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Post Covid 19: agricoltura sostenibile a rischio

La filiera agroalimentare non può resistere ancora a lungo dice il Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente. Il valore commerciale del settore e la propaganda contro i lavoratori stranieri.

Post Covid 19: agricoltura sostenibile a rischio

Non potrà essere trascurato perché vale 500 miliardi di euro e 3,5 milioni di lavoratori. L’agroalimentare sostenibile è tra i settori più i colpiti dal lockdown. La sua ripresa sarà centrale nel ridisegno dell’economia italiana. Secondo il Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente di Padova, bisogna dare grande attenzione al settore, stretto, tra l’altro, tra disposizioni diverse delle singole Regioni. Caso tipico la consegna dei cibi a domicilio, qui e là consentita.

Le diverse filiere agroalimentari, dice l’ultimo studio del Centro, dalla produzione agricola all’industria della trasformazione e alla distribuzione dei prodotti, nel 2019 hanno confermato di essere un volano per l’economia italiana. Durante la crisi da coronavirus tutto il mondo agricolo e alimentare è stato, tuttavia, in grado di rispondere efficacemente alla richiesta di prodotti. Ma il lockdown generale dal 9 marzo, ha messo in crisi altre numerose attività. Il settore Horeca (Hôtellerie, Restaurant, Café) che vale 76 miliardi di euro di fatturato, si identifica con esercizi pubblici di preparazione e somministrazione di alimenti, non riesce ad immaginare le modalità della ripresa. Occupa molta manodopera straniera e le Regioni più colpite dalla pandemia sono ai vertici delle classifiche per valore aggiunto non italiano. Le strutture meno forti rischiano di scomparire dal mercato. Non è chiaro neanche come quelle con cicli di lavorazione sostenibili e di qualità, riusciranno a reggere la competizione dei grandi marchi. Finora sono state un vanto dell’Italia, ma dal 4 maggio (senza imprevisti) a fine anno, non si sa. Coldiretti, da parte sua, ricorda in queste ore che la filiera della produzione di latte, a causa della mancanza di manodopera straniera, attraversa un momento di forte precarietà, che va a vantaggio dell’importazione di latte e cagliate dall’estero.

L’elevata disponibilità di tecnologia delle multinazionali e il fenomeno della monocoltura al Centro studi padovano vengono interpretati come la ridotta forza imprenditoriale dei piccoli e medi agricoltori insieme alle scelte dei consumatori per un limitato ricorso alla biodiversità vegetale alimentare. Lo sconquasso da Covid 19 non ha risparmiato il vino e le 23 mila aziende agrituristiche. Tutto mentre i cantori politici della sovranità nazionale fingono di ignorare che la mancanza di manodopera straniera “ si farà sentire più acutamente con l’avanzare della stagione, nel periodo di raccolta dei prodotti agricoli nei campi e nelle serre”. Pensare ad uno scenario nuovo ancora più green e competitivo, in un sistema integrato con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, è quello che si augurano gli esperti padovani, e non solo loro. La prova del nove saranno i prossimi provvedimenti per la fine del lockdown. Tra gli esperti di Conte qualcuno saprà cosa dire.

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