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L’Europarlamento boccia il bilancio Ue 2014

Avviata la procedura di conciliazione. Se non va in porto, la Commissione dovrà presentare una nuova versione del budget. A rischio anche l’approvazione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020. Allarme di Barroso: “La cassa è vuota”. Schulz a Consiglio e Commissione: “No ai rimedi dell’ultimo minuto”.

L’Europarlamento boccia il bilancio Ue 2014

È una battaglia all’ultimo sangue (o, meglio, all’ultimo euro) quella che si sta combattendo fra l’Europarlamento e il Consiglio sul progetto di bilancio per il 2014; e che, al momento, registra la secca bocciatura, da parte dell’Assemblea di Strasburgo, dell’ultima versione del budget presentata dall’altra istituzione, che rappresenta i 28 governi nazionali dell’UE. Una battaglia a colpi di proposte di stanziamento dell’ordine di milioni o anche miliardi di euro lanciate e respinte fra Strasburgo e Bruxelles, combattuta su un terreno di scontro che ora rischia di allargarsi al quadro finanziario pluriennale 2014-2020, ossia le previsioni di bilancio per i prossimi sette anni. Una battaglia tanto più seria in quanto, in buona misura, riflette il confronto fra due visioni contrapposte della politica economica europea: quella imperniata sul dogma del risanamento finanziario, costi quel che costi, e quella che si fonda sulla convinzione che, per stimolare crescita e occupazione, è necessario investire una maggiore quantità di risorse.

Le ostilità fra i due contendenti si erano aperte alla fine dell’anno scorso in sede di definizione del bilancio per il 2013, ed erano state sospese grazie a una formale dichiarazione congiunta sottoscritta dai presidenti delle tre istituzioni europee (oltre al Parlamento e al Consiglio è stata coinvolta anche la Commissione, titolare del potere di proposta delle leggi europee). Ma sono puntualmente esplose di nuovo ora che il progetto di bilancio per il prossimo anno è stato presentato all’Europarlamento dopo l’immancabile “sforbiciata” operata dal Consiglio. Che ha ridotto a 141,8 miliardi in termini di impegni e a 134,8 miliardi in termini di pagamenti la proposta avanzata a suo tempo dalla Commissione (rispettivamente 142 miliardi in impegni e 135,9 miliardi in pagamenti).

La prima reazione negativa è stata quella della commissione parlamentare Bilanci, che all’inizio del mese in corso ha bocciato i tagli proposti dal Consiglio. “Situazione allarmante”, aveva detto il presidente della stessa commissione Alain Lamassoure (PPE), politico francese di lungo corso. Sottolineando che, “nella migliore delle ipotesi”, il bilancio 2014 registrerà una riduzione del 6% rispetto a quello di quest’anno; e che il 90% delle somme disponibili dovrà essere impiegato per completare i programmi in corso. “Quando invece – aveva aggiunto – l’UE ha la necessità impellente di investire”.

Questa reazione è stata seguita a stretto giro di posta da quella dell’Assemblea riunita in plenaria a Strasburgo. Che mercoledì 23 ha respinto (con 480 voti a favore, 119 contrari e 86 astensioni) i tagli del Consiglio sulle spese per la ricerca e l’occupazione, e quelle per la politica internazionale (in particolare riguardanti gli aiuti umanitari per il Medio Oriente e per i rifugiati siriani). Tagli ai quali il Parlamento ha opposto un progetto di bilancio che prevede per il 2014 impegni per 142,6 miliardi e pagamenti per 136,1 miliardi, cioè rispettivamente 800 milioni e un miliardo e 300 milioni in più rispetto all’ultima proposta del Consiglio.

Considerato l’ammontare complessivo del bilancio in questione, ai non addetti ai lavori le dimensioni di questo scarto potrebbero apparire non spropositate. Ma è proprio su questi numeri che si sta combattendo la strenua battaglia fra le due istituzioni europee. Nessuna delle quali si è dichiarata disposta a fare un passo indietro. Così che si è fatto ricorso alla procedura prescritta dai Trattati europei quando si verifica un caso come questo: è stato aperto un periodo di conciliazione che vedrà riuniti attorno allo stesso tavolo i 28 rappresentanti del Consiglio e altrettanti del Parlamento per tentare di arrivare a un compromesso accettato da ambo le parti.

