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La diversità enogastronomica del FVG nella nuova edizione della guida rossa del TCI

Vino ed enogastronomia rappresentano un patrimonio di eccellenze che trae origine dalla storica “diversità” di questo territorio che è un crogiolo di retaggi storici e apporti di culture mitteleuropee coniugati con sapori mediterranei

La diversità enogastronomica del FVG nella nuova edizione della guida rossa del TCI

Per lo scrittore Emilio Rigatti poche regioni italiane possono enumerare entro i propri confini geografici un così alto tasso di diversità storiche, artistiche e linguistiche come il Friuli-Venezia Giulia. Certo per l’Italia, con i suoi infiniti dialetti che testimoniano influenze e retaggi storici di tutte le epoche e di tante etnie, è un fatto assodato. Ma il Friuli Venezia Giulia – avverte Rigatti – è un mondo a parte, sul quale veglia l’Angelo della Diversità, una creatura immaginaria e immaginata ad hoc, ma che credo possa ben rappresentare l’anima – o le anime – di questa Regione per chi la conosce poco”.

Una regione composita, fatta da parti differenti con storie, lingue, tradizioni e culture diverse. Il Friuli Venezia Giulia è in effetti un crogiolo di genti e culture che nel loro rapporto con il territorio hanno costruito un mosaico di rappresentazioni per   chi vuole visitarlo. Un catalogo che va dai siti Unesco, patrimonio dell’umanità, alle riserve naturali, dalle città storiche ai distretti produttivi, dai parchi archeologici a quelli scientifici, dalle stazioni sciistiche alle spiagge marittime. A questo si affianca una varietà gastronomica che riunisce le cucine delle diverse aree culturali e porta la testimonianza del loro incrocio. E soprattutto una produzione vinicola di altissimo livello, elaborata all’interno di un’infinità di cantine, dove le differenze territoriali vengono esaltate per offrire vini di assoluto livello esaltazione della biodiversità di questo territorio che è anche il patrimonio della biodiversità italiana. Un contributo ragionato alla conoscenza della “diversità” di questa regione arriva dal TCI che ha dedicato l’ultima sua guida Rossa, in veste rinnovata, al Friuli Venezia Giulia per dar conto di tanta ricchezza fornendo una serie di quadri di riferimento geografici storici artistici linguistici economici con particolare riferimento alla ricchezza del patrimonio enogastronomico friulano.

Friuli e vino: binomio inscindibile di produzioni pregiate di antica storia

Il pensiero corre immediatamente al Collio, l’area geografica collinare divisa tra Italia e Slovenia che si estende all’estremo lembo orientale della regione, in provincia di Gorizia una continua successione di terrazzamenti delle vigne che inframmezzano i borghi di antica storia. zona di produzione di pregiati vini ai quali, fra i primi in Italia, è stata riconosciuta fin dal 1968 la Denominazione d’origine Controllata.

Dai colli di San Floriano e Oslavia sopra Gorizia a quelli di Ruttars, Lonzano e Vencò sulle sponde dello Judrio, che un tempo segnava il confine fra l’Italia e l’Austria, è un susseguirsi di colline scandite da piccoli borghi, e di vigneti, che si estendono per circa 1.600 ettari.

Terra di grandi bianchi, il Collio vede prevalere la produzione dei Pinot, del Tocai friulano, del Sauvignon e del rinomato Collio Bianco, uvaggio DOC, mentre fra i rossi primeggiano il Collio Rosso, i Cabernet, il Merlot.

Un patrimonio importante perché il vino, si può dire, è l’elemento che più di altri caratterizza il Friuli-Venezia Giulia. A una produzione vinicola non molto elevata, proporzionata alle dimensioni regionali (viene imbottigliato poco più del 2% del totale nazionale), testimonianza di una presenza  agricola prolungata nel tempo, corrisponde una qualità riconosciuta   universalmente come una delle migliori.

Anche il panorama gastronomico riflette l’accoglienza storica, da parte del paesaggio regionale, della diversità. La confluenza delle culture latina, slava e tedesca, incrociate con quelle delle genti arrivate da posti più lontani, come nel caso del porto di Trieste, e mediate dai prodotti del territorio, produce un’offerta mai monotona. Qui i piatti della cucina italiana e mitteleuropea si offrono in varianti legate ai sapori di quanto esce dalle diverse parti della regione. Tipico piatto goriziano è il prosciutto cotto nel pane che spolverato di cren grattugiato può fungere anche da piatto unico per il pasto di mezzogiorno.

Nei sapori della cucina confluiscono culture latine, slave e tedesche

Fra i primi, minestre gustose sono la jota (un minestrone di capucci acidi, patate, fagioli e carne o cotenne di maiale) e la friulana minestra di orzo e fagioli. Di derivazione mitteleuropea, ma impreziositi, di sapori mediterranei sono da annoverare i tipici gnocchi di pane.

In primavera nelle trattorie è tempo di profumate frittate con le erbe, mentre più autunnali sono muset e brovade (cotechino con rape bianche grattuggiate e fermentate nella vinaccia), il gulasch (piccante in infinite variazioni); il kaiserfleisch (carne di maiale affumicato, cosparso di cren fresco e accompagnato con crauti o gnocchi di pane), la selvaggina con polenta, lo stinco di maiale o vitello al forno. Come contorno, patate in tecia e kipfel (piccole mezzelune fritte fatte con un impasto simile a quello degli gnocchi). E poi da citare i prodotti tipici di questa regione come la farina di granoturco (la «blave»), la «rosa» (radicchio) di Gorizia, l’aglio di Resia, gli asparagi bianchi e verdi, i formaggi delle malghe alpine e delle latterie sociali della pianura i «cjarsons» della Carnia il «frico» nelle sue varianti, al pesce delle lagune di Grado e Marano, dalla «gubana» di Cividale al «presnitz» di Trieste. Per concludere con i dolci fra i quali impera la Gubana, un rotolo di pasta sfoglia ripieno di frutta secca, uva passa, cedro candito, pinoli e noci dietro la quale sia accodano la putizza, pinza, lo strudel (con mele, susine o ciliege), i krapfen, torta Dobosch (ungherese), le palacinke (sorta di omelettes con ripieno di marmellata o di cioccolato), il kugelkupf.

Insomma, un mondo variegato e complesso sul quale veglia da sempre, come dice Emilio Rigatti da  l’”Angelo della diversità” che si riscontra anche nell’infinita varietà di feste e manifestazioni  che affondano radici ben salde nella storia e che, avendo profondamente a che fare con la cultura del popolo friulano, attraggono i visitatori curiosi e non frettolosi. Tra questi i riti dell’Epifania a Cividale, con la Messa dello Spadone e a Gemona con la Messa del Tallero, entrambe con il corollario di rievocazioni di fasti medievali e a Zuglio il Bacio delle croci, in cui la Domenica dell’Ascensione le chiese della Carnia riconoscono dal sec. iv d.C. il primato della pieve di S. Pietro.  Da segnalare anche la molto più laica, ma antichissima, Sagra dei osei, che in agosto richiama a Sacile un grande pubblico per assistere all’alba al canto degli uccelli e alle gare di canto fra i pennuti e i chioccolatori, a ricordo del diritto concesso alla città nel 1351 dal patriarca di Aquileia di tenere mercato degli uccelli catturati nei boschi del vicino Cansiglio.

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