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Caviale, dai monaci russi al boom dell’Italia

Un’azienda bresciana, Agroittica Lombarda, produce il 30 per cento del caviale pregiato mondiale con ill marchio Calvisius e lo esporta in Russia. Il caviale apprezzato in Italia fin dal ‘500. E Leonardo lo regalò a Beatrice d’Este. La ricetta di Gualtiero Marchesi.

Caviale, dai monaci russi al boom dell’Italia

E’ conosciuto come l’oro nero russo, non parliamo del petrolio, ma di qualcosa molto più gustoso per il nostro palato: il caviale, icona del lusso gastronomico, appetito in tutto il mondo per la sua lussureggiante prelibatezza ma anche per i suoi decantati poteri afrodisiaci, protagonista di romanzi e pellicole cinematografiche, (“io mi annoio senza uomini intelligenti, senza la musica che amo e senza donne, che non esistono qui a Jalta – scriveva Anton Cechov a Maksim Gorkij, il 15 febbraio del 1900 – Io mi annoio senza caviale e senza choucroute») base fondamentale per trattamenti di bellezza della pelle nei più prestigiosi centri estetici mondiali. Basta solo evocarlo e già ci sentiamo trasportati in un mondo per privilegiati escluso ai più. E certo, che la sua qualità più pregiata, l’Almas Caviar, è veramente un lusso che pochi possono permettersi: ha un costo di 300 mila dollari al chilo, lo si può trovare alla Casa del Caviale di Londra, che lo vede in un piccolo contenitore placcato oro 24 carati, alla modica cifra di 24.000 euro. Eppure un tempo, in Russia, era considerato un cibo abbastanza alla portata di tutti, ne mangiavano anche le classi del ceto medio.

La sua nascita si deve ai monaci del monastero Kirillo-Belozerskij, fondato alla fine del XIV secolo sulla riva del lago Siverskoe. Lo zar Alessio Michajlovich concesse molti benefici al monastero per trasformarlo in un baluardo inespugnabile a difesa dei vitali interessi di Mosca al nord minacciata dalle mire espansionistiche della Svezia. Fra questi la concessione del lago. E i monaci realizzarono qui il primo stabilimento ittico russo che si specializzò nel commercio di caviale, pesce bianco, salmone, storioni russi, beluga e sevruga e altri tipi di pesci. Ben presto il commercio di storione coinvolse quattro laghi.
Secondo documenti del XVII° secocolo un altro monastero quello della Trinità di San Sergio a Sergiev Posad, una settantina di chilometri a nord di Mosca, commerciava 6mila storioni russi e sevruga, 300 storioni beluga, 10 tonnellate di caviale nero, 15 botti di storione russo, 500 schiene di storione russo e 200 ventri di storione beluga.
Il commercio divenne fiorente. Ma con la Guerra del Nord tra la Russia e la Svezia (1700-1721) lo zar Pietro il Grande per impinguare le risorse dello stato impose il monopolio sulla pesca e sul commercio dei prodotti ittici. In breve l’80% del caviale nero venne destinato all’esportazione e il ricavato fu destinato al finanziamento della flotta navale russa. Bisognò aspettare il regno di Elizaveta Petrovna, figlia di Pietro il Grande, per la fine del monopolio che consegnò la produzione del Volga e della regione di Astrakhan in mano ai privati. La fama del caviale aveva acquistato nel frattempo dimensioni mondiali. Ci fu uno sfruttamento talmente intensivo che si arrivò quasi all’estinzione degli storioni dai mari russi. Fu decisivo introdurre moratorie per salvaguardare la specie. Attualmente il caviale nero, estratto in natura, e non proveniente da allevamenti, è del tutto assente dal mercato.

