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Tiramisù World Cup: 100 assaggiatori per 200 dolci da tutto il mondo

Si avvicina la competizione più golosa dell’anno. Tre giorni dedicati al re dei dolci: il tiramisù. Dal 30 ottobre fino all’1 novembre, a Treviso, una giuria popolare e un team di esperti decreteranno il miglior tiramisù del mondo. Una sfida a colpi di savoiardi e mascarpone che vedrà alla fine 2 vincitori: la versione classica e quella creativa.

Tiramisù World Cup: 100 assaggiatori per 200 dolci da tutto il mondo

La quarta edizione del Tiramisù World Cup 2020 è pronta per iniziare. La competizione annuale, ideata da Francesco Redi Ceo e founder del progetto, si svolgerà a Treviso dal 30 ottobre all’1 novembre 2020 nella suggestiva Piazza dei Signori, il tutto nel pieno rispetto delle norme anti-Covid. A competere saranno 200 pasticceri non-professionisti italiani e stranieri, che si sfideranno nella preparazione di uno dei dolci più amati di sempre.

Un’occasione imperdibile per gli amanti del dolce a base di caffè e mascarpone, ma non per i deboli di stomaco visto che i fortunati 100 selezionati dovranno assaggiare 200 tiramisù, di ogni tipo, e valutare ogni preparazione: dall’esecuzione tecnica alla presentazione estetica, fino all’ intensità gustativa e all’equilibrio dei sapori. Ma sarà un team di esperti a decretare alla fine il vincitore. La consegna delle ricette, in busta chiusa, avverrà al termine della gara, prevista per domenica 1° novembre alle ore 19.00 nell’ufficio di Piazza Sant’Andrea. 

Come candidarsi? Per prima cosa bisogna seguire l’account Instagram della manifestazione e commentare il post relativo al reclutamento dei giudici, motivando il perchè si desidera aggiudicarsi tale posizione. Dopodiché, si riceverà in Direct un link per compilare un questionario di 15 domande. Solo i candidati che otterranno il punteggio più alto riusciranno ad aggiudicarsi uno dei cucchiai più ambiti. Chiunque può iscriversi, purché maggiorenne.

Quest’anno, però, la difficoltà aumenta: i risultati saranno giudicati dalla Tiramisù Academy, associazione nata proprio con lo scopo di “divulgare in tutto il mondo il tiramisù e i valori culturali italiani”.

Inoltre, le 15 domande si baseranno sulla conoscenza della ricetta ma anche sul regolamento della competizione, nonché su possibili varianti che potrebbero essere proposte durante la competizione. Tanto che sono previste due categorie: una riservata al dolce tradizionale (savoiardi, mascarpone, uova, zucchero, caffè e cacao) e una a quelli più creativi (si possono aggiungere fino a 3 prodotti e sostituire il biscotto). Le ricette vincitrici saranno custodite nel caveau della Consultinvest di Piazza Sant’Andrea.

Tante sono le novità di quest’anno: i vincitori parteciperanno ad una tournée in una capitale europea, insieme ad una serie di esperienze online come star del web. Inoltre è prevista anche la TWC Experience: lezioni online con i campioni della competizione per imparare i segreti del tiramisù più buono al mondo. Al momento è disponibile in Italia, Usa, Canada, Argentina, Brasile, Gran Bretagna, Europa e successivamente anche in Asia.

Protagonista indiscusso della quarantena, il tiramisù è stato il dolce più preparato negli ultimi mesi, tanto che mascarpone e savoiardi erano diventati introvabili. Ma come è nato? Sebbene le sue origini siano poco chiare, perché contese tra diverse regioni (le più agguerrite sono Veneto e Friuli Venezia Giulia), dal 2017 il tiramisù è stato inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) del Friuli Venezia Giulia.

Nell’ultimo libro di Clara e Gigi Padovani, “Tiramisù. Storia, curiosità, interpretazioni del dolce italiano più amato”, vengono riconosciute 4 ricette originali: Mario Cosolo, vice cuoco friulano della Regia Marina, che nel lontano maggio del 1938 a Pieris (Gorizia), preparò per il Re d’Italia Vittorio Emanuele un dolce noto come la “Coppa Vetturino”, poi chiamato “Tirime Su”; il pasticciere Roberto Linguanotto che nel ristorante “Alle Beccherie” di Treviso, preparò nel 1970 il “Tiramesù dolce Gioioso et Amoroso”; Norma Pielli, che negli anni ’50 nell’Albergo Roma a Tolmezzo (Udine) preparò il suo “Dolce Tirami Su”. Infine Speranza Bon che nel ristorante “Al Caminasse” di Treviso, creò una crema intensamente gialla (ben 9 tuorli d’uovo) per la sua “Coppa Imperiale”.

