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La bomba di Putin. Che cosa ci attende secondo Thomas Friedman nella guerra tra Russia e Occidente

Putin sta preparando un tipo bomba non meno devastante dell’atomica. “È la bomba del petrolio e del gas che sta forgiando proprio sotto i nostri occhi e con il nostro involontario aiuto” dice Friedman, l’opinionista del New York Times che pare venga avidamente letto anche da Xi Jinping sempre affamato di idee del decadente Occidente.

La bomba di Putin. Che cosa ci attende secondo Thomas Friedman nella guerra tra Russia e Occidente

Non ci sarà né la bomba sporca, né l’atomica, ci sarà invece la bomba dell’energia. È questa la bomba che Putin sta costruendo.
Ecco la tesi di uno degli opinionisti più accreditati dal “New York Times”, Thomas L. Friedman che si dice venga letto avidamente anche dal leader maximo cinese Xi Jinping sempre affamato di idee del decadente Occidente.
Nei paragrafi che seguono cerchiamo di sintetizzare il punto di vista di Friedman che è molto diafano.

La guerra del generale inverno

Man mano che gli ucraini avanzano nei territori proditoriamente annessi alla Federazione russa cresce l’inquietudine del mondo sulla possibilità che Putin decida di ricorrere, come ultima ratio, alla bomba atomica. In realtà Putin sta preparando un altro tipo bomba non meno devastante.
“È la bomba del petrolio e del gas che sta forgiando proprio sotto i nostri occhi e con il nostro involontario aiuto – e che potrebbe verosimilmente esplodere quest’inverno” scrive Friedman.
Se lo facesse il costo dell’energia potrebbe spiccare il volo verso la stratosfera rendendo così proibitivo riscaldarsi, lavorare e viaggiare.

Attacco all’energia: il mondo occidentale potrebbe dividersi

Le ripercussioni politiche sarebbero gigantesche. Il fronte occidentale potrebbe dividersi e spingere molti paesi a ricercare un qualche tipo di accordo “sporco” con Mosca per porre fine a questa situazione ovviamente insostenibile. Negli Stati Uniti per esempio i repubblicani di Trump, ma anche i progressista stanno inquietandosi per i crescenti costi del conflitto ucraino.
In sintesi: Putin sta combattendo una guerra su un doppio fronte, militare per fermare sul terreno l’avanza dell’esercito ucraino e politico per sfiancare, per mezzo del costo dell’energia, la volontà degli alleati di aiutare e sostenere l’Ucraina.
Il primo passo di questa strategia consiste nel distruggere il sistema di infrastrutture energetiche dell’Ucraina e mettere al freddo la popolazione civile.
Il secondo è quello di usare il prezzo del gas e del petrolio per compiere lo stesso tipo di operazione nei confronti delle popolazioni dei paesi che sono alleati dell’Ucraina.
Al momento l’Occidente non ha una strategia sulle risorse energetiche per attenuare l’impatto di questa bomba che è per tutto il suo sistema di coesione sociale e politica una prospettiva a dir poco spaventosa.

La contraddizione dell’Occidente che vuole 5 cose incompatibili tra loro

Quando si parla di energia gli occidentali vogliono cinque cose e le vogliono tutte anche se sono incompatibili tra di loro. E Putin sta proprio avvantaggiandosi da questa incongruenza della posizione occidentale. Ecco le cinque cose che vogliono gli occidentali e che sono palesemente incompatibili tra di loro.

  1. La decarbonizzazione dell’economia il più rapidamente possibile per attenuare la conseguenze del cambiamento climatico.
  2. Il prezzo della benzina, del gasolio e del gas per il riscaldamento al livello più basso in modo da non dover cambiare lo stile di vita rinunciando, per esempio, a qualche viaggio superfluo, indossando un maglione di lana in casa o facendo qualcosa per risparmiare il consumo individuale di energia.
  3. La cacciata dei regimi dell’Iran, del Venezuela e dell’Arabia Saudita continuando a voler pagare poco, usare la loro energia e ad estrarla nelle quantità che serve agli occidentali.
  4. Trattare le compagnie petrolifere e del gas come dei paria e dei dinosauri che dovrebbero tirarci fuori dalla crisi petrolifera per poi andarsene a morire tranquillamente da qualche parte lasciando che le nuove brillanti società del solare e dell’eolico prendono il loro posto alla testa della catena energetica.
  5. La costruzione di nuovi oleodotti e gasdotti o linee di trasmissione di energia alternative senza che farli passare in prossimità lontano degli orti, dai giardini e dei cortili delle loro abitazioni.

Chiarezza sulle priorità e sugli obiettivi

In una guerra energetica come quella che stiamo vivendo è necessario essere chiari sugli obiettivi e sulle priorità. Succede però che l’alleanza occidentale non ha una scala di priorità in materia di energia, ma solo vaghe aspirazioni con obiettivi contrastanti tra di loro e l’illusione di poterli raggiungere tutti come per magia. Scrive Friedman: “Se ci ostiniamo in questa posizione ci troveremo in un mare di guai se Putin sgancerà davvero la bomba energetica che sta preparando per il prossimo Natale”. E già vediamo succedere qualcosa.

L’America ha iniziato ad attingere alle riserve strategiche

Gli Stati Uniti, per esempio, stanno iniziando ad attingere alle loro riserve strategiche di petrolio. Il presidente Biden ha infatti annunciato l’utilizzo di 15 milioni di barili dalla riserva strategica durante il mese di dicembre le quali vanno ad aggiungersi ai 180 milioni di barili utilizzati per mantenere i prezzi della benzina al livello più basso possibile in vista delle elezioni di medio termine. A quanto pare la manovra ha aiutato Biden e i democratici a limitare i danni. Secondo il “Washington Post”, dopo questo intervento, le riserve strategiche degli Stati Uniti d’America si sono ridotte al 57% rispetto alla quota ottimale. Putin desidera che l’America utilizzi subito la maggior parte del suo cuscino di riserva strategica di petrolio proprio come è successo con i tedeschi che hanno rinunciato all’energia nucleare e si sono resi dipendenti dal gas naturale russo a basso costo

Che cosa succede in Europa ?

