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Unesco pensa a un fondo di emergenza per sanare un buco da 65 mln di dollari

L’agenzia culturale delle Nazioni Unite sospenderà tutti i programmi fino alla fine dell’anno e pensa di lanciare un fondo di emergenza per coprire le lacune derivanti dai mancati finanziamenti di Usa e Israele. I due Paesi si sono opposti alla decisione dell’organizzazione di permettere l’accesso a pieno titolo ai palestinesi.

Unesco pensa a un fondo di emergenza per sanare un buco da 65 mln di dollari

Un rosso di 65 milioni di dollari nel budget del 2011. Questa la conseguenza della decisione presa dall’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione scientifica e culturale, lo scorso 31 ottobre per accettare a pieno titolo lo stato Palestinese tra i suoi membri. Il direttore generale dell’agenzia per l’educazione delle Nazioni Unite, Irina Bokova, ha dichiarato oggi che il suo istituto registra un disavanzo di cassa da 65 milioni di dollari e che sarà “molto difficile” rientrare nel budget di quest’anno. “Porteremo avanti con forza il processo di riforma, faremo ogni risparmio possibile e cercheremo di ridurre i costi amministrativi”, ha annunciato la Bokova ieri sera a Parigi.

Per ora il direttore generale si è proposto di sospendere i programmi in corso, mossa che permetterà all’Unesco di risparmiare circa 30 milioni di dollari. Inoltre la Bokova ha dichiarato di essere in attesa di ulteriori offerte da nazioni che potrebbero aiutare almento in parte, a sanare il buco.

A portare l’Unesco verso questa deriva è stata la difficile combinazione di crisi finanziaria globale e taglio del 22% dei finanziamenti totali (per un ammontare di circa 43 milioni di euro). Washington si è visto in qualche modo obbligato a questa mossa in quanto è la stessa legislazione Usa a proibire il finanziamento ad agenzie dell’Onu che consentono l’accesso a pieno titolo di stati non riconosciuti come tali a livello internazionale.

Irina Bokova ha inoltre annunciato di voler lanciare un fondo di emergenza in grado di raccogliere “contributi da governi, dal settore privato, da cittadini e filantropi”, dal momento che nelle ultime settimane “l’Unesco ha ricevuto centinaia di lettere di sostegno, alcune delle quali con donanazioni”.

Tuttavia tra questi nuovi donatori non compaiono i ricchi stati del Golfo, fervidi sostenitori della candidatura dei palestinesi.

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