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Venerdì nerissimo per Piazza Affari (-3,47%): la speculazione attacca le banche, spread al record

di Elena Bonanni – Un’altra giornata di passione per l’Italia: Ftse Mib sotto i 19 mila punti – Unicredit nel mirino – La forbice dei rendimenti Btp-Bund sale al massimo storico – La Consob indaga sull’ondata speculativa che colpisce molti titoli del comparto bancario-assicurativo – Intervento di Draghi

ATTACCO A PIAZZA AFFARI
NUOVO RECORD PER LO SPREAD BTP-BUND

Borsa di Milano sotto attacco: il Ftse Mib scende a 18.969 punti per chiudere poi a 19049,88 punti in calo del 3,47%. In rosso anche le altre Borse europee, ma con cali più contenuti: 0,92% il Dax, -1,67% il Cac, -1,06% il Ftse 100. Una giornata dominata dal nervosismo in cui non sono mancati i fattori tecnici ad amplificare i ribassi con le vendite innescate dai meccanismi di stop loss. Ma sull’Italia si è abbattuto un attacco speculativo senza precedenti: pesano le preoccupazioni internazionali sulla crisi del debito greco e per i paesi periferici dopo il downgrade di Moody’s sul Portogallo, l’attesa dei risultati degli stress test per le banche, ma anche le incognite politiche legate alla manovra e alle possibili, ma improbabili, dimissioni del ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Un cocktail micidiale che ha offerto il destro alla speculazione, con tanto di discesa in campo della Consob per monitorare i crolli più sospetti. Lo tsunami investe in pieno i titoli di Stato: lo spread dei Btp decennali sugli analoghi titoli tedeschi è schizzato al nuovo record a 245 punti base, rientrando poi a 228 (con il tasso di rendimento del Btp decennale salito al 5,36%). Vola anche il rendimento dei titoli del Portogallo a 10 anni sopra il 13%, così come sono in rialzo i biennali al 17,77%. Record anche per l’Italia che ha toccato 16,40%, mentre il tasso del decennale sale al 12,96%.

Ma l’avversione al rischio investe anche Belgio, Olanda, Austria e Finlandia con tutti gli spread sul Bund tedesco in allargamento. Nel pomeriggio a peggiorare gli umori di tutti i listini sono arrivati i dati sulla disoccupazione Usa che hanno fatto accelerare al ribasso anche le altre Borse europee, che in mattinata avevano tenuto meglio di Milano. I dati del mese di giugno si sono infatti rivelati nettamente sotto le attese (dopo che la stima Adp del settore privato aveva invece fatto meglio del previsto): aumentano di soli 18.000 unità gli occupati non agricoli, ben sotto le attese di 90.000 nuovi posti di lavoro e il tasso di disoccupazione in giugno è salito al 9,2%, rispetto alle attese del 9,1% ed al dato di maggio anch’esso al 9,1%, al massimo dal dicembre 2010.

Male anche i dati sulle vendite negli Usa: a maggio aumentano le scorte di beni durevoli negli dell’1,8% su base mensile, contro attese di +0,7% e +1,1% del mese passato. Il dato rappresenta il maggior incremento da aprile 2006 (allora era stato del +2,0%). Le vendite all’ingrosso sono calate dello 0,2%, mentre si attendeva una crescita dello 0,2%. Il petrolio a a New York ritraccia in area 96 dollari al barile. Debole anche Wall Street che apre in ribasso (il Dow Jones e lo S&P500 a -0,7% e il Nasdaq a -1%) e ora il Dow Jones viaggia in calo dello 0,89% e il Nasdaq di circa un punto percentuale. L’aumento dell’avversione al rischio si riflette anche sul cambio euro dollaro che ha vissuto una giornata volatile e scende sotto 1,425 (1,42 minimi intraday): gli investitori penalizzano l’euro rispetto a valute più sicure. Sale all’1,593% l’Euribor a 3 mesi al fixing di oggi (ieri era 1,583%), il valore massimo rispetto al 18 marzo 2009.

