Condividi

DAL BLOG DI FUGNOLI (Kairos) – Borse, meglio i rialzi effimeri delle bolle

Dal BLOG di ALESSANDRO FUGNOLI, strategist di Kairos- In questo inizio di 2014, i rialzi sono effimeri per evitare che le bolle azionarie, per adesso contenute, assumano proporzioni preoccupanti e pericolose – Tutto sembra dunque muoversi, nelle parole, affinché nulla si muova sul serio, né le azioni né i bond

DAL BLOG DI FUGNOLI (Kairos)  – Borse, meglio i rialzi effimeri delle bolle

I rialzi di borsa di questo 2014 sono effimeri per evitare che le bolle azionarie, per adesso contenute, assumano proporzioni preoccupanti e pericolose. Quanto ai bond, sembra che in America si parli di aumento dei tassi a breve per impedire che salgano quelli a lungo, decisivi per il mercato dei mutui sulla casa.

Tutto sembra dunque muoversi, nelle parole, affinché nulla si muova sul serio, né le azioni né i bond. Cosa che sembra accadere anche nel mondo magico del Quantitative easing.

L’America pratica infatti il tapering e si prepara a mettere in soffitta il Qe. Guarda caso, però, il Giappone la sta sostituendo con importi molto simili e l’Europa, udite udite, non considera più il Qe come teologicamente scorretto e si dichiara pronta a iniziarlo in caso di necessità.

Per il principio dei vasi comunicanti non ha importanza da quale tubo venga immessa l’acqua, conta solo la quantità totale versata. Lo si è visto con il Qe americano, che ha fatto salire il prezzo degli asset non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo.

Il nome e il cognome di chi immette liquidità contano però nella determinazione dei tassi di cambio. Chi pratica il Qe vede (e vuole vedere) indebolirsi la propria moneta, chi non lo pratica si rassegna a vedere il suo cambio rafforzato.

L’euro si è apprezzato dopo il 2012 contro tutte le valute, emergenti e sviluppate, fino a che le esportazioni tedesche sono andate a gonfie vele. Ora che per Bmw, Daimler e Volkswagen diventa ogni giorno più difficile vendere in Cina, in India e in Russia la prospettiva tedesca cambia.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso e costretto la Bundesbank alla revisione del suo apparato dogmatico è l’Ucraina.

La Russia è il maggiore mercato automobilistico d’Europa, più grande di quello tedesco. A Mosca e a San Pietroburgo, poi, non girano utilitarie, ma vetture ad alto margine. La Germania non ha nessuna voglia di passare alla terza fase delle sanzioni antirusse, quella economica, ma risentirà comunque di quelle già in vigore adesso, perché la domanda russa scenderà.

Quanto a gas e petrolio, la Russia sta accelerando il più possibile la riconversione del suo export dall’Europa alla Cina. Occorrerà del tempo, ma la strategia, già impostata da un paio d’anni, è chiarissima.

La politica energetica della Germania era in realtà già caotica e disfunzionale prima dell’Ucraina e oggi appare allo sbando. Con il nucleare in via di smantellamento accelerato e con il gas europeo tre volte più caro di quello americano le centrali tedesche vengono oggi alimentate a carbone.

Il risultato di questo capolavoro è più inquinamento, una sovraproduzione di rinnovabili sussidiate, una rete incapace di gestire i picchi, un costo finale dell’energia doppio che in Francia e la fuga della grande chimica di base verso gli Stati Uniti. Da oggi si aggiunge il rischio che la Russia chiuda i rubinetti in un momento in cui non ci sono impianti per rigassificare il gas liquido importabile dall’America o dal Qatar. Certo, la Russia ha bisogno di soldi e non taglierà le forniture se non come ritorsione estrema, ma non è una vita tranquilla.

L’Ucraina rimarrà sull’agenda non solo perché la Russia non si rassegnerà mai alla sua perdita, ma anche perché in America ci sono dinamiche politiche interne che obbligano Obama, che di suo starebbe fermo, ad alzare la voce. I repubblicani incalzano l’esecutivo per esaltarne le contraddizioni.

I democratici, dal canto loro, sono tradizionalmente più falchi dei repubblicani in politica estera e questa volta hanno anche precise ragioni elettorali per tenere alta la tensione. Gli americani di origine polacca e ucraina sono parecchi milioni e votano tradizionalmente democratico. A Chicago, il feudo di Obama, i polacchi sono particolarmente numerosi e non è un caso che il senatore dell’Illinois Durbin, obamiano ortodosso, spinga il suo capo ad alzare il tiro contro la Russia.

Il mondo, insomma, non è bello come appare. Grazie a questo, in cambio, avremo finalmente un euro più debole e una Germania più flessibile. Approfittiamone.


Allegati: Realt� virtuali-RN-27.03.14.pdf

Commenta