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Ravanello selvatico: la pianta rustica amata dai sardi

Utilizzato in gastronomia, cosmetica e nella medicina popolare per le sue proprietà diuretiche, digestive e depurative. Le foglie dal sapore forte e piccante, sono ottime per aromatizzare carni, zuppe, formaggi, birra, vino, liquori Si trova in natura allo stato spontaneo ma si può anche coltivare. La ricetta del pesto alternativo saporito e salutare

Ravanello selvatico: la pianta rustica amata dai sardi

Ermulata, ambuazza, almuràccia, rave o chima-chima. Sono solo alcuni dei molti nomi del ravanello selvatico in Sardegna, una pianta officinale piuttosto apprezzata in cucina, cosmesi e medicina popolare. Spesso viene confuso con il rafano e il ravanello classico anche se le dimensioni e il gusto delle foglie lo rendono molto più vicino alla cicoria o al broccoletto, presentando però un sapore ed un aroma più soave. Il suo ambiente ideale è quello campestre, dove fiorisce da marzo a giugno non oltre i 1.400 metri di altitudine, crescendo spontaneamente attorno al ciglio delle strade, rive, orti, ruderi o terreni incolti. Bisogna però fare molta attenzione quando con la mietitura, nei campi di grano, i semi del ravanello selvatico si mescolano al cereale dando luogo all’intossicazione meglio nota come rafania.

Con il suo sapore pungente, più di quello classico, il ravanello selvatico è una pianta rustica conosciuta nel nostro Paese anche come ramolaccio, ramoraccio o ramoracce. Caratterizzata da foglie ispide e leggermente pelose e da fiori piccoli e chiari su un fusto ramificato. Il fiore è, in genere, dal giallo pallido al paglierino, anche se si possono trovare esemplari bianchi.

A differenza della radice, apprezzata dai romani per le sue qualità afrodisiache, il ravanello selvatico è stato sempre considerato un’erbaccia, “cibus illiberalis” secondo Plinio il Vecchio, per il suo cattivo odore quando viene cotto, mentre Catone ne divulgò le tecniche di coltivazione. Tuttavia, il ramolaccio è una pianta inconfondibile, amata e apprezzata in tutto il Paese per la buona consistenza anche dopo la cottura, per cui è una verdura che sazia molto e a lungo. Tanto che le nonne la usavano per arricchire zuppe e minestre.

Coltivazione

Solitamente il ravanello selvatico non viene coltivato molto data la sua forma: le foglie raggiungono i 30 centimetri di altezza e la radice può arrivare a pesare 500 grammi. Con il boom dell’orto biologico, anche la coltivazione di ravanelli selvatici è aumentata.

La tecnica di coltivazione del ramolaccio è molto facile, in quanto cresce bene ovunque e con ogni clima, richiede un terreno profondo e ricco di sostanze organiche. Inoltre, è possibile coltivarlo tutto l’anno, sia in terra che sul balcone di casa. È una pianta commestibile in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di temperatura, anche se d’estate si consiglia di tenerla a mezz’ombra così da non sottoporla alla luce diretta del sole. Si sviluppa su qualsiasi tipo di terreno: basta che sia ben drenato e possibilmente non argilloso. Per un risultato ottimale si consiglia anche di aggiungere un po’ di compost mescolato nel terreno per dare una spinta in più alla pianta.

Si semina in file direttamente a terra, assicurandosi che le diverse piantine abbiano lo spazio sufficiente per crescere nel terreno senza soffocarsi l’un l’altra: ogni fila deve essere distanziata dall’altra di circa 40 centimetri e ogni pianta della stessa fila si deve distanziare dall’altra di circa 20 centimetri. I primi ortaggi si iniziano a vedere dopo 5 mesi, per cui è consigliato seminare a giugno o, al più tardi, verso i primi di agosto.

