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Calenda attacca: “Alitalia gestita male”

Il ministro dello Sviluppo entra in campo: “Le colpe non possono ricadere sui lavoratori” e sollecita la presentazione del piano industriale. A rischio 4.000 posti secondo le indiscrezioni circolate finora

Alla fine il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha scelto la linea dura: l’Alitalia è “stata gestita oggettivamente male”, ha detto ai microfoni di “Radio anch’io” su Rai Radio Uno. Ed è “inaccettabile che una situazione non buona venga riversata sui lavoratori. Non è giusto, lo abbiamo detto con la massima chiarezza”. “Non esiste che si parli di esuberi prima del piano industriale” ha aggiunto il ministro facendo capire che il governo non starà ad osservare passivamente il nuovo scontro che si profila tra l’azienda, nuovamente in crisi, e i sindacati.

Il ministro ha commentato anche la decisione della Consulta sui quesiti referendari proposti dalla Cgil. “Il lavoro è il primo grande problema sentito dagli italiani e va affrontato in modo pragmatico – ha affermato Calenda – il governo ha il dovere di verificare una riforma e di correggerla se ci sono storture, essere disponibile a discuterne, quello che non vorrei però è che tutto diventi una battaglia ideologica, un grande scontro”.

Tornando su Alitalia già nei giorni scorsi Calenda aveva fatto capire che il governo aspetta di conoscere prima il piano industriale e poi è disposto a prendere in esame il tema degli esuberi, in conclusione del primo incontro al ministero dello Sviluppo tra azienda e sindacati.
Alitalia ha presentato un conto di 4 mila nuovi esuberi ufficiosi a fronte di una cifra ufficiale di 1.640 posti da tagliare. Sotto accusa è la gestione dell’Ad Cramer Ball cui era stato affidato l’incarico di raddrizzare i conti dell’azienda già nel 2016 mentre invece chiuderà con circa 500 milioni di passivo secondo le attese. Ma il piano che l’azienda avrebbe dovuto presentare il 9 gennaio, ancora non è stato presentato né al governo né agli azionisti.

Nel frattempo, il presidente di Alitalia Luca di Montezemolo è voltato ad Abu Dabi per convincere il governo (che controlla Ethiad che a sua volta detiene il 49% di Alitalia) della necessità di un intervento diretto nella compagnia.

 

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