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Mario Draghi al MIT: “L’Ucraina deve vincere la guerra o sarà la fine dell’Ue”. I rischi per inflazione e ripresa

Ucraina e inflazione al centro del discorso di Mario Draghi a Boston. Per quanto riguarda l’inflazione “richiederà una cauta prosecuzione della stretta monetaria”. E’ in corso un cambio di paradigma che inciderà sul futuro

Mario Draghi al MIT: “L’Ucraina deve vincere la guerra o sarà la fine dell’Ue”. I rischi per inflazione e ripresa

Draghi torna a parlare di Ucraina e inflazione. Nel primo viaggio negli Stati Uniti dopo la fine del suo governo (ottobre 2022), l’ex premier Mario Draghi ha ricevuto il premio Miriam Pozen Prize al MIT (Massachusetts Institute of Technology), dove aveva studiato negli anni Settanta, assegnato ogni anno a persone che hanno raggiunto importanti risultati nel campo della ricerca o della pratica di politiche finanziarie. Nel suo ampio e articolato discorso, Draghi si è concentrato su due temi internazionali che, assieme alle tensioni crescenti con la Cina, “hanno dominato le relazioni internazionali e l’economia globale nell’ultimo anno e mezzo: la guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione”. Non ha invece fatto alcun accenno diretto all’Italia e alla sua situazione politica interna. Ecco i passaggi principali del discorso di Draghi al MIT.

Cambio di paradigma con guerra, inflazione e Cina

La guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione, assieme alle tensioni con la Cina, hanno determinato un “cambio di paradigma” che “può portare a tassi di crescita potenziale più bassi e che richiederebbe politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse più alti”, avverte Draghi. La globalizzazione, che si pensava “inarrestabile”, è invece in crisi. “Le conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa sono molto significative”, ha detto l’ex numero uno della Bce, aggiungendo che “l’Ue deve essere disposta a rafforzare le proprie capacità di difesa. Dobbiamo essere pronti a iniziare un percorso con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato. E prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà in modo molto diverso dal recente passato”. 

La “brutale” guerra in Ucraina peserà per molti anni

Per Draghi, la “brutale invasione dell’Ucraina non è un imprevedibile atto di follia”, ma un nuovo passo “premeditato” della “strategia delirante” del presidente russo e delle sue manie imperialiste. Per questo, secondo l’ex premier, “non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i suoi alleati che assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra. Accettare una vittoria russa infliggerebbe un colpo fatale all’Ue”. Dunque, la Ue deve “accogliere al suo interno l’Ucraina e i Paesi balcanici” e bisogna essere “pronti a iniziare un viaggio con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato”.

Se da un lato la guerra ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, dall’altro è probabile che inneschi “cambiamenti duraturi che annunciano un aumento dell’inflazione in futuro”, ha avvertito Draghi. “Con il senno di poi, è probabile che le autorità monetarie avrebbero dovuto diagnosticare per tempo il ritorno di un’inflazione persistente. Ma soprattutto in Europa, data la natura di shock guidato dall’offerta, non è chiaro se agire più rapidamente avrebbe arginato di molto l’accelerazione dei prezzi”.

Inflazione persistente richiede “cauta” continuazione della stretta

Per Draghi “l’incapacità dei governi di accordarsi tempestivamente su un tetto massimo di prezzo per il gas naturale ha reso il lavoro della Bce molto più difficile. In ogni caso, quando le banche centrali sono intervenute, hanno dimostrato un forte impegno a tenere sotto controllo l’inflazione e hanno in gran parte recuperato il tempo perduto”.

Dunque, la lotta contro l’aumento dei prezzi “richiederà probabilmente una cauta prosecuzione della stretta monetaria, sia attraverso tassi d’interesse ancora più elevati sia allungando i tempi prima che il loro corso possa essere invertito”, ha ammonito Draghi.

Rischio deficit di bilancio più elevati

“Alla fine, le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi, tuttavia, l’economia avrà un aspetto molto diverso da quello a cui siamo abituati”. Ne è convinto l’ex presidente del Consiglio secondo cui “le tensioni internazionali continueranno a pesare sul tasso di crescita e il processo di ‘reshoring’ per riportare in patria produzioni strategiche e riallocare le forniture presso Paesi affidabili potrebbe comportare un livello di inflazione più alto che in passato”. Inoltre, “mi aspetto che i governi gestiscano deficit di bilancio permanentemente più elevati” per affrontare le nuove sfide, dal clima alla difesa, “senza indebolire la protezione sociale che rende unica l’Ue”. E “nel lungo periodo, è probabile che i tassi di interesse si mantengano più alti di quanto non siano stati nell’ultimo decennio. Allo stesso tempo, la bassa crescita potenziale, i tassi più alti e gli elevati livelli di debito post-pandemia sono un cocktail volatile, e le banche centrali che tollerano l’inflazione non saranno la soluzione”.

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