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Nomine pubbliche, sorpresa: ora si parte dalla Rai

La maggioranza Lega-M5S non trova l’accordo sulle nomine Cdp che slittano al 13 luglio. E cambia l’agenda delle priorità: primo test la Rai in Parlamento. Così la Tv di Stato si conferma, come da tradizione, lo snodo degli equilibri politici e la cartina di tornasole per le successive nomine in arrivo

Nomine pubbliche, sorpresa: ora si parte dalla Rai

Da diverso tempo si scriveva che il Governo attualmente in carica era atteso alla prova di una tornata di nomine di elevato valore strategico. Prima fra tutte quella di Cassa Depositi e Prestiti (che è stata invece rinviata al 13 luglio), poi a seguire Ferrovie e, via discorrendo, fino al rinnovo del Consiglio di Amministrazione Rai secondo la nuova Legge in vigore dal 2015, fortemente voluta dal precedente Governo guidato da Matteo Renzi. Il calderone delle nuove designazioni era (ed è tuttora) in forte ebollizione perché le due forze politiche, Lega e M5S che sostengono il Governo, fanno fatica a trovare accordi soddisfacenti per entrambi. Dopo aver chiuso la partita per i sottosegretari, la narrazione comune, inoltre, sosteneva una sorta di catena prioritaria dove appunto l’Azienda di Viale Mazzini non era proprio al primo posto nonostante che tutte le parti in causa si siano sempre mostrate molto interessate all’argomento.

Il fatto nuovo consiste nella decisione della Conferenza dei Capigruppo della Camera, svolta lo scorso mercoledì, che ha messo in calendario per il prossimo 11 luglio alle 16.30 la votazione sulla nomina dei due componenti del CdA di fonte parlamentare (altri due spettano al Senato, due al Governo e uno ai dipendenti Rai). Prima ancora di questo passaggio ne è previsto un altro non meno rilevante: la designazione dei componenti la Commissione bicamerale di vigilanza sul servizio pubblico che sarà successivamente chiamata a rendere efficace la nomina del Presidente con una maggioranza di 2/3 dei suoi componenti. La nuova legge ha previsto la nomina dell’amministratore delegato ma non ha escluso che ci possa essere anche un direttore generale che, verosimilmente, potrebbe essere un interno Rai.

Cosa cambia nel calendario politico questa apparente inversione delle priorità? Cosa potrebbe significare? Anzitutto è necessario chiarire che si tratta di due distinte competenze e fonti di nomina. Mentre le prima (CDP, Ferrovie etc) spettano al Governo, quelle sui 4 rappresentanti Rai spettano a Camera e Senato. Mentre il primo ha tutto il tempo per valutare le sue scelte (compresa quella dei due consiglieri la cui nomina spetta al MISE), i due rami del Parlamento invece sono in qualche modo vincolati allo stretto rispetto dei termini previsti dalla Legge. In un certo senso, si tratta di un atto dovuto e dunque, almeno nella forma, non c’è motivo di sorpresa.

Ad agitare ulteriormente le acque sulla Rai ci ha pensato lo scorso venerdì Beppe Grillo con una sortita dal sapore più di fumo che di arrosto: “Due reti sul mercato ed una senza pubblicità”. Si tratta di una proposta già dibattuta, di difficilissima attuazione che richiederebbe tempi bel oltre una legislatura. Suggestiva ma impraticabile e, come ha prontamente ribattuto Luigi Di Maio, “non rientra nel programma di Governo”. Però, l’uscita del leader 5S un affetto l’ha avuto: ha ribadito che la partita è aperta e che il Movimento intende giocarla ora

Difficile però non cogliere anche una lettura politica di questa scadenza. È in corso una dinamica conflittuale tra le diverse componenti del Governo dove la comunicazione sta giocando, come spesso avviene, una funzione di assoluta rilevanza. I temi in agenda, in primo luogo i migranti, come è stato detto più volte, sono “a costo zero” ed impattano nella percezione che si diffonde nei cittadini più di quanto pesano scelte economiche di valore assai più rilevante. Da questo punto di vista, mettere subito in cassaforte il controllo sul Servizio Pubblico radiotelevisivo, può segnare punti a favore sulla scena politica per una parte o per l’altra. È stato rilevato più volte come la televisione contribuisce in modo significativo ad alimentare “climi” culturali che poi diventano voti nelle competizioni elettorali. Non solo, c’è da considerare poi che l’intero comparto delle telecomunicazioni è alla vigilia di scuotimenti significativi (come FIRSTonline ha scritto più volte) destinati a pesare non poco sul futuro degli asset strategici del Paese: vedi la prossima gara per l’assegnazione delle frequenze intorno ai 700Mhz, che dovrebbero portare nelle casse dello Stato oltre 2,5 miliardi di Euro già previsti in Bilancio e che invece potrebbe subire dei ritardi nella partenza prevista per il prossimo autunno.

Infine, merita ricordare che è in corso anche una partita tutta interna a Viale Mazzini: la nomina del rappresentante dei dipendenti nel prossimo CdA, cosa mai avvenuta prima. Sono in corsa 15 candidati e non mancano le polemiche, anzitutto in merito a chi possiede realmente esperienze manageriali rilevanti. Anche in questo caso, le votazioni si dovrebbero svolgere in concomitanza con Camera e Senato.

Non ci avventuriamo nella palude del totonomine: da più parti si richiede ai nuovi amministratori competenza e capacità gestionale. Sarebbe sufficiente. Sarà comunque una buona cartina di tornasole per capire cosa potrà succedere anche per le altre nomine previste per metà luglio.

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