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Cile: l’economia sembra in frenata ma ci sono segnali di recupero

L’economia cilena sembra aver rallentato. Dopo un buon 2013 e un mediocre 2014, i primi dati del 2015 sono incoraggianti. Il Paese, stabile roccaforte dell’affidabilità nell’America Latina, vanta ottimi rating da tutte le agenzie. I fattori positivi:bassi tassi monetari, spinta alle esportazioni, greggio low cost e ripresa degli investimenti

Cile: l’economia sembra in frenata ma ci sono segnali di recupero

Intesa SanPaolo S.p.A., tramite il proprio analista finanziario del Servizio Studio e Ricerche Giancarlo Frigoli, ha pubblicato un interessante documento dal titolo “Cile – Focus Economia”. La pubblicazione illustra gli sviluppi e le debolezze del sistema economico cileno nel periodo 2014 e primi mesi del 2015.

Il Presidente della Repubblica, nonché Capo del Governo, Michelle Bachelet, sostenuta dalla coalizione di partiti di centro sinistra e riuscita in questi anni a far approvare importanti riforme. Con la riforma fiscale, che prevede, tra l’altro, l’aumento della tassazione sui redditi d’impresa, il Governo intende reperire risorse pari al 3% del PIL, utili al finanziamento dell’istruzione e volte ridurre il deficit di bilancio strutturale. 

Le previsioni del tasso di crescita 2014, ipotizzato tra il 3,5 e il 2,5%, non sono state rispettate. Il tasso di crescita è passato dal 4,3% del 2013 al 1,9% del 2014. In particolare, a pesare sull’andamento economico è stata la variazione degli investimenti (-6,1% anno/anno), in parte dovuto al clima meno favorevole determinato da alcune riforme. Le esportazioni, in rallentamento ma pur sempre crescenti, sono passate dal +3,6% del 2013 al +0,7% del 2014. La variazione delle importazioni, invece, è negativa (-7% rispetto all’ anno precedente).

Nello specifico, il settore manifatturiero ha un peso contenuto (circa l’11% del PIL) e vede la prevalenza delle industrie di lavorazione dei prodotti agricoli, ittici e forestali (oltre il 50% del totale del manifatturiero) e dei metalli. Il settore primario continua ad essere fondamentale per l’ economia cilena. Lo stato, per il tramite della compagnia statale CODELCO detiene il controllo sulle estrazioni di rame. Il Cile estrae un terzo del rame prodotto al mondo. Negli ultimi dieci anni, il peso del rame esportato sul totale delle esportazioni è passato dal 41% al 56%. Sia la produzione agricola che quella manifatturiera, rispetto al 2013, hanno fatto registrare, entrambe, segno negativo (- 0,3%). Le attività di estrazione e costruzione, invece, permangono in positivo ma mostranno un rallentamento (rispettivamente: +1,4% del 2014 rispetto al +6% del 2013; +1,5% da +4%). Anche i servizi sono in frenata: il commercio passa dal +6,8% del 2013 al +0,6%, mentre i servizi finanziari passano dal +6,2% al +3%.

I dati degli ultimi mesi del 2014 e dei primi del 2015 fanno ben sperare l’economia cilena per il 2015 (crescita del Pil attesa: +2,8%). In particolare i fattori che positivamente agiranno sul Pil 2015 sono: i precedenti tagli dei tassi monetari; la spinta alle esportazioni, proveniente nello specifico dal deprezzamento del cambio; la riduzione del costo degli idrocarburi che dovrebbe favorire le imprese energy-intensive; la prevista contenuta ripresa degli investimenti. 
Il tasso tendenziale dell’ inflazione è prima cresciuto per poi ridursi in parte (3% nel 2013; 5,7% in ottobre 2014; 4,6% a fine 2014). Comunque esso è rimasto ben oltre i limiti fissati dalla fascia obbiettivo della Banca centrale (2-4%).
Da ottobre 2013 il tasso di riferimento della banca centrale si è ridotto di 150 punti base, ad oggi è pari al 3%.
Il peso cileno si è deprezzato da gennaio 2014 a metà marzo 2015 del 20 % rispetto al dollaro americano.

Dal 2011, la Bilancia dei Pagamenti del Cile ha registrato un deficit di parte corrente (mediamente pari al 2,4% del PIL nel periodo 2011-14) dovuto principalmente alla remunerazione dei capitali esteri investiti nel Paese. La bilancia commerciale presenta un surplus grazie alle esportazioni di materie prime (principalmente minerali e prodotti agricoli) mentre le importazioni riguardano principalmente beni durevoli e semi-durevoli, soprattutto beni d’investimento. Il conto finanziario riporta un consistente surplus determinato dagli investimenti diretti e di portafoglio.
Il Cile tra le varie economie dell’America Latina é la più apprezzata dalle agenzie di rating (il debito sovrano cileno ha una valutazione AA- per S&P, A+ per Fitch e Aa3 per Moody’s). Tale rating è giustificato dalla solidità del quadro politico-istituzionale, dal contenuto debito pubblico e dall’efficace gestione della politica economica.

I principali fattori di rischio sono legati all’eccessiva dipendenza della dinamica del Pil al bilancio dello stato e dai saldi con l’estero del settore primario (agro-ittico e minerario) e alla vulnerabilità del bilancio energetico nazionale. L’energia prodotta nel Paese e tanta ma, poiché prodotta da impianti idroelettrici, risente molto delle condizioni climatiche. 

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