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Senegal: un nuovo piano di sviluppo per l’Africa Occidentale

Il Paese ha una storia di stabilità politico-istituzionale in grado di sostenere la crescita sostenuta del PIL (+6,8% in media nel 2016-2020) e rilanciare lo sviluppo grazie a un piano di riforme strutturali per 1,6 mld di dollari.

Senegal: un nuovo piano di sviluppo per l’Africa Occidentale
A differenza di molti altri Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, il Senegal ha una storia di stabilità politico-istituzionale, non essendo stato interessato da colpi di stato o conflitti tribali dopo l’indipendenza ottenuta nel 1960. Il Paese ha un punteggio particolarmente alto nella classifica della stabilità politica di Business Monitor International, pari a 74 in una scala in cui 100 indica massima stabilità politica, laddove la regione ha un punteggio medio pari a 55,5. Le condizioni di sicurezza nel paese sono relativamente buone (74 il punteggio nella scala che va da 1 a 100) anche se la minaccia del terrorismo confessionale è cresciuta nei Paesi limitrofi (Mali, Burkina Faso e Costa d’Avorio). Il timore di possibili azioni terroristiche sta comunque penalizzando il turismo anche in Senegal.

Nel 2015 il Senegal ha registrato un PIL pari a 14 miliardi di dollari (come termine di paragone pari a quello della Provincia Autonoma di Trento), con una popolazione di 15 milioni di abitanti e una superficie di 197712 kM2, circa due terzi di quella dell’Italia. Il reddito pro-capite (913 dollari nominale, 2456 alla PPP) colloca il Senegal nel gruppo dei Paesi a basso reddito nella classificazione della Banca Mondiale, senza dimenticare che si trova nella parte bassa della classifica per l’indicatore di sviluppo umano HDI, in merito ad aspettativa di vita, grado di istruzione e reddito pro-capite. Circa un quinto del territorio del paese è coltivabile, un quarto è dedicato al pascolo e oltre il 40% è coperto da foreste: il settore agricolo e della pesca contribuisce a meno il 15% del PIL, ma impiega circa i due terzi della popolazione attiva. La produzione agricola riguarda per la metà cereali (miglio, sorgo, e mais) e la manioca per il sostentamento della popolazione, il resto colture commerciali come semi oleosi, ortaggi, frutta e canna da zucchero. L’allevamento contribuisce a circa un terzo del PIL agricolo e riguarda piccoli ruminanti, bovini e pollame. Il Paese è relativamente povero di risorse minerarie. Tuttavia, di recente sono stati scoperti da compagnie inglesi e americane vasti giacimenti di gas e petrolio nelle acque dell’Oceano Atlantico che bagnano le coste di Senegal e Mauritania, ma lo sfruttamento di questi pozzi non è ancora iniziato. Il settore manifatturiero, che ha un peso pari a poco più del 10% del PIL, è focalizzato sulla attività di trasformazione delle produzioni del primario (trasformazione alimentare, lavorazioni chimiche collegate ai fosfati e raffinazione). Il movimento turistico ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni: secondo dati forniti dal World Trade & Tourism Council il settore ha contribuito direttamente e indirettamente all’11% del PIL nel 2015 nonostante il calo degli arrivi (scesi a circa 800 mila unità da un picco di 1,2 milioni nel 2013) a causa di timore di attacchi terroristici. Il Senegal registra un ampio disavanzo commerciale, in media pari al 18% del PIL negli ultimi 10 anni. Le principali importazioni sono costituite da prodotti alimentari, idrocarburi, macchinari e impianti e semi lavorati. I prodotti alimentari contribuiscono ad oltre il 40% delle esportazioni, seguiti da minerali (oro e fosfati) e prodotti della raffinazione del petrolio, dove la UE rappresenta il principale partner commerciale del paese (33,8% del commercio totale nel 2015) seguita dalla Cina (8,5%).

