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OceanGate, cosa c’è dietro la tragedia. Turismo per ricchi contro la ricerca: risparmio sulla sicurezza e nulla di scientifico

Una tragedia umana e tecnologica che non ha nulla a che vedere con le esplorazioni scientifiche. Il costo esagerato delle « visite » al Titanic. Parla il Professor Alessio Rovere, docente all’Università Cà Foscari di Venezia

OceanGate, cosa c’è dietro la tragedia. Turismo per ricchi contro la ricerca: risparmio sulla sicurezza e nulla di scientifico

«OceanGate ha fatto il minimo indispensabile nel costruire il sommergibile perché la società privata andava al risparmio e non si è procurata la certificazione, perché sapevano che non sarebbero passati ». James Cameron il regista Premio Oscar di « Titanic », appassionato di immersioni ha spiegato così la tragedia dell’« OceanGate ». La società che vantava una collaborazione con la NASA (smentita dall’Ente spaziale) ha alle spalle vicende poco chiare sulla gestione, sulla progettazione del mezzo, sui test per le esplorazioni, sui rapporti con i dipendenti.

Negli USA era noto ma nessuno ha impedito le prenotazioni verso gli abissi. La cosa più chiara sin dal suo esordio è sempre stata la cifra da pagare per andare a vedere i resti del transatlantico: 250mila dollari a persona. Una cifra alla portata di pochissime persone, esposte a rischi estremi. Andare a 3800 metri di profondità per il piacere di vedere da vicino rottami abbandonati dà sicuramente una forte scossa adrenalinica. « Esatto. Ma è una tragedia che si sarebbe potuta evitare » spiega Alessio Rovere, Professore di Geografia Fisica e Geomorfologia all’Università Cà Foscari di Venezia. Rovere prima di Venezia è stato alla Columbia University, ha lavorato ed è membro del MARUM di Brema, Istituto di eccellenza mondiale dove si costruiscono strumentazioni e si fanno ricerche nei mari più profondi.

Professore, perché si poteva evitare il disastro dell’OceanGate? Si dice che la missione avesse anche finalità scientifiche ?

«Si poteva evitare portando un robot ROV su quel sottomarino. Certamente non è la stessa cosa che vendere ai turisti il Titanic in diretta. Io sono andato a cercare le motivazioni scientifiche, ma ne ho trovate molto poche, quasi nessuna. Magari c’era l’obiettivo di verificare il livello di corrosione della griglia del Titanic. Ma questa verifica non ci avrebbe raccontato nulla dal punto di vista scientifico».

Perché le persone partecipano a queste immersioni spendendo tanti soldi?

«Credo che bisognerebbe ragionare un po’ di più sui rischi che si accettano. Nel sottomarino c’erano persone che hanno firmato un disclaimer in cui accettano anche il rischio di morire. Però, poi ci sono altre persone che si devono mettere in mare per andare a soccorrere quelli in difficoltà e che si sottopongono a loro volta a rischi. Pensiamo se il sottomarino fosse stato ritrovato. Per recuperarlo, i rischi per gli operatori sarebbero stati enormi ».

Esplorare gli oceani è costoso. Le tecnologie e le strumentazioni sono in continua evoluzione e gli Enti di ricerca hanno bisogno di molti finanziamenti. Altro è il desiderio di voler andare in profondità o fare un giro nello spazio. Dal punto di vista della nuova frontiera del turismo per supermiliardari, sia Elon Mask per i voli nello  spazio, che Stockton Rush , il CEO della OceanGate morto nell’incidente, hanno saputo cogliere le voglie di coloro che cercano« un’occasione per uscire dalla vita di tutti i giorni » e che sia anche ecosostenibile. A parte il fatto che i « bus » spaziali inquinano.

Ma quanto è utile esplorare gli oceani ?

«Dal punto di vista scientifico è molto importante, continua Rovere. Ci sono enormi ragioni per fare ricerca. Fatte le dovute differenze, conosciamo molto meno gli oceani rispetto agli altri pianeti. Di alcune parti degli oceani, praticamente non conosciamo ancora nulla. Le acque attraverso i vari strati di sedimenti e di organismi marini hanno conservato dei record del clima passato. Grazie a loro oggi possiamo conoscere i climi antichi del nostro pianeta ».

Un valore ambientale non molto noto, nonostante ogni anno si celebri la giornata degli oceani.

«I fondali, per esempio, sono importanti per la regolazione del clima globale. Come sa è un tema molto attuale legato agli oceani. Nelle profondità ci sono specie che ancora non conosciamo, la cui esistenza arriva fino alla catena alimentare umana ».

 A che punto sono questi studi ?

«Gli studi hanno avuto una grande epopea negli anni ‘60 – ‘70 con il comandante Jacques-Ives Cousteau o grazie al batiscafo italiano Trieste di 18 metri, progettato da Auguste Piccard. Il Trieste nel 1960 scese per la prima volta nella Fossa delle Marianne, nell’Oceano Pacifico. Fu toccato il punto più profondo mai raggiunto da un essere umano a circa 11mila metri , per esplorazione e osservazione scientifica. È un filone che arriva fino ai tempi più recenti con il Deepsea Challenger del regista James Cameron. Nel 2012 scese anche lui nella Fossa delle Marianne. Ma fu una missione scientifica alla quale parteciparono coloro che avevano progettato il sottomarino ».

Dopo l’implosione dell’OceanGate negli USA è partito il dibattito se i ricavi delle esplorazioni turistiche servano in qualche modo anche a finanziare la ricerca negli abissi. E in controluce si scorge l’interesse delle assicurazioni sui viaggi alla Jules Verne. La Titanic International Society società senza scopo di lucro ha preso le distanze dalle «visite » al relitto. Consideriamo seriamente che debbano terminare in nome della sicurezza, ha scritto. Il business è stato colpito per sciagurata irresponsabilità o per badare ai risparmi, come dice Cameron. Le inchieste lo diranno ma se deve svilupparsi un economia intorno a queste operazioni meglio fermarsi a riflettere. In epoca di super tecnologie applicate alla navigazione, si discute anche in Italia di come non affondare – è il caso di dire- per non investire su tecnologie protettive degli uomini di mare. I capricci ammantati da curiosità storiche sono nefasti come si è visto.

Professor Rovere, come è possibile che la sicurezza su questi mezzi sia così trascurata?

«Attenzione, noi sappiamo sin dai tempi dei primi sommergibili che mandare persone sul fondale marino è estremamente rischioso. Sia per studi o per qualsiasi altro motivo. Si va in un ambiente molto difficile, dove c’è un’enorme pressione. Chi si occupa di ricerche lo sa bene. Se c’è un fallimento tecnico che su un battello in superficie può essere risolto rapidamente, sul fondo del mare non può essere risolto così facilmente e quindi aumentano i rischi ». 

Gli studi non si fermeranno, e i viaggi di piacere sono altra cosa. Quali sono le soluzioni per non assistere ad altri incidenti ?

«Da tempo abbiamo cominciato a studiare mezzi per togliere le persone ed avere gli stessi risultati. Mezzi che potessero andare sul fondale marino comandati dalla superficie, da una sala di comando. Sono mezzi attaccati ad un cavo collegato alla nave, un cavo che può essere lungo molti chilometri. Oppure abbiamo robot di tipo AUV preimpostati, mandati sui fondali marini per raccogliere dati. In questo modo i rischi per le persone praticamente sono inesistenti e si hanno dei buoni risultati ». Però questa è la scienza. Le scariche di adrenalina pagate a caro prezzo non appartengono affatto agli scienziati turbati da avventurieri, notoriamente senza scrupoli.

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