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Alimentare: made in Italy cresce, ma Germania più competitiva

Il settore alimentare è uno dei più importanti del nostro Paese, con un fatturato totale nel 2018 di oltre 140 miliardi, pari all’8% del PIL: resta tuttavia caratterizzato da un numero eccessivo di operatori e dimensioni contenute dei dettaglianti rispetto alle grandi imprese internazionali. Il confronto con la Germania.

In Europa, il mercato tedesco della vendita al dettaglio di prodotti alimentari è il più competitivo, con prezzi di mercato ridotti grazie al potere delle principali catene di vendita al dettaglio e dei discount. Secondo l’associazione di settore BVE, il fatturato nominale del comparto è cresciuto dell’1,5% nel primo semestre del 2019 (portandosi a 89,5 miliardi di euro) grazie soprattutto al lieve aumento dei prezzi di mercato. Nonostante la crescita delle vendite, le condizioni sul mercato interno si sono confermate difficili per le imprese di produzione e trasformazione alimentare a causa dell’aumento dei costi di produzione, tra cui quelli per la manodopera, e dei margini di profitto strutturalmente bassi. Secondo Atradius, le difficoltà continueranno anche nel 2020 portando a un’ulteriore lieve contrazione dei margini di profitto per molte imprese di trasformazione alimentare tedesche. 

Mentre l’eccesso di capacità produttiva influisce sul sotto-settore delle bevande, molte imprese di produzione e trasformazione della carne sono in difficoltà a causa dell’aumento dei costi di approvvigionamento, soprattutto per quanto riguarda la carne suina, mentre la capacità di trasferire gli aumenti sui rivenditori è limitata da contratti a lungo termine. L’epidemia di peste suina africana in Cina, in particolare, ha causato un aumento significativo dei prezzi delle materie prime che molte imprese di trasformazione alimentare non hanno potuto trasferire sui prezzi di vendita. Il valore aggiunto del sotto-settore della carne ha registrato un calo dello 0,8% negli ultimi cinque anni e dovrebbe registrare un’ulteriore contrazione di circa lo 0,6% nel corso del 2020. 

La dipendenza dal finanziamento bancario resta elevata, ma gli istituti di credito continuano ad essere piuttosto riluttanti a concedere prestiti alle imprese alimentari rispetto ad altri comparti. I pagamenti nel segmento dei produttori e grossisti alimentari richiedono in media 30 giorni, mentre i termini di pagamento per le imprese di vendita al dettaglio oscillano spesso tra i 45 e i 90 o più giorni. Le imprese di trasformazione e vendita al dettaglio di generi alimentari premono sui fornitori per ottenere termini di pagamento più lunghi e migliorare così il proprio capitale circolante, un fenomeno che si riflette su tutta la catena di approvvigionamento, in uno scenario che registra un aumento dei casi di ritardo nei pagamenti. 

Ecco allora che gli analisti prevedono il numero delle insolvenze aumentare dell’1-2% quest’anno, soprattutto nel segmento della carne, ma anche nei sotto-settori delle bevande e dei prodotti ortofrutticoli. Maggiormente a rischio di fallimento sono le PMI che non possono contare su opportunità di export o che non offrono prodotti di specialità, così come le imprese già finanziariamente instabili. Inoltre, il settore alimentare tedesco continua ad essere oggetto di casi di frode e il numero delle truffe da furto di identità  ha registrato un ulteriore aumento nel 2019: si tratta di acquirenti fraudolenti a credito di prodotti nei segmenti del pesce e della frutta e verdura. 

Se diamo uno sguardo al Made in Italy, il settore alimentare è uno dei più importanti del nostro Paese, con un fatturato totale nel 2018 di oltre 140 mld, pari all’8% del PIL. Il comparto dei prodotti alimentari e delle bevande dovrebbe crescere del 3,0% nel 2019 e dell’1,4% nel 2020, con un valore aggiunto in aumento, rispettivamente, del 3% e dell’1,4%.  

Le esportazioni di prodotti ortofrutticoli hanno registrato un incremento dell’1,2% nel 2018, portandosi a 41,8 mld, e del 5,5% nel corso dello scorso anno, con i mercati UE come principale mercato di riferimento. Per contro, i consumi sul mercato interno hanno registrato una crescita più contenuta (+0,8% nel terzo trimestre del 2019). Il settore italiano della produzione, trasformazione e vendita al dettaglio di prodotti alimentari continua ad essere estremamente frammentato e caratterizzato da una forte concorrenza, un numero eccessivo di operatori e dimensioni contenute dei dettaglianti rispetto ad altre grandi imprese a livello internazionale. Nel 2019 ha avuto inizio un processo di consolidamento che dovrebbe proseguire nel 2020, con un esiguo numero di grandi imprese che utilizzano la propria forza in termini di liquidità per attuare ulteriori investimenti e acquisizioni e guadagnare così quote di mercato: un processo che metterà sempre più sotto pressione la capacità dei piccoli dettaglianti di generare flusso di cassa. 

Nonostante la redditività generalmente bassa delle imprese alimentari italiane, sempre secondo Atradius i margini di profitto dovrebbero mantenersi stabili nel corso di quest’anno, anche tenuto conto dell’attuale livello dei prezzi delle materie prime. Nel 2012 è stata introdotta una nuova legge (“Articolo 2012”) che fissa i termini massimi di pagamento per il settore alimentare a 30 giorni per le merci deperibili e a 60 giorni per quelle non deperibili. Benché la maggior parte delle imprese stia rispettando questi termini, alcuni operatori più deboli continuano a rimandare i pagamenti nel tentativo di gestire la liquidità in caso di difficoltà finanziarie: alla luce di questa tendenza e della performance debole dell’economia italiana, gli analisti si attendono un moderato aumento dei ritardi di pagamento, mentre le insolvenze dovrebbero mantenersi stabili. 

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