Putin sta osservando attentamente anche quello che succede in Europa. L’Unione Europea si sta preparando a bloccare le importazioni di greggio dalla Russia via mare.
Questa decisione, insieme a quella di Germania e Polonia di bloccare le importazioni tramite oleodotti, dovrebbe ridurre circa il 90% le attuali importazioni di petrolio dalla Russia
Si sta inoltre valutando di vietare alle compagnie assicurative europee la copertura alle spedizioni, ai servizi di intermediazione e ai finanziamenti per l’esportazione di petrolio dalla Russia verso paesi terzi.
Si ritiene che questa misura possa ridurre drasticamente il numero di clienti del petrolio russo. In quel caso I russi sarebbero costretti ad abbassare il prezzo del loro greggio a un a quello stabilito dagli europei e dagli americani per ottenere la copertura assicurativa delle petroliere che trasportano il loro greggio.

Funzionerà?

A commento di queste misure Friedman scrive: “Le mie fonti nell’industria petrolifera dubitano seriamente che la fissare dei prezzi per le forniture dell’OPEC possa funzionare. L’Arabia Saudita, partner russo dell’OPEC plus, non è certo interessata a accettare un precedente nel quale il prezzo del petrolio viene fissato in questo modo”. Per di più il commercio internazionale del petrolio è caratterizzato da molte zone grigie dove operano faccendieri e strutture al limite della legalità che prosperano sui commerci con l’Asia e sulle distorsioni del mercato.
Una di queste zone grigie, per esempio, è l’interruzione del tracciamento durante il trasporto del petrolio. Le petroliere impegnate in attività borderline spengono il dispositivo di tracciamento per poi riaccenderlo giorni dopo aver effettuato la consegna. In questo modo riescano a riciclare il petrolio russo. Il materiale che trasporta una sola petroliera di grandi dimensioni può valere 250 milioni di dollari. Pertanto l’incentivo nei confronti delle attività grigie è a dir poco enorme. È dunque probabile che queste misure su cui contano gli americani e gli europei non funzioneranno e che quindi si dovranno cercare altre strade che per il momento risultano alquanto indefinite. È vero che non è facile trovarle.

Succede in Cina

Adesso si sta aggiungendo un nuovo giocatore sospetto alla partita, è la Cina. La Cina ha in tasca qualsiasi tipo di contratto a lungo termine a prezzo fisso per l’acquisto gas liquefatto dal Medio oriente. Lo prende a circa 100 dollari a barile equivalente di petrolio.
È successo però che, a causa della politica zero COVID, l’economia cinese ha subito un forte rallentamento e così è accaduto al consumo di gas. Allora la Cina ha preso una parte del gas che le era stato venduto al prezzo di 100 dollari e lo ha rivenduto all’Europa e ad altri paesi a prezzo fortemente maggiorato (circa 300 dollari al barile equivalente di petrolio).
Xi Jinping, avendo già ottenuto il suo terzo mandato come segretario generale del Partito comunista, potrebbe allentare le restrizioni legate al Covid. Se la Cina tornerà a un consumo normale di gas verrà posta fine all’esportazione verso l’Europa e quindi la disponibilità di gas si farà ancora più esigua.

Potrebbe succedere in Russia

Dato tutto questo, come ipotizzato da Friedman, a dicembre Putin potrebbe bloccare per 30 o 60 giorni tutte le esportazioni di petrolio e gas russo verso i Paesi che sostengono l’Ucraina, piuttosto che sottostare al prezzo del petrolio fissato da parte dell’Unione Europea.
Questa misura sarebbe sostenibile per la Russia solo nel breve periodo. Ma potrebbe raggiungere lo scopo. E questa sarebbe proprio la bomba energetica che Putin intende regalare all’Occidente per Natale. In questo scenario il petrolio potrebbe arrivare a 200 dollari al barile, con un aumento proporzionale del prezzo del gas naturale. Si parla di 10-12 dollari per la benzina alla pompa negli Stati Uniti. Il bello di questa bomba energetica per Putin è che, a differenza dell’esplosione di una bomba nucleare – che unirebbe tutto il mondo contro di lui – l’esplosione di una bomba sul prezzo del petrolio dividerebbe l’Occidente dall’Ucraina.

La possibile risposta dell’Occidente

Bisogna convincersi, secondo Friedman, che l’Occidente, se non vuole implorare Arabia, Iran e Venezuela ad aumentare la produzione, deve costruire un proprio arsenale energetico pari, se non più grande, di quello militare. Siamo in una guerra energetica.
C’è bisogno di energia di ogni tipo. Gli investitori nel campo delle energie fossili devono essere rassicurati sul fatto che, a patto di produrre nel modo più pulito possibile, avranno un posto importante nel futuro energetico dell’Occidente, accanto al solare, all’eolico, all’idroelettrico e agli altri produttori di energia pulita che i legislatori americani ed europei stanno promuovendo con i loro provvedimenti sul clima. Friedman conclude in questo modo: “Lo so. Non è l’ideale. Non è il punto in cui speravo che saremmo arrivati nel 2022. Ma siamo a questo punto, e qualsiasi altra cosa è davvero pensiero magico – e l’unica persona che non si lascerà ingannare è Vladimir Putin”.

Da: Thomas L. Friedman, Putin Is Onto Us, “The New York Times”, 25 ottobre 2022

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