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Legge sul ripristino della natura: primo sì del Parlamento Ue, ma lo scontro con Ppe e destre continua. Ecco cos’è e cosa prevede

Dopo un duro scontro la legge sul ripristino della natura avversata dal Ppe e dalle destre ottiene il primo via libera del Parlamento europeo. Socialisti: “Respinto il boicottaggio” – Ecco tutto ciò che c’è da sapere sul contestato provvedimento

Legge sul ripristino della natura: primo sì del Parlamento Ue, ma lo scontro con Ppe e destre continua. Ecco cos’è e cosa prevede

Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla Restoration Law, la legge sul ripristino della natura e degli habitat proposta dalla Commissione Ue ma avversata da Popolari, dalle destre e dalle associazioni degli agricoltori. Hanno votato sì 336 eurodeputati, 300 i voti contrari (Ppe e destre) e 13 gli astenuti. Pochi minuti prima la stessa Eurocamera aveva bocciato la richiesta di rigetto della legge avanzata dal Ppe e dai gruppi di destra.

Grazie a questo primo sì, il provvedimento potrà essere dunque negoziato con il Consiglio Europeo che ha già approvato una sua versione del testo.

Abbiamo respinto il boicottaggio del Ppe sulla legge per il ripristino della natura. La maggioranza degli eurodeputati non è stata ingannata dalle mezze verità del Ppe. Le tattiche fuorvianti di Manfred Weber hanno fallito. Il Parlamento deve cogliere questa opportunità per difendere la natura e la biodiversità”, ha commentato il gruppo dei Socialisti e democratici dopo il voto.

Cos’è e cosa prevede la legge sul ripristino della natura

La legge sul ripristino della natura e degli habitat è stata proposta dalla Commissione Ue il 22 giugno scorso. È uno dei capisaldi del pacchetto clima di Bruxelles e fa parte del Green Deal Ue. Il suo scopo è quello di istituire degli obiettivi giuridicamente vincolanti che spingano ciascun Stato Membro a predisporre provvedimenti per il ripristino degli ecosistemi e degli habitat e per la protezione della natura, bloccando la perdita di biodiversità. 

Nei dettagli, la legge prevede, entro il 2030 il ripristino di almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell’Unione Europea e il 15% dei fiumi nella loro lunghezza. Entro la stessa data, inoltre si dovranno realizzare elementi paesaggistici ad alta biodiversità su almeno il 10% della superficie agricola utilizzata.  Tra i punti più importanti – e contestati – della Nature Restoration Law figurano la propsota di ridurre pesticidi chimici del 50% entro il 2030, l’aumento delle aree protette, ma anche l’idea di garantire nessuna perdita di spazi verdi urbani entro il 2030.

C’è poi un’altra scadenza temporale, più lunga, vale a dire il 2050. Entro quella data gli Stati Membri dovranno recuperare gli ecosistemi che necessitano di azioni di ripristino. Per farlo saranno necessarie molte contromisure che vanno dalla rinaturalizzazione dei corsi fluviali abbattendo le barriere artificiali al reinserimento di elementi naturali negli agroecosistemi fino alla trasformazione verde delle città, alla diversificazione delle aree coltivate per favorire farfalle, insetti impollinatori e uccelli.

La legge prevede che gli Stati Membri debbano sviluppare piani nazionali di ripristino, rendicontando tutte le azioni effettuate. Bruxelles, da parte sua, ha stanziato circa 100 miliardi di euro in parte destinati al ripristino della natura e stima che gli investimenti per il recupero dell’ambiente, per ogni euro speso, porteranno fra gli 8 e i 38 euro in benefici.

Lo scontro politico sulla legge sul ripristino della natura: la posizione del Ppe

Sulla legge sul ripristino della natura si è consumato uno degli scontri politici più aspri che si siano visti da molti anni al Parlamento europeo. Fatto di polemiche, dure accuse e contestazioni che hanno valicato i confini dell’Eurocamera con manifestazioni degli attivisti di Friday For Future guidati da Greta Thunberg da un lato e agricoltori guidati dalla Copa-Cogeca, l’associazione che riunisce le cooperative europee dall’altro. 