Se non è più oro nero per la Russia, il Caviale è diventato nel frattempo però oro puro per l’Italia. Perché forse non tutti sanno che l’Italia è diventata la prima produttrice di caviale pregiato al mondo grazie all’intuizione di Giovanni Tolettini imprenditore dell’acciaio bresciano e di Gino Ravagnan, un imprenditore che aveva una fabbrica per la realizzazione di impianti per il trattamento acque, impianti di osmosi inversa e impianti per la produzione di ossigeno ma che era anche grande esperto di piscicoltura al punto che la Fao gli aveva dato incarico di elaborare un documento sui nuovi criteri di piscicoltura e di mettere a punto un programma per aumentare la produttività nelle acque lagunari.
L’idea vincente fu di sfruttare le acque riscaldate dagli impianti dell’acciaieria Feralpi, provenienti da una fonte sorgiva purissima che scaturiva dai terreni dell’azienda a Calvisano in provincia di Brescia e di convogliarle in grandi vasche ottenendo così un habitat ottimale per alcune specie ittiche pregiate, tra le quali lo Storione Bianco del Pacifico. Questo avveniva negli anni ’70: nasceva l’Agroittica Lombarda oggi conosciutissimo marchio Made in Italy al quale si ricolgono i santuari enogastronomici mondiali in quanto è il maggior produttore di Caviale pregiato al mondo, il Calvisius, ma è anche uno dei più grandi produttori di carni di storione bianco.

Lo storione in Italia, una novità? Neanche per sogno perché gli storioni da noi hanno sempre nuotato fin dall’antichità nelle acque dell’Adriatico risalendo poi il corso dei fiumi, il Po innanzi tutto ma anche dell’Adda, del Ticino, dell’Adige per la deposizione delle uova. Qualcuno azzarda anche nel dire che il caviale sia nato prima in Italia che in Russia. Certo è che nel trattato di cucina De honesta voluptate et valetudine, opera di Bartolomeo Sacchi detto il Platina umanista e gastronomo (1474 circa) già se ne parla. Una leggenda tira addirittura in ballo Leonardo Da Vinci che nel 1491 avrebbe avuto l’idea di fare omaggio di quelle preziosissime uova a Beatrice D’Este. E a Ferrara, un secolo dopo, Cristoforo di Messisbugo autore di un “Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivanda” (1557) riportava la ricetta del “caviaro per mangiare, fresco, o per salvare” ma anche da consumare cotto. Insomma sulle tavole delle corti rinascimentali italiane il Caviale aveva un posto d’onore.
Ma così come accaduto in Russia, anche da noi la pesca indiscriminata, gli sbarramenti fluviali l’inquinamento hanno portato alla completa estinzione nel nostro Paese di questo animale. Che invece rivive negli allevamenti di Agroittica Lombarda che oggi è arrivata a coprire quasi il 30% della richiesta mondiale di Caviale con un fatturato, nel 2017, di oltre 22 milioni e mezzo di euro

Le “dimensioni industriali” dell’azienda agoittica sono impressionanti. Le vasche di allevamento si estendono su una superficie equivalente a sessanta volte lo stadio di San Siro, e i pesci producono ogni anno 28 tonnellate di preziosissime uova in un ambiente in cui le acque sono purissime. L’acqua di sorgente è monitorata due volte al giorno per verificarne l’assoluta purezza e compatibilità con le necessità degli Storioni. L’approccio produttivo non solo tiene conto delle esigenze alimentari degli storioni, ma anche di quelle etologiche. La falda acquifera scorre dalle montagne attraverso strati di ghiaia, lo stesso substrato naturale sul quale gli storioni da sempre preferiscono alimentarsi e riprodursi. Anche i bacini di allevamento sono costituiti da ghiaia naturale sulla quale prende forma un ecosistema complesso che sostiene piccoli animali i quali rappresentano il cibo naturale degli storioni, integrando così la loro alimentazione e incrementando la sostenibilità dell’allevamento.
L’azienda ha inoltre adottato sistemi rigorosamente scientifici nei processi di produzione: prima dell’estrazione del caviale (intorno al dodicesimo anno di età) viene effettuata un’ecografia dello storione per verificare che le uova siano all’esatto punto di maturazione. Questo non può avvenire ovviamente con la pesca in mare, dove i pesci vengono presi senza poter controllare lo stato di maturazione delle uova. E per quanto riguarda le condizioni igieniche vale la pena di ricordare che il caviale viene estratto in “sale operatorie” a filtraggio di aria in sovrapressione, completamente sterili e a temperatura controllata; con questo sistema il caviale non viene contaminato da alcun agente esterno.
Per queste ragioni l’azienda è stata insignita del riconoscimento Friend of the Sea, perché con la sua tecnica di acquacoltura sostenibile permette la nascita di storioni in cattività e contribuisce a salvaguardare la specie, rispettando così la Convenzione di Washington (Cites). In questo contesto rientra anche l’impegno di Agroittica lombarda nel ripopolamento di storioni nelle acque del PO.