La crescita del PIL senegalese ha accelerato al 6,5% nel 2015, il tasso più sostenuto dal 2003. Questo passo è stato mantenuto pure nella prima metà del 2016, quando il PIL è aumentato del 6,3% in termini reali. Dal lato dell’offerta, la spinta al PIL è venuta principalmente dalla produzione agricola (+12,9%), che ha beneficiato di favorevoli condizioni climatiche, dalle costruzioni (+12,7% grazie soprattutto alle opere pubbliche), da alcune produzioni manifatturiere (come la chimica, + 32%) e da alcuni servizi (trasporti +12,9%). Inoltre, nella prima metà del 2016 l’attività economica ha beneficiato del forte aumento nell’estrazione di fosfati, detrminando un balzo del 37,6% dell’attività di estrazione e della crescita a due cifre della produzione chimica (+17%) e dei servizi di trasporto (+19% spinti soprattutto dal traffico marittimo e dal ferroviario passeggeri). Dal lato della domanda, nel 2015 le esportazioni (+16,8%) e gli investimenti (+7,4%) hanno fornito la spinta maggiore al PIL. Tuttavia, nel periodo 2006-2015 la crescita media annua del PIL del Senegal, pari al 3,9%, è stata inferiore a quella dell’Africa Sub Sahariana (5,3%). Tuttavia, la relativa debolezza dell’economia è determinata da carenza di infrastrutture, difficoltà di accesso ad alcuni fattori produttivi (acqua ed elettricità su tutti), vulnerabilità della produzione agricola ai fattori climatici, sottosviluppo di alcuni servizi essenziali (in particolare quelli finanziari), scarso dinamismo del settore privato, poca efficienza della pubblica amministrazione ed elevato disavanzo del saldo corrente della Bilancia dei Pagamenti. La crescita relativamente contenuta dell’economia unita all’elevato tasso di crescita della popolazione (vicino al 3%) fanno del Senegal uno dei Paesi con il più elevato tasso di povertà nell’Africa Sub Sahariana. Dal 2015 la dinamica del PIL ha accelerato in misura significativa ed è vista mantenere un passo sostenuto anche nei prossimi anni, laddove il FMI prevede una crescita media del 6,8% nel quinquennio 2016-2020 grazie agli interventi indicati nel Piano Senegal Emergente (EPS) per la modernizzazione del Paese: sono previste riforme nel funzionamento dell’amministrazione pubblica, la costituzione di un sistema fiscale e di uno legale, investimenti indicati in un piano di azione che per il quinquennio 2014-2018 prevede interventi per 1,6 mld, finanziato per poco più del 40% da fondi statali e per il resto da partnership pubblico-privato e donazioni. Questi investimenti riguardano principalmente infrastrutture di trasporto, servizi di pubblica utilità (accesso all’acqua e all’elettricità), istruzione e sanitari. L’apporto dei finanziamenti esterni previsti nel Piano dovrebbe essere favorito dalla supervisione del FMI sulle politiche perseguite dal Governo del Senegal prevista dal Programma Policy Support Instrument (PSI). Questo strumento del FMI è specifico per quei Paesi che non necessitano o non cercano il sostegno finanziario del Fondo per non sottostare a vincoli ritenuti troppo stringenti, ma nello stesso tempo chiedono l’approvazione di questo organismo internazionale delle loro politiche come garanzia per i finanziatori esteri, sia istituzionali che privati.

Per il biennio 2016-2017 il FMI nel rapporto previsionale WEO dello scorso ottobre prevede per il Senegal tassi di crescita rispettivamente pari al 6,6% e 6,8%, tra i più alti nell’Africa Subsahariana e nettamente superiori al tasso medio di espansione registrato dal Paese nell’ultimo decennio, mentre l’Africa Subsahariana nel suo complesso è attesa crescere a tassi molto più contenuti (1,4% quest’anno, 2,8% il prossimo) a causa principalmente della frenata dei paesi esportatori di materie prime, come Angola, Nigeria e Sudafrica. In prospettiva, l’economia è attesa essere sostenuta dagli investimenti in infrastrutture già menzionati. Tra questi, l’autostrada tra la capitale Dakar e la seconda città del paese Touba, il ripristino della linea ferroviaria che collega Dakar al Mali e il parco tecnologico di Diamniado. Nelle intenzioni del Governo questa nuova città, che sarà dotata di un aeroporto e di una università, diventerà l’hub tecnologico dell’Africa occidentale. L’assenza di infrastrutture per lo stoccaggio ed il trasporto di idrocarburi e l’attuale congiuntura di mercato poco favorevole fanno ritenere che lo sfruttamento delle riserve di gas e petrolio scoperte nell’Oceano Atlantico avrà un impatto sull’economia solo nel lungo periodo. Come già citato, un beneficio più immediato all’attività economica e agli investimenti dall’estero dovrebbe invece venire dalle riforme previste nel citato EPS.

