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Made in Italy, Cassazione dice stop a spaghetti da Turchia

Il Tribunale del riesame nel congelare l’ingente carico di pasta proveniente dalla Turchia sequestrato al porto di Genova “ha ritenuto fallaci le indicazioni apposte sulla pasta, tali da ingannare il consumatore sulla provenienza della merce e da integrare l’ipotesi penale” poiché la scritta “made in Turkey” era poco visibile e facilmente cancellabile.

Bene la Corte di Cassazione che ha censurato l’utilizzo di segni distintivi impropriamente richiamanti il Made in Italy su confezioni di spaghetti di origine estera. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il pronunciamento della Cassazione che ha confermato la violazione delle norme sul ‘made in Italy’, il maxi sequestro nel porto di Genova di circa un milione di chili di spaghetti prodotti in Turchia per il pastificio campano ‘L.Garofalo’ di Gragnano.

Ad avviso della Cassazione, in maniera “argomentata e logica”, il Tribunale del riesame nel congelare l’ingente carico “ha ritenuto fallaci le indicazioni apposte sulla pasta, tali da ingannare il consumatore sulla provenienza della merce e da integrare l’ipotesi penale” poiché la scritta “made in Turkey” era poco visibile e facilmente cancellabile, mentre era in bella vista il richiamo all’Italia e a Gragnano. La Suprema Corte nella sentenza 25030 inaugura giustamente una linea molto severa in tema di tutela del Made in Italy che – conclude la Coldiretti – rappresenta un valore aggiunto del Paese da difendere e tutelare.

La decisione della Cassazione – precisa la Coldiretti – condanna penalmente l’evocazione esplicita dell’italianità dei prodotti di provenienza o di origine estera e costituisce un precedente importante che riforma il precedente orientamento che escludeva la stessa contestazione riguardo al mero passaggio in dogana di pasta di provenienza turca diretta in Africa e accompagnata da fattura dalla quale risultava venduta da una società francese con sede a Parigi a società con sede in Mali (cfr. Cass Sez III Penale, 21/07/2016, n.31485). Infatti, secondo la Cassazione, – conclude la Coldiretti – anche la mera custodia in area doganale, obbliga all’osservanza della legge 24 dicembre 2013, n. 350 che all’art. 4, comma 49, punisce l’importazione, l’esportazione o la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o origine.

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