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Oro, scoppia la febbre: novità e scenari nel mondo a tasso zero

Colloquio con Giacomo Andreoli, Ad di Confinvest, leader di mercato e ora approdata all’Aim: prezzi in forte rialzo ma prospettive di ulteriore crescita per un investimento che torna di attualità mentre il denaro non frutta interessi. Le banche centrali si sono mosse per prime, ma gli investitori privati…

Oro, scoppia la febbre: novità e scenari nel mondo a tasso zero

Dove ci porterà la febbre dell’oro? Giacomo Andreoli, amministratore delegato di Confinvest, società leader nel mercato dell’oro fisico (monete e lingotti) non nutre dubbi: “L’oro è destinato a salire – dice – almeno finché non si esaurirà la tendenza al calo dei tassi che non è certo all’orizzonte.” Negli Usa e tantomeno in Europa perché Mario Draghi si accinge a congedarsi con un nuovo Quantitative Easing.

Il metallo giallo si attesta sopra il livello dei 1.500 dollari l’oncia, con un rialzo del 15 per cento circa dall’inizio di giugno. Un record che garantisce all’oro l’Oscar per rendimento di questa folle estate all’insegna della guerra delle valute e della crisi politica italiana (e presto inglese) che assume ancor più valore se espresso in euro: mai l’oro aveva toccato queste vette nella valuta comune. Ma il fenomeno assicura Andreoli, proseguirà perché “se guardiamo ai fondamentali l’oro è ancora a forte sconto rispetto all’andamento della massa monetaria”. Per la soddisfazione di Confinvest, leader italiano nel mercato dell’oro fisico, che si è appena quotata, dopo 37 anni di attività, all’Aim.

Una circostanza fortunata? In realtà più che il caso potè lo sviluppo delle regole e, soprattutto, della tecnologia. La direttiva Ue PSD2 ha favorito lo sviluppo di una soluzione digitale per l’oro, permettendo a Confinvest (che ha destinato all’impresa i 3 milioni raccolti in occasione dell’Ipo) di creare una piattaforma, battezzata “Conto Lingotto”, che consente ai clienti di accedere all’investimento in oro fisico direttamente dalla propria banca. Un’opportunità per il pubblico così come per le aziende di credito a caccia di prodotti e servizi per la clientela che sembra gradire l’acquisto di oro fisico, da tenere in custodia presso Confinvest ma anche in cassetta di sicurezza, ancor più degli Etc o dei titoli minerari. “Si possono comprare lingottini, la formula preferita dai clienti comuni. Per i più smaliziati, ci sono le monete che hanno un maggiore appeal speculativo, a partire dalle sterline Elisabetta fino ai Kruger sudafricani o ai marenghi elvetici.

Purché duri il bull market che, concorda Goldman Sachs, può proseguire almeno fino a 1.600 dollari l’oncia. Altri esperti, tra cui Andreoli, prevedono una fase di assestamento dopo il balzo in avanti, tra i 1.550 e quota 1.600 prima di un secondo allungo fino a 1.900 -2.000 dollari, sui livelli toccati nel 2011 in una delle fasi più acute della crisi finanziaria . “Ma a costo di sembrare un visionario – azzarda Andreoli – non mi stupirei se fossimo entrati in una fase di rialzi a lungo termine”. Fino a quanto? “Diciamo che non mi stupirei di vedere un prezzo di 5 mila dollari entro cinque anni”. 

Certo, calcoli a tempi così lunghi in un mercato sottoposto a tensioni quotidiane hanno più il sapore della profezia che non di una previsione, ma c’è senz’altro del metodo nel ragionamento dei cultori dell’oro. Innanzitutto, il denaro a costo sotto zero (e che non frutta interessi) rappresenta un formidabile incentivo a puntare sul metallo. Ad indicare la direzione di marcia sono le banche centrali, in fuga dal dollaro: gli ultimi dati, riferiti allo scorso giugno, segnalano che nei primi sei mesi dell’anno le banche centrali anno acquistato oro per 15,7 miliardi di dollari aumentando di 374 tonnellate l’importo posteggiato nei loro forzieri come non accadeva dal 1971, quando Richard Nixon proclamò la non convertibilità della valuta Usa. La tendenza a diversificare le riserve dal dollaro ha accomunato la Cina e la Russia ma spunta a sorpresa anche la Polonia.

E gli investitori privati stanno già seguendo l’esempio dei banchieri centrali: gli investitori tedeschi, i più colpiti dai tassi negativi che ormai coprono l’intera gamma dei Bund fino ai trent’anni) e i clienti della City hanno puntato sugli Etfe gli Etc, i Big (come Exor) hanno fatto shopping di miniere, dal Canada all’Australia. Ma anche i risparmiatori comuni che, a suon di sterline o lingottini stanno recuperando le vecchie abitudini di risparmio del buon tempo antico. Magari con l’apporto delle nuove tecnologie previste dalla direttiva Psd 2, una sorta di rivincita della nonna sulle stregonerie della nuova finanza.

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