rotta sembra segnata, anche perché l’Europa, costretta ad inseguire in settori chiave del futuro, dai biotech al digitale, si è data la missione di conquistare la leadership della rivoluzione verde, obiettivo che comporta un radicale ripensamento del modello di sviluppo. E così si cambia: dalle industrie ai veicoli, dal riscaldamento all’energia elettrica. Chi inquina, paga. Chi decarbonizza è premiato. Una parte della rivoluzione sarà finanziata da tasse ed imposte. E gli Ets – certificati che autorizzano l’inquinamento – adesso usati solo per le industrie, saranno estesi ad auto, navi, aerei e riscaldamento domestico. Chi vuole produrre emissioni di CO 2 dovrà comprarli e scompariranno quelli concessi a titolo gratuito.

La novità, tra l’altro cade alla vigilia della mossa della Cina.  Domani, venerdì, le autorità di Pechino renderanno noti i dettagli di quella che dovrebbe diventare la più importante piattaforma di scambio di strumenti finanziari collegati al permesso di scaricare nell’aria i prodotti della combustione. In questo modo, la Cina si aspetta di fermare entro il 2030 la crescita della quantità di C02 immessa in atmosfera, primo passo per il raggiungimento della perfetta neutralità del suo sistema antropico all’anidride carbonica.  

Ma torniamo all’Europa. Le nuove norme, che dovranno ora essere oggetto di un confronto parlamentare che si annuncia rovente sia a Strasburgo che presso i parlamenti locali si annunciano davvero rivoluzionarie. Oltre agli Ets (Emissions Trading System), figura  la proposta di abbassare ulteriormente il limite massimo generale delle emissioni e di eliminare gradualmente le quote di emissioni a titolo gratuito per il trasporto aereo. E ancora:

  • La direttiva sulle energie rinnovabili impone di  produrre il 40% dell’energia europea da fonti rinnovabili entro il 2030.
  • Il settore pubblico sarà tenuto a ristrutturare il 3 % dei suoi edifici ogni anno in modo da creare posti di lavoro e ridurre il consumo di energia e i costi per i contribuenti.
  • Per la mobilità sono previste norme più rigorose in materia di emissioni di CO2 per le autovetture e i furgoni imponendo che le emissioni delle autovetture nuove diminuiscano del 55 % a partire dal 2030 e del 100 % a partire dal 2035 rispetto ai livelli del 2021. Per cui tutte le auto immatricolate a partire dal 2035 saranno a zero emissioni.
  • Un’altra proposta riguarda un nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere che fisserà un prezzo del carbonio per le importazioni di determinati prodotti. 

Si tratta insomma di un insieme di misure complementari che mirano a realizzare la transizione verso un’economia low carbon. L’impatto sarà profondo sul settore energetico, su quello dei trasporti e in generale sul settore dell’industria. 

Le conseguenze? L’Italia ha già sperimentato l’effetto dei “nuovi” Ets, estesi a nuove categorie: il prezzo del carbonio è in breve passato da pochi dollari a 50 dollari la tonnellata con una ricaduta sulle tariffe elettriche del 20%.  Impossibile per ora quantificare il costo per decarbonizzare il settore manifatturiero e fornire alle aziende energia prodotta da fonti rinnovabili, dunque priva di emissioni. Ma il Green Deal prevede anche l’abolizione definitiva dei sussidi di Stato ai combustibili fossili. Una voce di bilancio che in Italia vale 35,7 miliardi di euro. Per non parlare del costo della riconversione dell’Eni cui non basterà più puntare sul gas naturale. 

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