Prima del voto di mercoledì, la legge era stata respinta in due commissioni parlamentari (Agricoltura e Pesca) e non aveva avuto la maggioranza alla Commissione Ambiente. In ballo, secondo i promotori, non c’era solo il provvedimento in questione, ma il pacchetto Fit for 55 e l’intera architettura del Green Deal.

La posizione contraria del Partito Popolare Europeo può essere riassunta nelle parole pronunciate martedì dal presidente e capogruppo del Ppe Manfred Weber: “Timmermans fermati, ritira la bozza di legge sul ripristino della natura”, ha detto il leader dei popolari europei. “Prendiamo il tema della biodiversità molto seriamente ma questa legge è pericolosa per i cittadini e le imprese“, ha spiegato Weber davanti ai trattori dei sindacati degli agricoltori che si sono raccolti per bloccare l’ingresso del Parlamento europeo a Strasburgo.

I popolari hanno chiesto di respingere la proposta della Commissione Ue che secondo loro creerebbe non pochi problemi agli agricoltori, ai pescatori, ai silvicoltori continentali. “Non vogliamo bloccare o cancellare l’iniziativa, vogliamo avere una base solida per la discussione. Ecco perché la Commissione dovrebbe presentare una nuova proposta”. “Dei 34 atti legislativi del pacchetto del Green Deal ne abbiamo sostenuti 32: solo due non ne abbiamo sostenuti, uno sullo stop ai motori a combustione e poi questo sul ripristino della natura”, ha detto Weber, secondo cui è necessario ascoltare “tutte le voci: “di chi ci chiede di essere impegnati sulla biodiversità e di chi ha preoccupazioni riguardo lo sviluppo rurale e gli agricoltori”.

Il problema fondamentale? Nel 2024 ci saranno le elezioni europee, siamo arrivati a fine legislatura e presentare una nuova proposta significherebbe rimandare qualsiasi decisione di almeno tre anni. 

In questo contesto, Renew Europe aveva proposto un emendamento che riproponeva la posizione negoziale del Consiglio Ue che introduceva maggiore flessibilità su alcuni obiettivi, sostituiva altri obblighi con una tendenza all’aumento delle zone verdi urbane e definiva obiettivi meno stringenti per la riumidificazione delle torbiere.

Le accuse di Timmermans

Il vicepresidente della Commissione Ue, il socialista Frans Timmermans che ha la delega al Green Deal, respinge al mittente le accuse del Ppe e rincara la dose. In un’intervista rilasciata a Repubblica qualche giorno fa, Timmermans ha infatti lanciato un avvertimento ai popolari: “Da quando la destra italiana è al governo”, il Ppe ha smesso di trattare, ha affermato, sottolineando però che così facendo assestano un “colpo” alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (che appartiene al Ppe).”Se il Ppe pensa di governare in futuro con l’estrema destra pur di stare al governo, si ricordino che i partiti radicali vogliono fermare il progetto europeo. Con la destra radicale non si risolvono i problemi”.

E l’Italia?

Il 20 giugno scorso l’Italia ha votato contro la posizione negoziale del Consiglio sulla Legge proposta dalla Commissione, insieme a Olanda, Polonia, Finlandia e Svezia. 

Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha spiegato che “il testo com’è adesso non fornisce le necessarie garanzie di efficacia e applicabilità” e si è detto preoccupato per la sostenibilità per i settori dell’agricoltura e della pesca. “La perplessità più forte – ha aggiunto – resta quella sulle possibili implicazioni finanziarie, che incidono direttamente sull’applicabilità concreta del regolamento. Continuiamo a ritenere, infatti, che la disponibilità di risorse certe ed adeguate rappresenti una condizione imprescindibile per poter sostenere la fattibilità degli obiettivi e degli obblighi definiti da questo nuovo regolamento”. Secondo l’Italia “le risorse necessarie per l’attuazione del regolamento devono essere chiarite e disponibili prima che lo stesso entri in vigore”.

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