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Prometeia-Intesa San Paolo: industria, solo l’export ci salverà

PROMETEIA-INTESA SAN PAOLO: Rapporto “Analisi dei settori industriali” – Un 2012 in calo per l’industria italiana (-2,7% il fatturato a prezzi costanti), condizionata dalla debolezza della domanda interna. Solo la tenuta dell’export limiterà la caduta, diffusa a tutti i settori, e consentirà, nel medio termine, di tornare a crescere (+1,8% nel 2013-2016).

Prometeia-Intesa San Paolo: industria, solo l’export ci salverà

L’industria italiana registrerà un calo di poco inferiore al 3% nel 2012 e la contrazione sarà diffusa a tutti i settori, con le sole eccezioni della farmaceutica e della metallurgia. Quanto al manifatturiero, saranno in particolare i produttori di beni di consumo durevoli (Automobili e motocicli, Mobili, Elettrodomestici) a subire i cali più significativi, mentre meccanica, intermedi chimici e elettrotecnica, maggiormente competitivi sui mercati esteri, otterranno risultati migliori.

Sarà proprio questa competitività a sostenere i risultati anche nel medio periodo. Grazie al buon ritmo delle esportazioni, nel quadriennio 2013-16 si potrà riavviare un diffuso percorso di recupero sul piano produttivo e reddituale: il fatturato crescerà quasi del 2% all’anno, facilitando la ripresa del ROI, previsto sopra il 6% al termine dell’orizzonte di previsione. E’ quanto emerge dall’ottantunesimo Rapporto “Analisi dei settori industriali” a cura del centro studi Prometeia e di Intesa San Paolo. 

Una ritrovata competitività

L’industria italiana ha evidenziato performance via via migliori sui mercati esteri. Nel biennio 2010-11, oltre a ottenere una crescita analoga o superiore a quella dei principali concorrenti europei, Germania compresa, le esportazioni italiane hanno mostrato rispetto al passato una maggior capacità di tenuta sui propri mercati di riferimento.

Negli ultimi anni le economie di recente industrializzazione sono state protagoniste del commercio mondiale, non solo come esportatori ma sempre più anche come importatori. Il peso della loro domanda di manufatti sul totale mondiale è infatti salito progressivamente, passando dal 33,5% del 2000 al 45,8% del 2010. Le importazioni di questi paesi sono aumentate per i beni di tutte le fasce di prezzo, in particolare per le produzioni di fascia medio alta, in cui sono specializzate le imprese dei paesi avanzati (Fig.2). In questo contesto, i produttori italiani hanno saputo cogliere la sfida, riuscendo a indirizzare flussi crescenti di export verso questi nuovi mercati ad alto potenziale.

E’ stato premiante il riposizionamento dell’offerta verso prodotti di prezzo più elevato, che ha interessato quasi tutti i comparti industriali (Fig.3). Grazie a questo processo, nel passato decennio gran parte dei settori italiani ha conseguito, rispetto agli altri competitor avanzati, un aumento delle quote nei nuovi mercati. Spiccano, anche per l’importanza che rivestono sul nostro export, il sistema moda, che è riuscito a cogliere con successo la crescente presenza in questi paesi di consumatori di elevato reddito, e la meccanica, che ha saputo incrementare le proprie quote nei mercati emergenti in tutte le fasce qualitative. Buoni risultati hanno interessato anche i prodotti in metallo e l’elettrotecnica, in grado di inserirsi nelle filiere internazionali e di partecipare al processo di infrastrutturazione in atto in questi paesi.

Gli spazi di miglioramento sono tuttavia ancora notevoli, soprattutto nei mercati più lontani (Asia Orientale e Sud e Centro America), dove il ritardo italiano è più pronunciato rispetto ai concorrenti internazionali e le prospettive di crescita nei prossimi anni sono più consistenti.

Criticità sul piano reddituale

Preoccupa il mancato recupero sul piano della redditività che emerge dall’analisi dei bilanci del 2010 e dalle prime stime sul 2011: l’industria italiana stenta a risollevare la redditività da livelli di minimo storico, scontando un’allocazione di risorse ancora ampiamente inefficiente e la necessità di colmare almeno in parte, anche a discapito della marginalità, il pesante sottoutilizzo degli impianti produttivi. Queste debolezze potrebbero comportare maggiori difficoltà nel reperire le risorse per sostenere i piani di sviluppo e di rafforzamento e innescare, già a partire dall’anno in corso, nuovi processi di selezione, in un contesto dove la concorrenza, in particolare quella proveniente dagli altri produttori europei, risulterà particolarmente accesa.

Si modificano i nostri vantaggi comparati

Nello scenario di medio termine, i settori che appaiono maggiormente in grado di cogliere le opportunità sui mercati mondiali potranno registrare una crescita più significativa del fatturato e conseguire un buon recupero sul piano reddituale. Si conferma dunque, pur in un contesto internazionale sempre più competitivo, il ruolo del canale estero quale catalizzatore degli sforzi per l’innalzamento qualitativo, e di redditività, dell’offerta delle imprese italiane, ormai da un decennio obbligate a puntare su fattori strategici differenti dal prezzo per sfidare la concorrenza mondiale di produttori più efficienti (Germania in testa) o con costi di produzione molto più bassi.

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