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La Fed manda in rosso tutte le Borse europee: Milano limita i danni (-0.9%). Wall Stret reagisce

Il mancato annuncio di nuovi stimoli all’economia da parte del presidente della Fed Ben Bernanke ha colpito le Borse, a partire da quelle del Veccho continente – A Piazza Affari banche a due velocità – Vendite su Fiat – Wall Street reagisce

BERNANKE NON SCHIACCIA WALL STREET
MILANO DELUSA, POI (IN PARTE RECUPERA)

Per gli stimoli all’economia occorrerà attendere almeno settembre, dopo una franca discussione ai vertici della Fed. Prima di allora non ci sarà il sospirato Qe 3 o altre azioni di stimolo. Questo, in estrema sintesi, il messaggio di Ben Bernanke che non ha sorpreso o, comunque, depresso i mercati. Dopo un iniziale sbandamento, infatti, gli indici di Wall Street hanno preso la via del rialzo: +0,54 il Dow Jones, +0,70 lo Standard & Poor’s 500, +1,43% il Nasdaq. Copione diverso in Europa. Piazza Affari, in particolare, ha prima corretto in forte ribasso (-3,1%) per poi recuperare posizioni ma per chiudere comunque in terreno negativo (-0,97%). In attesa di una lettura più meditata delle parole di Bernanke.

GLI STIMOLI ALL’ECONOMIA RINVIATI A SETTEMBRE
AFFONDO DI BERNANKE SULLE COLPE DELLA POLITICA

L’economia è sulla strada della ripresa e le prospettive a lungo termine per gli Stati Uniti sono positive. Parole di Ben Bernanke a Jackson Hole che, in questo modo, ha deluso le aspettative di chi si aspettava l’annuncio di un nuovo round di stimoli per la ripresa. A questo proposito, resta valido l’impegno della Fed di tenere i tassi bassi, quasi a zero, fino a metà 2013 per non soffocare una ripresa che non è sostenuta dai consumi. “La crescita nella prima metà dell’anno – ha ammesso – è stata inferiore alle previsione, cosa che solo in parte si può spiegare con fattori congiunturali”.

Di qui la decisione di non interrompere il flusso di denaro a costo quasi zero ”ma a lungo termine – si legge nel discorso di Bernanke che la Fed ha distribuito immediatamente prima dell’inizio del meeting – la mia visione è assai più ottimistica. La crescita degli Stati Uniti non sarà compromessa in maniera duratura dagli shock subiti negli ultimi quattro anni”. Nonostante questo ottimismo, la Fed, tiene a far sapere Bernanke, “è pronta a usare gli strumenti più idonei a garantire una ripresa più robusta”.

Ma, a differenza di un anno fa, Bernanke ha evitato i toni enfatici e non è entrato nei dettagli delle azioni da intraprendere. Lo stesso presidente della Fed ha rivelato che il prossimo vertice del Fomc durerà due giorni proprio per “permettere una discussione più ampia del problema”, annuncio che potrebbe sottendere un’iniziativa di stimolo dell’economia dopo il meeting del 20/21 settembre.

“La Fed – ha aggiunto Bernanke – dispone di più di uno strumento per garantire un’iniezione di stimoli monetari. Di questo, e dei relativi pro e contro, abbiamo discusso nel nostro incontro di agosto. E continueremo a farlo a settembre, tenendo ovviamente conto degli sviluppi della situazione finanziarie e dell’economia”. Bernanke ha comunque fatto capire che la banca centrale ha già fatto buona parte di quel che doveva fare per contrastare la disoccupazione ed il debito.

Lo stesso non si può dire per la classe politica, che non ha affrontato il nodo cruciale del fisco. “Il Paese – ha detto, esibendosi in una critica insolita al governo – avrebbe bisogno di un processo decisionale migliore per fare scelte in materia di tasse” . Al contrario, la battaglia sull’innalzamento del debito federale ha danneggiato i mercati finanziari “al pari, probabilmente, della stessa economia reale”.

Al contrario, per ripartire l’America ha bisogno di “obiettivi chiari e trasparenti in materia di bilancio che restituiscano credibilità al Paese”. Insomma, la Federal Reserve abdica, vuoi per necessità o per scelta al ruolo di supplente di scelte che la politica, paralizzata dal conflitto tra i Repubblicani ed il presidente Obama, non riesce a fare. “La maggior parte delle politiche economiche che possono dare sostegno alla crescita nel lungo termine – ha detto Bernanke – esulano dalla sfera di competenza della banca centrale”.

C’è da chiedersi quanto abbiano pesato, in queste scelte, l’aspra campagna di diversi candidati repubblicani alla Casa Bianca che non hanno diffidato nei giorni scorsi dal compiere nuovi passi che potessero influenzare la congiuntura, a vantaggio del presidente.

Un’ora prima dell’inizio del meeting, sul mercato azionario era piovuta la doccia fredda dei dai definitivi del Pil Usa nel secondo trimestre: la crescita è stata ridotta all’1% contro l’,1,4% delle stime provvisorie e la previsione di 1,1% da parte degli economisti. E’ un dato relativamente migliore a quello del primo trimestre, quando l’incremento fu solo dello 0,4% (molto al di sotto delle stime provvisorie dell’1,9% che avevano favorito la congiuntura primaverile di Wall Street), ma che confermano il pessimismo delle grandi banche d’affari, ultima in ordine di tempo Citigroup che ha rivisto al ribasso le prospettive di crescita del 2011 per le economie dei Paesi più industrializzati.

A MILANO TENGONO LE BANCHE
GIU’ FIAT E I TITOLI DELL’ENERGIA

Anche per questo la reazione dei mercati alle notizie in arrivo dal Wyoming è stata inizialmente assai negativa, con una punta del 3,1% per Piazza Affari e dell’1,8% per l’indice Standard & Poor’s a New York. Poi gli umori si sono stabilizzati. La Borsa di Milano chiude comunque in ribasso -0,97% ma l’indice Ftse Mib, 14.800 punti, si è allontanato dai minimi della giornata a quota 14460 punti . L’indice S&P 500 e il Dow Jones, intanto, viaggiano sulla parità. Su Piazza Affari pesa l’incertezza su Eni -1,62% ed Enel -1,65%. Movimenti trascurabili per le altre utility. Altro scrollone per le Fiat -2,43% e per Exor -2% dopo il giudizio negativo di Barclays sul Lingotto; sale invece Fiat Industrial +0,4% al pari di Pirelli +0,96% e Prysmian +2,33%. Le banche e le compagnie assicurative sono contrastate: buon rialzo per Unicredit +0,59%, mentre Intesa Sanpaolo perde l’1,32%%, Ubi addirittura il 4,22%.

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