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Una classe dirigente per rinnovare l’Italia

L’assemblea dell’Assonime ha messo bene a fuoco l’importanza per l’Italia non solo di un consistente rimbalzo dell’economia ma della formazione di una classe dirigente che accompagni attraverso le riforme un rinnovamento profondo del Paese

Una classe dirigente per rinnovare l’Italia

Una cosa è emersa con estrema chiarezza dall’assemblea Assonime che ha segnato il debutto alla presidenza di Patrizia Grieco quale successore di Enzo Cipolletta che ha terminato il suo mandato e non poteva per statuto essere più rieletto: l’Italia ha bisogno di una mobilitazione straordinaria della sua classe dirigente per cogliere le sfide economiche e politiche che la crisi sanitaria ci ha lasciato. Non si tratta solo di recuperare quanto perso nello scorso anno. L’ambizione non è quella di tornare semplicemente alla situazione precedente che non era soddisfacente, e per l’Italia addirittura negativa. Occorre aprire un nuovo capitolo dello sviluppo della economia globale che sia sostenibile dal punto di vista ambientale ed equo sotto l’aspetto  sociale. 

Ciò significa che per aspirare ad una diversa qualità dello sviluppo occorre non solo spendere bene le risorse finanziarie che si trovano a buon prezzo sul mercato o che verranno mobilitate dall’Unione Europea, ma occorre anche una profonda azione di riforma del funzionamento dei nostri sistemi economici per renderli al contempo più efficienti, più resistenti alle crisi, ma anche più elastici e quindi in grado di correre di più.  Questo vale un po’ per tutti i paesi, ma sembra pensato in primo luogo per l’Italia e per quei paesi ad alto debito e bassa crescita strutturale. 

Bisogna fare quindi non solo le grandi riforme quali quelle della PA, della Giustizia, della scuola e della sostenibilità ambientale, ma tutte quelle che servono per snellire i processi amministrativi, per migliorare il funzionamento dei mercati che devono poggiare su norme certe e chiare e che devono basarsi su un corretto livello di concorrenza. Bisogna poi rendere la società più mobile con una riforma del mercato del lavoro che non si limiti a difendere un determinato posto di lavoro, ma che sappia accompagnare il lavoratore di ogni ordine e grado dalla vecchia alla nuova posizione lavorativa in piena sicurezza. Ci vogliono strumenti agili per gestire le crisi aziendali per salvare – come ha sottolineato la presidente Grieco – le aziende che soffrono di crisi momentanee o per sveltire la ricollocazione dei beni di quelle fallite. 

Infine per poter sostenere gli investimenti delle imprese è necessario potenziare il mercato dei capitali in Europa e in particolare in Italia e magari creare degli strumenti pubblici atti a favorire la ricapitalizzazione delle imprese, specie quelle piccole e medie. E bisogna anche evitare che lo Stato chiamato a fare sempre più cose, finisca per trascurare i suoi compiti essenziali e soprattutto intralci il buon funzionamento dei mercati. 

È un lavoro enorme che può essere affrontato solo se ci sarà un grande appoggio della pubblica opinione e in particolare se la classe dirigente sarà capace di guardare un po’ più in là della convenienza immediata e riuscirà ad aderire alla costruzione di questo grande progetto non solo di ripresa congiunturale ma di rinascita duratura e sostenibile. 

Ma purtroppo non sembra che finora una larga porzione delle classe dirigente italiana abbia ben compreso i termini della sfida. I sindacati, guidati dal solito Landini, e con Cisl e UIL che seguono come pecore, faranno una  manifestazione per chiedere la proroga del blocco dei licenziamenti che scade a giugno, di altri quattro mesi. Fanno finta di non capire che il problema è quello di riformare gli ammortizzatori sociali facendo vere politiche attive (con relativa formazione obbligatoria). Ma preferiscono fare un po’ di facile demagogia agitando la paura dei lavoratori di essere licenziati senza avere alcun paracadute funzionante. E anche tra i partiti politici non molti sembrano avere ben chiaro il nesso tra le riforme e i soldi che la UE ha promesso. Come ha detto il ministro Giovannini intervenendo all’assemblea Assonime, molti si sono lasciati inebriare dalla montagna di soldi che ci sono stati promessi, e hanno messo in secondo piano le riforme necessarie non solo per averli, ma per far sì che i loro effetti siano veramente sensibili e duraturi. 

Lo ha detto chiaramente il commissario Gentiloni nel suo intervento: l’Europa si è data obiettivi ben più avanzati di quelli di un semplice ritorno alla situazione precedete alla crisi sanitaria, ma per raggiungerli ci vuole, in particolare in Italia, una piena assunzione di responsabilità da parte delle classi dirigenti nazionali. 

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