Poi bisogna sarchiare il terreno vicino alle piantine ed effettuare la cosiddetta “rincalzatura” addossando della terra. Questo procedimento servirà a rendere le radici più tenere. Se il terreno è argilloso e ben drenato, si consiglia di seminare in aiuole leggermente sopraelevate, almeno di 15 centimetri. Le foglie meglio coglierle in primavera dato che in estate diventano amarognole.

Esistono diverse varietà del ravanello selvatico: quella estiva che deve essere seminata in inverno, mentre il ramolaccio tondo d’inverno ha le radici a forma di trottola (di circa 10 centimetri di diametro) rugose e di colore scuro, con la polpa bianca e dal sapore dolciastro. A metà autunno si procede con il raccolto delle radici più grosse, proseguendo così per tutto l’inverno, ma se ci si aspetta qualche gelata allora è bene estirparle tutte e metterle nella sabbia affinché si conservino.

Proprietà nutrizionali

Ricco di vitamine (A, C, E), niacina, proteine, lipidi, tannini, riboflavina, tiamina e sali minerali come sodio, potassio, ferro, calcio, fosforo. Ha proprietà antiossidanti, diuretiche e depurative, stimola l’attività del fegato e della cistifellea. Alcuni studi hanno dimostrato che ha effetti positivi su artrosi, orticaria e disfunzioni epatiche. Può essere utilizzato come analgesico o per curare l’insonnia (non dosi eccessive che potrebbero provare l’effetto opposto), come spasmolitico ed è anche ottimo per calmare le coliche renali. Nell’antichità si usava il succo della pianta per facilitare la diuresi, disintossicare fegato e bile mentre quello della radice veniva utilizzato per schiarire le efelidi (macchie scure diverse dalle lentiggini). Inoltre, questa pianta viene usate anche per trattare particolari micosi del pelo o pelle degli animali quali bovini, cani e conigli.

Usi in cucina

Come per altre erbe spontanee, si usano le foglie quando sono sufficientemente tenere: a fine inverno e inizio primavera, possono essere consumate crude per arricchire (con il loro sapore deciso) una fresca insalata altrimenti lessate e gustate in purezza oppure saltate in padella con aglio e olio e accompagnare carne rossa come salsiccia, stufato o arrosto. Ad esempio, a Nuoro si cucina spesso lessa accompagnata da cipollotto e lardo di colonnata per smorzare il suo sapore pungente. Mentre la radice, avendo un aroma piuttosto piccante può essere grattugiata al momento, oppure conservata sott’olio o sott’aceto, per accompagnare bolliti o verdure al vapore, da sola oppure con delle gustose salse. Invece, i boccioli vengono consumati come i broccoli e preferibilmente senza semi. Unica nota dolente è il cattivo odore quando si cucina, dato che questa tipologia di pianta contiene dei composti sulfurati (ossia a base di zolfo) che vengono liberati nei primi 6/7 minuti di cottura. Questo problema può essere ovviato aggiungendo un pò di aceto o una mollica di pane nell’acqua. A seguire la ricetta di un pesto alternativo a quello di basilico, fatto con le foglie di questa piante officinale dalle grandi proprietà nutrizionali e antiossidanti.

La ricetta del pesto alternativo

Ingredienti:

  • Una manciata di foglie tenere del ravanello selvatico
  • Parmigiano reggiano o pecorino
  • Pinoli o mandorle pelate
  • Uno spicchio d’aglio
  • Olio extra vergine di oliva taggiasca

Procedimento:

Si inizia pestando nel mortaio di marmo la frutta secca e poi aggiungere in ordine: aglio, formaggio e le foglie del ravanello selvatico, precedentemente risciacquate e selezionate. Infine, aggiungere l’olio a piacere. In alternativa si più usare il frullatore, anche se potrebbe compromettere il risultato finale e perdere alcune proprietà dei ravanelli. In questo caso basta aggiungere tutti gli ingredienti insieme con un paio di cucchiai d’acqua per ottenere una salsa più cremosa.

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