La politica monetaria del Senegal e di altri sette mercati che fanno parte dell’UEMOA, l’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea- Bissau, Mali Niger e Togo), è gestita dalla Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale (BCEAO). Il tasso di riferimento è fissato pari al 3,5% dal settembre 2013 e i tassi reali sono ampiamente positivi. Il tasso tendenziale d’inflazione, dopo essere salito all’1,5% all’inizio del 2016, a seguito dell’eliminazione dei sussidi sui carburanti, ha frenato nei mesi successivi fino a diventare negativo (-0,4%) ad ottobre. La moneta del Senegal è il franco CFA che ha una parità fissa verso l’euro (655,9 FCFA : 1 Euro), la cui convertibilità è garantita dalla Banca Centrale di Francia. I Paesi dell’UMEOA partecipano a un fondo comune di riserva a sostegno della valuta che per almeno il 65% è depositato presso la Banca Centrale di Francia.

Nel 2015 il deficit pubblico si è ridotto al 4,8% del PIL, dal 5% l’anno prima, in linea con l’obiettivo concordato con il FMI sotto il Programma PSI. Nello stesso periodo il debito pubblico è salito al 56,8% ed è previsto essere aumentato ulteriormente nel 2016, per poi iniziare una fase discendente che dovrebbe portarlo al 50% del PIL entro il 2021. Il debito pubblico in rapporto al PIL del Senegal è tra i più alti nel gruppo dei mercati aderenti alla zona monetaria CFA, che nel 2015 avevano un debito pari mediamente al 40,9% del PIL. La Bilancia dei Pagamenti registra un elevato disavanzo corrente (in media pari al 9% del PIL negli ultimi 10 anni) dovuto principalmente alla parte commerciale (deficit medio pari al 18% delPIL negli ultimi 10 anni), mentre il conto trasferimenti risulta ampiamente in surplus grazie alle rimesse dei lavoratori emigrati (mediamente pari al 10% del PIL). Il Conto Finanziario riporta un surplus strutturale alimentato principalmente da investimenti produttivi (mediamente pari al 2% del PIL), investimenti esteri di portafoglio e finanziamenti esteri di natura bilaterale e multilaterale. Nel 2015 il deficit corrente è sceso da 1,36 miliardi (8,9% del PIL) a 0,85 mld (7,6% del PIL) a seguito della riduzione del deficit commerciale (passato dal 18,3% al 16% del PIL) determinata dal balzo delle esportazioni (+13% grazie a fosfati, cemento e alcuni prodotti agricoli) e dal calo del deficit energetico.

Il Senegal ha beneficiato del programma Heavily Indebted Poor Countries (HIPC) che ha portato alla cancellazione totale del debito con FMI, Banca Mondiale e Fondo Africano per lo Sviluppo, permettendo di far scendere il rapporto da quasi l’80% del PIL nel 2000 al 20,7% nel 2006. Negli anni successivi il debito estero è tornato a salire sino a portarsi al 40,2% del PIL (5,5 miliardi di dollari) nel 2015. Di questo debito, 0,3 mld sono maturati nel 2016 e altri 0,3 mld matureranno nel corso di quest’anno. A fine 2015 il Senegal aveva riserve valutarie pari a 1,86 mld, scese a 1,84 mld a maggio 2016. Le riserve coprono 3,8 mesi di importazioni mentre superano il fabbisogno finanziario esterno stimato pari a 1,3 (0,33 mld debito in scadenza, 1 mld deficit corrente previsto). Il Senegal ha emesso tre Eurobond (nel 2009, 2011 e 2014 quest’ultimo con un tasso dell’8,75%) per 1,5 mld. Ecco allora che le agenzie di rating considerano il debito sovrano in valuta un investimento altamente speculativo (rating B+ per S&P e B1 per Moody’s).

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