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Svizzera e Italia: top manager privati e pubblici sotto i riflettori

Il 24 novembre i cittadini elvetici saranno chiamati a votare una proposta per mettere un tetto massimo agli stipendi dei numeri uno delle multinazionali – Ma i top manager sono anche top contribuenti e il rischio fuga fa paura: il referendum sembra destinato a fallire – Intanto l’Ocse contro i senior manager della Pa italiana: guadagnano il triplo

Svizzera e Italia: top manager privati e pubblici sotto i riflettori

Svizzera, paradiso perduto delle multinazionali. Italia, Eldorado dei capitani della Pubblica Amministrazione. Se oltre le Alpi i grandi manager rischiano di vedersi tagliare lo stipendio, nella Penisola i numeri uno del pubblico continuano a percepire cifre record, se paragonate a quelle dei loro colleghi stranieri.

Andiamo con ordine. Il dubbio che Berna possa essere perdere lo status di olimpo delle grandi aziende comincia a serpeggiare, dopo la proposta di mettere un tetto massimo agli stipendi dei top manager. Proposta che è stata formalizzata, messa nero e – soprattutto – che sarà sottoposta al voto dei cittadini elvetici nel referendum del 24 novembre.

L’iniziativa, promossa dalla Gioventù socialista della Confederazione, si chiama “1:12”, dove 1 è lo stipendio minimo della Confederazione e 12, in rapporto, dovrebbe essere quello massimo. Detto in altri termini, un grande capitano d’azienda non potrebbe guadagnare in un mese quanto il dipendente meno pagato guadagna in un anno.
In Svizzera, il tetto al momento viene ampiamente superato, almeno in alcuni casi eccellenti. Nel 2012 il top manager della causa farmaceutica Novartis Joseph Jimenez ha incassato 266 volte più del dipendente meno qualificato. Paul Bulcke, della Nestlé, ha ottenuto un più modesto 215 volte.

In caso di vittoria al referendum, la norma sul tetto alle retribuzioni verrebbe inserita all’interno della costituzione elvetica. In Svizzera, tuttavia, c’è chi fa notare che i top manager sono anche grandi contribuenti dello Stato. E che in caso di approvazione del rapporto 1:12 ci sia un grosso rischio di fuga.

Probabilmente, si tratta di molto rumore per nulla. Secondo l’ultimo sondaggio di SRG SSR, la Società svizzera di radiotelevisione, “il consenso alla proposta è precipitato praticamente dappertutto”.

Se a inizio ottobre favorevoli e contrari erano alla pari, adesso il sì raccoglie solo il 36% di opinioni favorevoli, mentre il no registra un’impennata al 54%.
 
“È una tendenza prevedibile per le iniziative popolari”, spiega il politologo Claude Longchamp. Secondo Longchamp, fra tre settimane il testo sarà respinto con un rapporto di due a uno. “È lo scenario di gran lunga più probabile”, afferma.
 
I numeri, in realtà, cambiano al cambiare delle lingue. Nella Svizzera italiana 54% degli intervistati afferma di voler votare sì, mentre solo il 35% si dice contrario. Nella Svizzera francese, la situazione è di pareggio, mentre nella Svizzera tedesca prevale ampiamente il no, col 58%.

E se la Confederazione elvetica punta i riflettori sui suoi top manager, privati, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico punta il dito contro i top manager, pubblici, italiani.

I senior manager della pubblica amministrazione italiana guadagnano il triplo rispetto alla media Ocse. Lo rivela la stessa Organizzazione, su dati del 2011, sottolineando che lo stipendio medio è di 650 mila dollari, oltre 250 mila in più dei secondi classificati, i neozelandesi con 397mila dollari. La media Ocse si ferma a 232mila dollari.

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