Condividi

Le antiche origini dei dolci del carnevale: le Frappe aristocratiche e il povero Berlingaccio

A tavola il Carnevale si impose sin dal ‘400 come l’antitesi tra il magro, tipico della quaresima, ed il grasso, tipico del tempo non di penitenza. La ricetta delle frappe del 1587

Le antiche origini dei dolci del carnevale: le Frappe aristocratiche e il povero Berlingaccio

Le prime testimonianze dell’uso del vocabolo “carnevale” (detto anche “carnevalo”) vengono dai testi del giullare Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400. Secondo la più accreditata interpretazione la parola ‘carnevale’ deriverebbe dal latino carnem levare (“eliminare la carne”), poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

In alternativa si è ipotizzato che il termine possa invece aver tratto origine dall’espressione latina carne levamen (avente l’analogo significato di “eliminazione della carne”), oppure dalla parola carnualia (“giochi campagnoli”) o ancora dalla locuzione carrus navalis (“nave su ruote”, quale esempio di carro carnevalesco) se non addirittura da currus navalis (“corteo navale”), usanza di origine pagana e occasionalmente sopravvissuta fino al XVIII secolo tra i festeggiamenti del periodo.

Certo è che a  tavola il Carnevale si impose sin dal ‘400 come l’antitesi tra il magro, tipico della quaresima, ed il grasso, tipico del tempo non di penitenza. Questo dualismo si manifesta non solo nella follia delle manifestazioni di piazza, ma soprattutto nelle abitudini di cucina.

La lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Brugel il vecchio

Un dualismo “fotografato” magistralmente in un famoso dipinto a olio su tavola di Pieter Bruegel il Vecchio, datato 1559 intitolato Lotta tra Carnevale e Quaresima conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

La brulicante veduta della piazza di un paese mette in scena un combattimento simbolico tra il Carnevale (metà sinistra) e la Quaresima (metà destra). Il primo è rappresentato come un uomo grasso a cavallo di un barile e circondato da succulente pietanze, mentre la seconda è una donna smunta e pallida, che ha come “lancia” una pala con appena due aringhe, a fronte dello spiedo con polli infilzati del rivale. Il Carnevale è spinto da due uomini in maschera, mentre la Quaresima è trainata da un frate e una monaca.

I personaggi a sinistra sono intenti al mangiare, al bere e alla rappresentazione di scene teatrali burlesche, tipiche del festoso periodo carnevalesco, mentre a destra sono inscenati sacrifici e sofferenze. Anche l’architettura entra in gioco per identificare i due gruppi: a sinistra si vede infatti un’osteria, mentre a destra è rappresentata una chiesa.

Al centro del dipinto si vede una coppia di spalle guidata da un buffone: la donna ha una lanterna spenta legata in vita, che allude forse all’avanzare al buio dei due credi religiosi dell’epoca, il Cattolicesimo (Chiesa cattolica), simboleggiato dalla Quaresima, e il Luteranesimo, dal Carnevale. Si tratta però di una rappresentazione che non prende posizione, nel clima chiassoso e sarcastico generale. Entrambi i carri sono infatti guidati da follie e vizio e solo i poverissimi mendicanti, sparsi qua e là con la loro misera condizione rappresentata con realismo, appaiono come figure reali, nell’indifferenza generale.

Le frappe del 1587 giunte fino a noi

Nessuno avrebbe immaginato che le popolarissime frappe fossero in realtà una pietanza aristocratica, aromatizzata con le viole. Il testo giunto a noi del 1587 lascia stupiti per la straordinaria sovrapponibilità tra la ricetta originaria e quella attuale, fatta eccezione per l’uso dello strutto per la cottura.

In Toscana con il termine Berlingaccio veniva indicato il giovedì grasso; lo stesso termine indicava una pasta fatta con farina con poco uovo che le famiglie povere cuocevano al forno e non friggevano in occasione del Carnevale. Il verbo “berlingare” secondo le indicazioni della Accademia della Crusca significa chiacchierare. Nell’italiano corrente l’abitudine di chiamarle “chiacchiere” deriva dal dialetto bolognese poiché le frappe erano definite anche “sfrappole” e “cuntar del sfrappel” significa “raccontare frottole”.

La tecnica per produrre la sfoglia, inizialmente praticata nelle cucine delle residenze più agiate, divenne molto popolare poiché molte pietanze a base di pasta sono preparate a partire dalla sfoglia. I berlingacci erano dunque una versione povera delle frappe aristocratiche ed un testo del 1752 ce lo conferma

Le castagnole sono invece descritte per la prima volta dall’Artusi con la sua ricetta 213. Con l’occasione lo stesso Artusi precisa che la ricetta delle castagnole è “piatto particolare alle Romagne, specialmente di Carnevale”.

Dal ché si dimostra che le denominazioni dei dolci di Carnevale e la modalità di preparazione hanno un’origine antichissima e ci sono pervenute pressoché immutate nel corso dei secoli.

Commenta