Condividi

L’arte e la cultura allungano la vita

Andare a un museo o ad un concerto non giova solo allo spirito, come già sappiamo tutti, ma anche al corpo: a dimostrarlo, ora, è un autorevole studio inglese.

L’arte e la cultura allungano la vita

Sinapsi e molecole

Che l’andare a un museo o a un concerto sia un atto che giova allo spirito è un truismo. Adesso sappiamo che fa bene anche al corpo. A dircelo è uno studio su lungo periodo condotto da un gruppo di ricercatori inglesi, che hanno monitorato lo stato di salute di un campione di persone con differenti abitudini di impiego del tempo libero. Numerosi precedenti studi avevano già dimostrato che l’arte e la musica aiutano a lenire il dolore cronico, a tenere lontani i sintomi della demenza simile e il morbo di Alzheimer. L’arte e la musica contribuiscono pure ad accelerare lo sviluppo del cervello nei bambini piccoli. Ora, ci sono prove che il semplice fatto di essere osservatori di opere d’arte può aiutare le persone a vivere più a lungo.

Diventeremo immortali?

L’aspettativa di vita è uno dei più importanti misuratori del livello di civiltà di una comunità. Allungarla è anche una delle più grandi sfide di questo secolo. Naturalmente i primi ad averla accettata sono stati i tecnologi della Silicon Valley. In particolare, Google ha uno specifico moonshot dedicato a questo tema. Peter Thiel, l’imprenditore più politicamente esposto della Valle, ha svariati investimenti in start-up, volte a ricercare molecole in grado di arrestare l’invecchiamento. Una grande profusione di mezzi per creare in vitro l’homus deus (dal titolo di un fortunato libro del sociologo israeliano Yuval Noah Harari), che può anche suscitare qualche divertito sfottò. Ma non è un banale sogno dell’essere umano, a guardare a quello che sta accadendo.

L’abbassamento dell’aspettativa di vita

In quasi tutti i Paesi sviluppati, e in particolare negli Stati Uniti, a partire dal 2008 l’aspettativa di vita si sta abbassando sensibilmente o, nel migliore dei casi, ristagna sui livelli raggiunti alle soglie del 2000. Le cause sono molteplici, non ultima il massiccio e indiscriminato uso di oppioidi. Un problema di un tale rilievo sociale da essere negli Stati Uniti tra i primi punti dell’agenda del Congresso e dei candidati alla presidenza. Gli americani diventeranno tutti degli infelici, a dispetto dei propositi dei loro padri fondatori? La depressione esistenziale, specialmente in età avanzata, si può curare con i farmaci, ma anche con salubri attività che agiscono sulla mente e sul corpo, inteso quale singola e inscindibile unità, come ci insegnano la medicina orientale e tutto il pensiero di quel continente.

Lo studio dell’University College di Londra

I ricercatori dell’University College di Londra hanno monitorato, per 14 anni, le abitudini di vita di un panel di migliaia di persone dai 50 anni in su. Alla fine del 2019 hanno reso pubblici i risultati di questa indagine. Ebbene, i risultati mostrano che coloro che, almeno una o due volte l’anno, hanno visitato un museo o assistito a un concerto sono vissuti più a lungo (14%) rispetto ai partecipanti che non hanno svolto le stesse attività. Per di più, le persone che hanno frequentato un museo o un teatro in modo continuativo, cioè almeno volta al mese, hanno visto crescere l’aspettativa di vita del 31%. Piuttosto sbalorditivo! I risultati dello studio sono stata pubblicati nel mese di dicembre sul British Medical Journal, la pubblicazione ufficiale della British Medical Association, che ha commissionalo l’indagine al dipartimento di scienze comportamentali e salute dell’University College London.

Una variante della sindrome di Stendhal

Lo studio ha considerato alcuni parametri socioeconomici dei partecipanti, tra cui il reddito, il livello di istruzione e la mobilità. Tenuti fermi questi parametri, lo studio ha notato che si ha un differente risultato sull’aspettativa di vita in base all’entrare in contatto o meno con l’arte e, più in generale, con il mondo della cultura. Lo studio non ha esaminato quale tipo di arte, musica o spettacolo teatrale possa allungare la vita. Non è stato possibile dire se sia stato l’assistere a La Valchiria o all’Amleto oppure il fermarsi ad ammirare la Vergine delle rocce ad aver aiutato i soggetti. L’individuazione del tipo di opera d’arte in grado di produrre il fausto risultato non rientra, del resto, nelle finalità dello studio. Ma certamente si possono includere quelle opere per semplice inferenza. Il contatto con la bellezza toglie il mal di testa o può far venire le vertigini, come successe a Stendhal a Firenze. Ma il grande scrittore di Grenoble era eccessivamente psicosomatico per essere paradigmatico. L’effetto placebo dell’arte è indiscutibile.