Tiramisù
Pixabay

Infine c’è una versione storica licenziosa, secondo cui il tiramisù sarebbe nato nel 1947, in un bordello secondo quanto si legge in un libro scritto dal pasticcere Loris Casellato, scomparso nel 2005, e dalla moglie Marisa. Lo riporta Andrea Passerini su La Tribuna: «siamo nel ’47, a Treviso […] Alla sera frequentiamo, anche per la compagnia, una famosa casa di piacere molto chic, dove la sera cucina, per le gentili ospiti, un nostro pasticcere, part-time, Danilo el rosso (perché rosso di capelli). Luglio è periodo di esami, ed eravamo tutti ragazzi di scuola dovevamo dare gli esami di fine corso: la maitresse viene in sala, ci guarda e dice “a letto ragazzi che siete molto giù di corda”».

«A quel punto – prosegue il racconto – Danilo esce dalla cucina, e dice “speté un atimo, fasso mi un dolse speciae”. E va in cucina, lavora con uova, zucchero, mascarpone, savoiardi e una bottiglia di marsala all’uovo della Ricci di Padova. Danilo prende un piatto ovale, vi distende uno strato di savoiardi li bagna con la marsala cui ha aggiunto caffè fragrante e forte, e stende sopra un bello strato d’uovo battuto con aggiunto tanto mascarpone. Continua così per ben tre strati e sta per darcelo… ma a quel punto, c’è nella compagnia un giovane capitano dell’aviazione americana, Weinstock, ebreo di Manhattan. Tira fuori dalla borsa di sacco militare, quella che sarebbe diventata famosa ai tempi degli eskimo, ne estrae un barattolo con scritto sopra “New York cocoa” (cacao), prende una forchetta, lo buca e dice “mettiamoci sopra anche questo”. E lì, appoggiato alla porta della sala di accoglienza, con l’inseparabile Gauloise accesa, annuncia seriamente: “o ciamaremo tiramesù“».

A prescindere dall’origine, il tiramisù rimane uno dei caposaldi della pasticceria italiana, preparato indistintamente da Nord a Sud e conosciuto in tutto il mondo: da Pechino a New York, fino a Sydney. Anche se non vanta di un passato antico come per tanti altri prodotti italiani, rimane una bandiera del nostro Paese. Tanto da dedicargli una giornata celebrativa: il 21 marzo si festeggia il “Tiramisù Day”, evento creato da Clara e Gigi Padovani, con il sostegno di Eataly.

Tra le tante curiosità che riguardano il Tiramisù c’è da citare che  l’Accademia Italiana della Crusca ha certificato che è ormai presente come “italianismo gastronomico” in ben 23 lingue diverse. E in Cina è la parola italiana più cliccata sul web. Non è solo famoso nei cinque continenti ma anche nello spazio. L’astronauta italiano Luca Parmitano che nel 2013 partecipò alla missione nella navicella russa Sojuz TMA-09M dell’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea potè gustare in orbita un eccellente tiramisù disidratato preparato per lui da Davide Scabin, del ristorante Combal.Zero.

Clara e Gigi Padovani hanno raccolto moltissime testimonianze della notorietà del Tiramisù nel mondo.

Nel cinema per esempio: fu un film americano del 1993 a far conoscere il tiramisù negli Usa “Sleepless in Seattle” con Tom Hanks e Meg Ryan. Un amico di Hanks, nella pellicola vedovo inconsolabile, gli dice una parola magica in italiano: “tiramisù”, per consigliarlo a rifarsi una vita. Ci sono molte pellicole che hanno usato il tiramisù come richiamo, sia soltanto in una scena sia persino nel titolo. L’ultimo film è italiano, si intitola “Tiramisù”, per la regia di Fabio De Luigi: una commediola leggera, metafora di un Paese che indulge alla piccola corruzione familiare. Poi esiste una versione cinese, del regista Dante Lam, del 2002, che probabilmente ha contribuito alla notorietà del dolce tra i giovani (è una vicenda d’amore) e infine c’è l’opera della regista olandese Paula van de Oest: anche in questo caso è una storia romantica.

Ma anche in letteratura. Giornalisti, editorialisti, scrittori hanno usato il tiramisù come metafora o richiamo amoroso. Chiara Gamberale, nel suo “Per dieci minuti”, Enrica Tesio in “La verità, vi spiego, dell’amore”, e Marco Malvaldi in “Odore di chiuso” (con licenza poetica sulla datazione del dolce). Ma ci sono anche due autrici inglesi che vanno matte per il nostro dolce al cucchiaio: Carole Matthews e Helen Fielding.

Infine Chiara e Gigi Padovani hanno scoperto che nel mondo esistono decine, forse centinaia di locali o di ristoranti che portano la parola magica nell’insegna. Come negli Stati Uniti: a San Francisco, a Miami Beach (si chiama “Tiramesu”, fu creato da trevigiani), a Washington D.C., a New York City. Ma anche in Oriente, a Dubai, in Pakistan, in Vietnam. E naturalmente in Europa, dalla Francia alla Germania all’Italia.

Miami Ristorante Tiramesu

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