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Turchia tra attentati e processi: “Noi fuori dall’Ue? Il danno è per l’Europa”

SEMINARIO IAI – Volkan Bozkir, ministro turco per gli affari europei, conferma la disponibilità di Ankara a trattare su vari fronti per entrare nell’Ue, ma avverte: “Non avremmo problemi a restare fuori” – Intanto, a Istanbul si registra un attentato contro una rivista islamica – Due vignettisti condannati a 14 mesi di carcere per aver offeso Erdogan.

Turchia tra attentati e processi: “Noi fuori dall’Ue? Il danno è per l’Europa”

“Se oggi la Turchia entrasse nell’Unione europea avrebbe un’economia migliore rispetto a quella di 22 degli attuali 28 Paesi membri”. Parola di Volkan Bozkir, ministro turco per gli affari europei e capo negoziatore per l’ingresso di Ankara nell’Ue. 

“Siamo pronti ad aprire domani le trattative sui capitoli 23 e 24 (relativi a sistema giudiziario, diritti fondamentali, libertà e sicurezza, ndr): se ancora non sono aperti è perché l’Europa non ha voluto”, ha aggiunto Bozkir, intervenuto oggi a Roma per un seminario organizzato dall’Istituto Affari Internazionali.

Il ministro conferma la stessa disponibilità anche per quanto riguarda il capitolo 15, che riguarda l’energia, materia su cui “abbiamo già dimostrato la nostra credibilità come partner”. Quanto al Tap, il gasdotto trans-adriatico che dovrebbe portare il gas azero in Puglia passando proprio dalla Turchia, Bozkir conferma che anche per Ankara si tratta di un progetto d’importanza strategica.

Quanto al nuovo progetto di gasdotto Turkish Stream, che il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato durante una visita in Turchia, seppellendo per sempre il South Stream, Bozkir non accetta la lettura di un patto anti-Ue. “La Turchia ha bisogno e avrà ancora più bisogno di energia. Se la Russia vuole darci il gas, lo prendiamo. Poi il resto è affare dell’Europa”. D’altronde, assicura, l’idea è tutta russa: “Finché Putin non l’ha annunciato in conferenza stampa il primo dicembre 2014, noi non ne sapevamo nulla”. 

In termini generali, secondo il ministro, “negli ultimi anni la Turchia è diventata un Paese economicamente forte (con un Pil pari a circa 20 miliardi di dollari e un export da circa 7 miliardi) e ha varato molte riforme politiche, trasformandosi in una società democratica”, al punto da poter affermare di essere “l’unico Paese al 99% musulmano governato democraticamente e aperto al libero mercato”.

Sul fronte della libertà d’espressione, tuttavia, è notizia di oggi che due vignettisti della rivista satirica “Penuen” sono stati condannati a 14 mesi di carcere per avere “offeso” il presidente islamico turco Recep Tayyip Erdogan, pena poi tramutata per buona condotta in una multa da circa 2.800 euro. 

Secondo una denuncia dell’opposizione ad Erdogan documentata anche dal New York Times, inoltre, la censura presidenziale si abbatte con sempre maggiore severità sui siti atei o considerati blasfemi, come quello di Charlie Hebdo, che è stato oscurato, mentre continuano a essere visibili nel Paese le pagine web che predicano la Jihad e sostengono l’Isis.

Erdogan è stato più volte accusato di avere aiutato in Siria i gruppi armati di Isis e Al Qaida nell’intento di sostituire il regime di Bashar al Assad con un governo sunnita dei Fratelli Musulmani, ma nelle ultime settimane, sotto pressione Usa, Ankara ha annunciato controlli più severi ai confini con la Siria e negli aeroporti.

A conferma della tensione che si respira nel Paese, questa notte a Istanbul una bomba è esplosa davanti agli uffici della rivista islamica “Adimlar”, uccidendo una persona e ferendone tre. L’attentato arriva a 2 mesi e mezzo dalle elezioni politiche turche, in calendario per il 7 giugno.

Rimane poi ancora aperta la questione relativa a Cipro, isola divisa in due: la Repubblica greco-cipriota, riconosciuta a livello internazionale e membro dell’Eurozona, e l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Nord, riconosciuta solamente dalla Turchia. Ankara, secondo Bozkir, “vuole risolvere la situazione il prima possibile”, ma la partita è ormai aperta da oltre 50 anni. 

Nel quadro politico interno ed estero della Turchia, perciò, non mancano i fattori che ostacolano l’adesione del Paese all’Ue. La trattativa è iniziata nel 1959, quando il Paese fece domanda di associazione alla Comunità economica europea, e non sembra destinata a chiudersi presto. “Se, alla fine, la risposta sarà no – ha concluso il ministro – il danno maggiore sarà per l’Europa, non per la Turchia. Noi non abbiamo alternative, ma non ne abbiamo bisogno. Il nostro problema è riuscire a entrare in Europa, ma questo non vuol dire che avremmo problemi a rimanere fuori”. 

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