Dare uno scopo alla vita

In ogni caso per i ricercatori londinesi risulta abbastanza provato che l’esposizione alle arti aiuta le persone a essere più attive e a includersi maggiormente nel mondo. “Sappiamo che dare uno scopo della vita è importante”, ha detto Andrew Steptoe, il coautore dello studio, durante la presentazione della ricerca. “Essere coinvolti nelle arti ed esserne appassionati consumatori aiuta a mantenere uno scopo nella vita e rafforza il senso di appartenenza”, ha concluso. Lo studio ha anche messo in evidenza che impegnarsi nelle arti può ridurre il senso di solitudine, promuovere l’empatia e l’intelligenza emotiva. Inoltre, impedisce alle persone di diventare sedentarie. Tutti fattori, questi, determinanti nell’allungare la vita.

L’effetto curativo delle arti

Molti altri studi hanno esaminato gli effetti positivi dell’arte sulla terza età dell’uomo. Per esempio, si sa che negli Stati Uniti la popolazione con più di 55, anni agnostica alle arti visuali o performative, presenta un tasso di ipertensione e un declino cognitivo più alto. A segnalarlo è stato uno studio del 2017 del National Endowment for the Arts che ha preso in considerazione un panel di 1500 persone. Studi simili hanno dimostrato i significativi benefici derivanti dall’esposizione all’arte per bambini e adolescenti. I ricercatori dell’Università dell’Arkansas hanno scoperto che i bambini, recatasi in gita scolastica nei musei, hanno ottenuto risultati migliori e un punteggio più alto nei test cognitivi rispetto a quelli che frequentavano scuole che non avevano preso iniziative di questo tipo. In ogni caso, la ricerca dell’University College di Londra è la prima che esamina in modo serio e documentato gli effetti dell’arte sull’aspettativa di vita.

Un monitoraggio più che decennale

Dal 2004 al 2005, i ricercatori di Londra hanno raccolto informazioni da 6710 persone che hanno risposto a questionari riguardo la loro partecipazione a concerti, spettacoli teatrali e opere liriche, circa le loro visite a musei, gallerie ed esposizioni varie. La ricerca non ha preso in considerazione la cinefilia, perché un altro studio ne aveva già indagato il ruolo nel benessere delle persone. Oltre a dare informazioni di base quali l’età, il sesso, l’etnia, lo stato civile, il livello di istruzione, la professione e il reddito, i partecipanti hanno risposto anche a domande sulla propria salute fisica e mentale, sui farmaci assunti, sulle eventuali terapie mediche seguite e sull’abitudine a bere, fumare e fare attività fisica. Nei 14 anni successivi, secondo lo studio, quasi 2000 partecipanti sono deceduti per cancro, malattie cardiovascolari, problemi respiratori e altre cause naturali. Una piccola parte dei partecipanti è invece deceduta per cause accidentali. Questa quota è stata, comunque, inclusa nello studio. I ricercatori hanno passato al vaglio i dati raccolti per cercare dei modelli. I risultati suggeriscono, senza però avere la pretesa di essere una prova scientifica definitiva, che esporsi alle arti porta a un significativo prolungamento della vita.

La spinta a riformare i programmi scolastici

Secondo i ricercatori londinesi, lo studio solleva una serie di domande per ulteriori approfondimenti e, anche, interventi istituzionali. Ad esempio, una possibile indagine futura potrebbe considerare come l’impegno nelle arti, fin dalla giovane età, possa influenzare la durata della vita di una persona. Lo studio non ha inoltre preso in considerazione gli effetti di un attivo coinvolgimento dei partecipanti in un’attività artistica, come suonare, comporre musica, ballare, dipingere, ecc. Tuttavia, i risultati hanno messo le ali ai sostenitori dell’insegnamento delle arti e del teatro nelle scuole. Molti di loro, vanamente, si battono da tempo per ripristinare o introdurre nei curricula scolastici attività, oggi stupidamente emarginate, come l’insegnamento e la pratica delle arti visive e performative. Sapere che le arti giocano un ruolo essenziale nel vivere meglio e più a lungo può aiutare a rivalutarle all’interno della programmazione didattica. Speriamo che avvenga presto! Che altro occorre ancora?

L’accessibilità dell’arte

Gabriella Souza, del Walters Art Museum di Baltimora, valuta i risultati dello studio come sorprendenti e incredibilmente incoraggianti. Ed è, ovviamente, d’accordo con i ricercatori di Londra. Chiosa: “Le gallerie d’arte sono luoghi di pace, di serenità e di intimità. È questa una delle ragioni per cui la gente decide di venire a visitarci è sempre più numerosa”. L’ingresso al museo di Baltimora è gratuito e ogni anno per i suoi locali passeggiano 160.000 visitatori. Coloro che hanno accettato di compilare un questionario distribuito dal museo hanno risposto che il motivo della visita è che il luogo ispira “pace e ringiovanimento”. Perché ciò possa accadere sempre di più, occorre poter accedere all’arte in modo da scatenarne l’effetto terapeutico. Perché non inseriamo la visita ai musei nel sistema sanitario nazionale, rendendo l’ingresso totalmente gratuito agli over 55? A Parigi nessun museo prende soldi dai giovani sotto i 26 anni. Perché Macron non estende questo bonus anche agli over 55? Non sarebbe l’esenzione dal biglietto un’ottima misura fiscale? Ci sarebbero ricadute importanti sulla spesa pubblica per la salute.

Commenta