Il caviale così ottenuto ha un pregio rispetto a quello tradizionalmente pescato in mare è meno salato perché lavorato a fresco e quindi non necessita di eccessive salature ( non più del 3 per cento), non viene sottoposto a sbalzi termici che possono incidere sul gusto e sull’aroma viene lavorato, spedito e consumato così com’è senza essere sottoposto a processi di pastorizzazione che scaldando induriscono le uova.
Nessuna meraviglia dunque se oggi ai primi posti fra i paesi importatori di caviale italiano Calvisius figuri al primo posto la Russia, l’ex patria dell’oro nero, seguita da Francia, USA, Regno Unito e Giappone
L’azienda è il principale fornitore di caviale per la first class delle più importanti compagnie aeree.
La produzione di Caviale Calvisius si articola su cinque prodotti: Calvisius, Tradition, Prestige, Royal, Elite.
Fra i top Il Tradition si ottiene dallo storione bianco, specie originaria delle coste Nord Americane dell’oceano Pacifico. È tra gli storioni più longevi, in grado di arrivare a raggiungere i cento anni di età, 800 kg di peso e 6 m di lunghezza. Di gusto particolarmente delicato ed elegante con note burrose e aromi vicini al mondo della pasticceria. Occorrono minimo 12 anni di attesa per ottenere questo caviale.
ll Calvisius Siberian si ottiene dallo storione Siberiano. Questo pesce produce un caviale di media dimensione (2.2-2.7 mm), necessita minimo di 7 anni per arrivare alla produzione del caviale ed è considerato una tra le specie più precoci. Il caviale che se ne ricava ha particolari note aromatiche di frutta secca ed il gusto leggermente iodato.
Il Beluga è il caviale di grandi dimensioni: le sue uova, infatti, arrivano facilmente a superare i 3 millimetri di diametro. Estratto dallo storione Huso huso, presenta una texture lucida e brillante con una colorazione che va dal grigio perla al grigio scuro, con la caratteristica occhiatura. Le uova hanno un gusto cremoso, piacevolmente grasso, con ricercate note di mare sul finale. Per ottenere questo caviale occorrono circa 20 anni, ma l’attesa viene ampiamente ripagata da una specialità raffinata e di grande eleganza.

Infine l’azienda produce anche il “Lingotto” nato per superare il limite termico del caviale, normalmente destinato a piatti freddi, consentendo agli chef l’utilizzo del caviale anche in preparazioni calde. Costituito da caviale puro al 100% in grani integri, viene disidratato attraverso un’innovativa tecnica. Il lungo riposo in appositi stampi e in particolari condizioni, concentra il gusto e soprattutto il profumo. È pronto per essere tagliato a lamelle sottili per evidenziare la splendida filigrana di grani integri o grattugiato direttamente sulla pietanza per conferirle prestigio e raffinatezza (in confezioni da 70 gr).
Ordunque, se al termine della lettura di queste note può venire voglia a qualcuno di prepararsi una ricetta a base di Caviale, First&Food ve la suggerisce di seguito:
Cuocere uno spaghetto bianco al dente, raffreddarlo a temperatura ambiente quasi tendente al freddo quindi dopo una leggera mantecatura con il burro deporvi sopra, dopo averlo preso dal frigo freddo – come il caviale va sempre mangiato – un bella cucchiaiata di 15 venti grammi di caviale. Si aggiunge e una spruzzatina di erba cipollina e due gocce di limone. Et voilà, il piatto è servito! Un piatto minimale ma allo stesso tempo eccellente sia per il sapore, sia per valori cromatici perché ha il colore della pasta, il verde dell’erba cipollina e il nero o lo sfumato ambrato a seconda del tipo di caviale che si utilizza. E una esplosione di gusto in bocca incredibile.
A proposito, lo faceva così ancheGualtiero Marchesi.

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