Se al termine dei 21 giorni, cioè in questo caso il 13 novembre, si raggiungerà un’intesa, il Consiglio e il Parlamento avranno altri 14 giorni per approvare, ciascuno per proprio conto, i contenuti dell’accordo; più il tempo strettamente necessario per mettere a punto anche formalmente il testo concordato. Ma, se il tentativo di conciliazione non dovesse andare in porto, i Trattati dispongono che la palla torni alla Commissione. Che dovrà stilare un nuovo progetto di bilancio da sottoporre ancora una volta all’approvazione del Consiglio e del Parlamento (la cui prossima sessione si aprirà in ogni caso il 25 novembre a Strasburgo).

A questo punto i tempi sono stretti e le posizioni restano distanti. Motivi per cui al momento la prospettiva di un’intesa appare ancora lontana. Anche alla luce delle prese di posizione assunte da più parti, corredate dalla esplicita alternativa che è stata prospettata: la bocciatura, alla prossima sessione plenaria di novembre a Strasburgo, del quadro finanziario pluriennale 2014-2020. Alternativa che fa riferimento non soltanto al bilancio 2014, ma anche alla sollecita approvazione da parte del Consiglio di un “pacchetto” di provvedimenti che comprende pure le integrazioni al bilancio 2013.

In proposito giovedì l’Assemblea di Strasburgo, modificando l’ordine dei lavori, ha approvato la richiesta della Commissione europea (da metà novembre la cassa sarà vuota, aveva detto chiaro e tondo Barroso)  di un “rabbocco” per 2,7 miliardi al bilancio 2013. “Provvedimento necessario per porre rimedio a un errore delle stime sulle risorse proprie dell’UE”, ha chiarito Giovanni La Via, capo delle delegazione italiana nel gruppo PPE nonché relatore di quel bilancio, “Un atto di responsabilità del Parlamento, che però – ha aggiunto – non cancella le mancanze del Consiglio emerse un anno fa durante il negoziato sul bilancio di quest’anno”.

“Al Consiglio ricordo anche che rettificare il bilancio 2013 non vuol dire versare soldi a questa o a quella istituzione europea, ma restituire agli Stati membri risorse finanziare già spese per la realizzazione di programmi europei”, ha affermato inoltre La Via. Aggiungendo che, “se il Consiglio non approverà le altre proposte di rettifica al bilancio 2013 (fra le quali quella richiesta dalla Commissione di 3,9 miliardi, seconda rata dell’integrazione alla quale fa riferimento la dichiarazione congiunta di dicembre scorso), il Parlamento non darà il suo consenso al bilancio settennale dell’UE”.

Almeno, se non più, altrettanto duro è stato il commento di Guy Verhofstadt, l’ex-primo ministro belga oggi presidente del gruppo liberaldemocratico all’Europarlamento. “Il Consiglio si rifiuta – ha affermato – di onorare i pagamenti previsti per l’anno in corso, e alcune proposte di ratifica sono congelate. Un metodo inaccettabile che, se non modificato, significherebbe incominciare il nuovo periodo finanziario all’insegna del deficit; una procedura che non può e non deve essere istituzionalizzata”.

“A questo punto tutti devono avere ben chiaro in testa che le proposte di rettifica del bilancio 2013 avanzate da noi costituiscono una linea rossa invalicabile tracciata da un voto a larghissima maggioranza del Parlamento. Proposte il cui mancato integrale accoglimento da parte del Consiglio impedirebbe al Parlamento di approvare il quadro finanziario pluriennale 2014-2020”.

Ma le critiche al Consiglio non si sono esaurite qui. Dato che nel pomeriggio di giovedì 24, poco dopo l’attacco di Verhofstadt, è arrivato il “carico da 11” sotto forma di un commento ufficiale di Martin Schulz, il battagliero presidente dell’Europarlamento. Il quale, premesso che l’Assemblea di Strasburgo “ha lavorato efficacemente e rapidamente per garantire che l’UE potesse pagare le fatture arretrate”, si è detto “profondamente dispiaciuto che il problema dell’incombente deficit di cassa non sia stato affrontato nella stessa efficace e rapida maniera dalla Commissione e dal Consiglio”.

“Non dovrebbe essere questo il modo di operare, non possiamo continuare a cavarcela alla meno peggio fra una crisi di bilancio e l’altra. L’Unione europea ha bisogno piuttosto di un budget realistico e adeguato per garantire il massimo dell’efficienza, evitando gli interventi dell’ultimo minuto”, ha aggiunto Schulz. Che ha concluso con una stilettata: “Se il Consiglio non approverà entro fine anno la proposta di rettifica del bilancio per 3,9 miliardi – ha scandito – il Parlamento non darà il proprio consenso al quadro finanziario 2014-2020”.

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