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PNRR divide Draghi da Meloni: per Palazzo Chigi obiettivi centrati, per la destra Italia in ritardo

La Meloni mette le mani avanti e sostiene che l’Italia è in ritardo nell’attuazione del PNRR: “Poi daranno la colpa a noi” – Ma Draghi si infuria e ribatte: “Centrati tutti gli obiettivi”

PNRR divide Draghi da Meloni: per Palazzo Chigi obiettivi centrati, per la destra Italia in ritardo

Botta e risposta tra Draghi e Meloni. È il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) a mettere su fronti opposti il premier uscente e quella in pectore e nel giorno del rifiuto del ministero dell’Economia che l’agenzia statunitense Bloomberg attribuisce a Fabio Panetta, dirigente della Bce. Il passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni stava procedendo senza problemi fino a quando il primo ha presentato ai ministri la nuova relazione sullo stato di attuazione del piano, rivendicando che “nel primo semestre del 2022, l’Italia ha raggiunto ancora una volta tutti gli obiettivi”. Le agenzie avevano però appena battuto un lancio in cui la leader di FdI, diceva il contrario: “Ereditiamo una situazione difficile: i ritardi del PNRR sono evidenti e difficili da recuperare e siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata”.

Ma non solo. Meloni avrebbe anche detto che non andrà al Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre. “A cosa serve forzare i tempi per un appuntamento in cui si rischia di portare a casa poco, o peggio ancora, un fallimento?”.

Draghi ribatte: “PNRR occasione unica, non ci sono ritardi”

“Ho fatto tutto il possibile, le ho lasciato i compiti fatti. Ora tocca a lei”. In queste parole compare tutta la rabbia di Draghi nei confronti della Meloni. “Spetta al prossimo governo continuare il lavoro di attuazione” del PNRR “e sono certo che sarà svolto con la stessa forza ed efficacia. Non ci sono ritardi nell’attuazione del PNRR: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”, ha ribattuto il premier dimissionario.

Secondo molti, l’uscita della premier in pectore sarebbe un tentativo di iniziare a scrollarsi di dosso i sospetti di mantenere una sostanziale “continuità” con il Governo Draghi. Un’accusa rilanciata persino da alcuni alleati del centrodestra nei giorni scorsi.

Meloni rassicura: “Nessuno scontro con Draghi”

Dopo la stoccata del premier attuale, Meloni cerca di rasserenare gli animi: “Non c’è nessuno scontro con Draghi”. Ma la “polemica” tra i due è destinata a restare aperta, perché permangono concezioni del Piano divergenti. Meloni ha infatti nella revisione del piano uno degli obiettivi della campagna elettorale, ma gli esaminatori della Commissione in tal caso vorrebbero avere informazioni dettagliate su cosa ha intenzione di fare il governo di centrodestra su temi come fisco e concorrenza, su cui l’Europa è più attenta. Draghi dal canto suo sarebbe certo che l’ipotesi di modificare il PNRR, soprattutto a causa dell’inflazione, in questo momento sia fuori discussione: si rischierebbe invece un rallentamento nell’articolato procedimento che porta alla distribuzione dei miliardi di euro.

Il problema del Recovery Plan

Sul PNRR il governo uscente lascia in eredità 15 miliardi spesi dei 29,4 previsti per il 2022. Con il via libera dell’Europa ad altre due rate da 42 miliardi oltre al prefinanziamento da quasi 25. Serviranno entro il 2026 per la transizione ecologica e digitale dell’Italia. Il problema è la messa a terra dei progetti: l’Italia ha speso solo una parte dei fondi erogati, 5,1 miliardi contro i 13,7 ricevuti, come spiegato alcuni mesi fa dallo stesso ministro dell’Economia Daniele Franco.

La Nota di aggiornamento al Def, che delinea lo scenario a legislazione vigente senza definire gli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il triennio 2023-2025, certificava essa stessa che l’ammontare delle risorse effettivamente spese nel 2022 sarà inferiore alle proiezioni presentate ad aprile “per il ritardato avvio di alcuni progetti che riflette, oltre i tempi di adattamento alle procedure, gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche”. Dei 191 miliardi assegnati al nostro paese, circa 21 saranno effettivamente spesi entro dicembre, rispetto ai 29,4 miliardi ipotizzati in un primo momento.

Ma, le regole del PNRR sono diverse da quelle dei normali fondi europei. Per ottenere le risorse conta “il numero di obiettivi e traguardi raggiunti alla fine di ciascun semestre”, ha ricordato il premier in cabina di regia.

Il rifiuto di Panetta

Un ultimo elemento di frizione tra Draghi e Meloni è rappresentato da Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Panetta non sarà probabilmente il prossimo ministro dell’Economia italiano. Lo ha dichiarato Bloomberg una fonte riservata, secondo cui, sarebbe stato lo stesso Panetta nel corso di un colloquio privato in occasione della riunione dei ministri delle finanze dell’area dell’euro tenutasi in Lussemburgo avrebbe detto invece di voler rimanere a Francoforte. Su Panetta Meloni sperava che Draghi riuscisse a convincerlo a rinunciare al ruolo di rappresentante italiano nel board della Bce e pure alle ambizioni di diventare governatore di Bankitalia dopo Visco.

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