UNICREDIT NEL MIRINO
MPS CHIUDE L’AUMENTO

A Piazza Affari si rivive la tumultuosa giornata di venerdì 24 giugno con il repentino crollo dei titoli bancari dopo un avvio di seduta nel complesso cauto. Nelle sale operative si parla di speculazione e di Italia nel mirino. Ed è scesa in campo la Consob, al lavoro per verificare se si tratti di scambi diffusi o invece ci siano intermediari più attivi. Proprio oggi poi si è tenuta l’audizione alla Consob dell’agenzia di rating Moody’s che il 23 giugno aveva annunciato di aver messo sotto osservazione il merito di credito di 6 banche italiane amplificando il nervosismo già alto per la situazione della crisi del debito sovrano greco. Sulle banche italiane gli occhi sono puntati sui risultati degli stress test che verranno resi noti il 15 luglio. Secondo quanto riferito da Bloomberg, un documento preliminare della Ue stabilisce che le banche che non supereranno lo stress test e risultassero avere un Core Tier 1 sopra ma vicino al 5% dovranno presentare un piano di ricapitalizzazione entro la fine di settembre. Dovranno raccogliere fondi sul mercato ma c’è anche la possibilità che i singoli governi siano chiamati, in extremis, a intervenire.

E il nervosismo investe soprattutto Unicredit: c’è la convinzione che alla fine anche il gruppo dovrà ricapitalizzare. Si parla di circa 5 miliardi. Il titolo chiude in calo del 7,85% a 1,232 dopo essere stato sospeso al ribasso in mattinata (-5,76% teorico). La banca guidata da Federico Ghizzoni dopo la turbolenta uscita di scena di Alessandro Profumo dello scorso settembre non ha ancora partecipato all’ondata di ricapitalizzazioni che ha investito il settore: un nuovo ricorso ai soci è stato fino a questo momento escluso da Ghizzoni almeno per il 2011. Si tratterebbe del terzo aumento in tre anni: l’ultimo aumento risale a inizio 2010 per circa 4 miliardi menrtre altri quattro miliardi erano stati raccolti nel 2009.

Sugli stress test è intervenuto il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi che fra poco si insedierà all’Eurotower: “Sono certo – ha detto – sulla base delle nostre analisi che gli intermediari italiani supereranno con un margine significativo gli stress test in corso in sede europea”. E ha aggiunto sulla manovra economica del governo: “Costituisce un passo importante per il consolidamento dei conti pubblici, le misure rendono credibili il pareggio di bilancio nel 2014 e l’avvio di una tendenza al calo del rapporto debito/pil”. L’aumento di capitale Mps da 2,5 miliardi in chiusura oggi secondo indiscrezioni sarebbe andato in porto con oltre il 95%. Il titolo dopo aver aperto la seduta in rialzo è tornato però in rosso con le vendite su tutti i bancari di metà mattina e ha chiuso in calo del 3,01% a 0,515. Il gruppo incassa un altro parere positivo da parte degli analisti. BofA Merrill Lynch ha portato a neutral da underperfom la propria valutazione con target price a 0,70 euro: il track record nel miglioramento di efficienza è credibile, è l’opinione degli analisti, e la valutazione attuale della banca dopo l’aumento di capitale è attraente anche alla luce del fatto che Mps sarà in grado di ricominciare a pagare dividendi dopo una fase di ristrettezza. All’aumento ha aderito anche Unicoop Firenze, azionista con il 2,988%, che si aggiunge alle conferme di fiducia già ricevute da tutti gli altri principali soci. Intanto dalle comunicazioni di internal dealing emerge che Francesco Gaetano Caltagirone ha fatto shopping sul titolo, acquistando tra il 4 e il 7 giugno in diverse tranche tramite sue società oltre 10 milioni di azioni per circa 6 milioni di euro.

