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Tirreno Power: Vado Ligure, sequestrata centrale elettrica a carbone

Il gip del tribunale di Savona, Fiorenza Giorgi, ha accolto la richiesta della Procura di sequestrare la centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure – In corso le indagini per disastro ambientale e omicidio colposo.

Tirreno Power: Vado Ligure, sequestrata centrale elettrica a carbone

In seguito alle verifiche che sono state effettuate dai consulenti del Ministero dell’Ambiente e della Procura, il gip del tribunale di Savona, Fiorenza Giorgi, ha accolto la richiesta della Procura di sequestrare la centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure. In base ad alcuni accertamenti svolti sarebbe emerso il mancato rispetto di alcuni limiti imposti dall’Aia. Il gip ha dato mandato ai carabinieri di effettuare il sequestro ma, secondo quanto si apprende, l’eventuale esecuzione del provvedimento cautelare non porterebbe al blocco della centrale.

Intanto, in linea con gli ordini espressi dal Gip, la Tirreno Power sta spegnendo gli impianti di produzione di energia dei due gruppi a carbone, mentre resta in funzione quello a gas, non soggetto ad Aia. L’operazione richiederà in totale circa 20 ore, 6 per completare lo spegnimento e altre 14-15 per smaltire il carbone all’interno dei gruppi.  

La centrale è una ex struttura Enel, controllata al 50% dai francesi di Gdf-Suez e partecipata al 39% (in trasparenza) da Sorgenia e col 5,5% a testa da Iren ed Hera.

Secondo gli inquirenti, Tirreno Power avrebbe causato una serie morti sospette tra il 2000 e il 2007. “Tra i 1700 e i 2000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 bambini sarebbero stati ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d’asma tra il 2005 e il 2012”, ha dichiarato il procuratore Granero.

Sull’attività di Tirreno Power sono dunque aperti due filoni d’inchiesta, uno per disastro ambientale e l’altro per omicidio colposo. Risultano indagati per disastro ambientale Giovanni Gosio ex direttore generale e il direttore dello stabilimento Pasquale D’Elia. Ci sarebbe anche un terzo indagato di cui non si conosce il nome.

L’azienda si è sempre difesa sostenendo che gli studi dei consulenti di parte hanno delle “criticità”. “Non sono mai state sottoposte a un contraddittorio, non si comprende quale sia stato il metodo di valutazione di esposizione agli inquinanti. Tale mancanza di chiarezza è accompagnata dall’assenza della doverosa analisi di robustezza, di sensitività e quindi di affidabilità globale del metodo adottato. Anche per questo motivo non si può affermare in concreto alcun nesso di causalità» tra morti, malattie ed emissioni. 

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