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Italia, disoccupazione al record dal 2001: sfiora il 10%

Secondo il Rapporto 2012 dell’Ilo, agenzia dell’Onu sul lavoro, in Italia il tasso di disoccupazione è salito al 9,7%, e sarebbe ancora più alto contando i 250mila lavoratori in cassa integrazione – Un giovane su tre è senza impiego, e sono 1,5 milioni i ragazzi che non lavorano e neanche studiano.

Italia, disoccupazione al record dal 2001: sfiora il 10%

Disoccupazione al record in Italia dal 2001, e tasso reale ancora più preoccupante. E’ questo il quadro poco incoraggiante che emerge dal Rapporto 2012 dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, che in mattinata a Ginevra ha presentato lo studio che testimonia come la disoccupazione stia crescendo in maniera allarmante in Italia e nel mondo, fino ad arrivare a superare la soglia, a livello globale, dei 200 milioni di persone attualmente senza impiego.

L’Italia risulta essere tra i Paesi messi peggio: nel quarto trimestre 2011 il tasso di non occupazione è salito al 9,7%, record negli ultimi 10 anni, e l’Ilo inoltre evidenzia che “il tasso reale potrebbe risultare superiore poiché ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250.000 lavoratori in cassa integrazione”. Non va meglio per i giovani: ormai nel Bel Paese uno su tre è senza lavoro (32,6%, più del doppio rispetto al 2008), il 5% di loro l’impiego non lo cercano neanche più, mentre sono saliti a 1,5 milioni i cosiddetti Neet (acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training: persone che non studiano, non lavorano o non sono neanche in formazione).

Crescono invece, e non è un buon segnale, i rapporti di lavoro part-time e a tempo determinato, arrivati rispettivamente al 15,2% e al 13,4% del totale. In un caso su due però (nel 68% per gli impiegati a tempo determinato), secondo l’agenzia dell’Onu, questa scelta non è voluta dal lavoratore ma dal datore di lavoro.

L’Ilo inoltre ha rilevato che la causa principale della crisi del mercato del lavoro sono le politiche di eccessiva attenzione al rigore attuate dai governi, soprattutto dei Paesi occidentali, che per combattere la crisi stanno puntando troppo sull’austerità e poco sulla crescita.

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