Male anche tutti gli altri bancari: Intesa Sanpaolo ha lasciato sul campo il 4,56% a 1,654, Bpm il 6,12 a 1,533 e il Banco Popolare il 6,46% a 1,42. Osservata speciale oggi è anche Fonsai, tra i titoli peggiori del Ftse Mib che chiude in calo del 7,01% a 2,07 euro nell’ultimo giorno della trattazione dei diritti (-31,56% a 0,924). Il gruppo assicurativo dei Ligresti, dopo essere balzato a ridosso dell’avvio del 3% a 2,314 euro per azione, in mattinata è stato anche lui sospeso al ribasso in (-3,41% teorico). Ieri intanto è arrivato il sì dell’antitrust al patto Premafin – Unicredit con gli impegni assunti dalle due parti per controbilanciare il rafforzamento nel capitale di Mediobanca dovuto all’ingresso di Piazza Cordusio in Fonsai. Male anche il risparmio gestito che a giugno ha accusato un saldo negativo di 3,1 miliardi (mezzo miliardo i soli fondi azionari). Azimut perde il 5,61%. In calo anche Mediolanum (-3,32 per cento) e Banca Generali (cede il 2,93%) che però sono tra i cinque gruppi che a giugno hanno archiviato una raccolta positiva.

FIAT RALLENTA IN BRASILE
ANSALDO STS CADE SU VOSSLOH

Fiat (-3,27%) soffre dei timori per il rallentamento del mercato brasiliano. Il gruppo ha già fermato per una settimana lo stabilimento di Cordoba in Argentina e potrebbe fermare anche il sito produttivo di Betim in Brasile. Una nota del gruppo nel tardo pomeriggio ha precisato in merito alle notizie sullo stop agli stabilimenti che “lo stabilimento Fiat a Betim, in Brasile, chiuderà un turno di una linea di produzione per una settimana per motivi di ordinaria manutenzione e per bilanciare il mix produttivo” e che “lo stabilimento Fiat di Cordoba, in Argentina, ha avuto un fermo tecnico di una settimana principalmente per bilanciare il mix e la logistica produttiva”, a causa degli attuali rapporti commerciali tra il Brasile e l’Argentina. Oggi Fiat ha anche annunciato il regolamento dei due prestiti obbligazionari in euro il cui prezzo era stato fissato il 5 luglio. I titoli, che sono stati emessi da Fiat Finance and Trade Ltd hanno ottenuto l’assegnazione di un rating pari a Ba1 da Moody’s Investors Service, BB da Standard & Poor’s e BB+ da Fitch. I titoli sono stati ammessi alla quotazione presso la Borsa irlandese

Ansaldo Sts cade del 7,27% a 0,883 sulla scia del profit warning lanciato dalla tedesca Vossloh a causa dei ritardi nella realizzazione dell’alta velocità in Cina e Russia. Il mercato teme che il rallentamento di alcuni progetti in Cina possa rappresentare un cattivo segnale per il settore e quindi influire anche sulla società italiana controllata al 40% da Finmeccanica che in Cina è però presente nel segmento dei trasporti metropolitani e non nell’altà velocità.

TELECOM PUNTA SULLA FIBRA OTTICA CARIOCA
SI CHIUDE L’OPA SU PARMALAT

Telecom Italia attraverso la controllata Tim Cellular ha rilevato per 700 milioni il gruppo brasiliano Aes Atimus che possiede 5.500 chilometri di fibra ottica tra San Paolo e Rio de Janeiro, le aree maggiormente popolate del Paese. Si tratta della prima acquisizione di un asset di queste dimensioni negli ultimi anni ma il gruppo precisa che “l’operazione non modifica il piano di deleverage presentato al mercato lo scorso febbraio”. Il titolo chiude in calo del 2,21% a 0,883 euro per azione. Oggi si è chiusa l’Opa di Lactalis su Parmalat (-2,26%): il gruppo francese era già salito ieri sopra il 50%, assicurandosi con un giorno d’anticipo sulla fine dell’Opa il controllo definitivo del gruppo di Collecchio. Hanno aderito i fondi esteri e anche Intesa Sanpaolo che ha consegnato il proprio intero pacchetto azionario del 2,438% per poco più di 110 milioni di euro. Nel terremoto che ha scosso Piazza Affari l’unico rialzo del Ftse Mib lo mette a segno Bulgari che chiude a 0,883 in rialzo del 2,21%.

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