Condividi

Suez, allarme Confitarma e Assoutenti: gli italiani pagano la crisi. Rotte a rischio, benzina e gas all’insù

Due organizzazioni Confitarma e Assoutenti lanciano l’allarme sui rincari finali per i consumatori. Il Canale di Suez resta strategico per greggio e gas

Suez, allarme Confitarma e Assoutenti: gli italiani pagano la crisi. Rotte a rischio, benzina e gas all’insù

È un’escalation non solo militare quella in corso nel canale di Suez. Come sempre, quando le vie del commercio internazionale sono teatro di tensioni, a pagare alla fine sono i consumatori. Per il petrolio che transita da quelle parti, gli italiani potrebbero sopportare un rincaro del prezzo della benzina del 10% con un l’aggravio di oltre 200 euro in un anno. La stessa stangata può verificarsi per il gas. Le navi percorrono rotte strategiche per gli approvvigionamenti soprattutto dopo la crisi russo-ucraina.Tutto diventa più costoso.

I calcoli dei rincari sono stati fatti da Assoutenti che ieri ha denunciato che le tensioni provocate dagli attacchi degli Houti con la risposta inglese e americana “rischiano di determinare a breve un incremento dei prezzi di benzina e gasolio alla pompa: un aumento ipotetico del 10% dei listini al pubblico praticati dai distributori”. La situazione nella zona resta tesa e alle incursioni angloamericane i comandanti Houti hanno risposto con durezza. Le previsioni di rincari per i prossimi mesi si ribaltano su una larga gamma di prodotti destinati ai paesi europei. Quelli energetici sono i più esposti con effetti inflattivi nei paesi più deboli.

Le rotte “obbligate” degli armatori

“Le quotazioni del petrolio sono immediatamente salite come conseguenza dell’escalation militare in Medio Oriente, mentre le petroliere cambiano rotta e registrano forti ritardi nelle consegne”, ha detto ieri sera Gabriele Melluso, presidente di Assoutenti.  Il prezzo del gas è già balzato a 32 euro al MW e all’orizzonte non c’è nulla di buono. Assistiamo a un colpo alla catena produttiva europea con l’Italia paese assai fragile per le necessità sia della grande che della piccola industria. Le centrali elettriche alimentate con fonti fossili hanno bisogno delle forniture mentre il gas che arriva via mare è utile anche per gli stoccaggi.

Le navi che arrivano nei porti italiani gestiscono il 40% dell’import-export marittimo per un totale di 154 miliardi di euro. I cambi di rotta delle ultime ore sono, dunque, una realtà estremamente negativa. A questo proposito fa fede anche la voce degli armatori tra i più interessati alla geopolitica in MedioOriente.

Non dimentichiamoci” – ha spiegato Cesare D’Amico vicepresidente di Confitarma al Sole 24 Ore – che altri due fattori hanno reso questa rotta ancora più importante e delicata in questo momento. Primo, l’embargo sull’importazione di prodotti raffinati dalla Russia. Prima circa un 30% del traffico di raffinati veniva dal nord della Russia e arrivava direttamente in Nord Europa. Secondo, la riduzione del pescaggio nel Canale di Panama, a causa della siccità, che consente transiti inferiori e che obbliga molte navi a cambiare rotta. Alcune di queste si sono indirizzate proprio verso Suez”. Chi l’avrebbe detto che i cambiamenti climatici in Sud America avrebbero trovato una connessione con i fermenti politici in Medio Oriente.

Gli Houthi e l’energia

Di Suez non si riesce a farne a meno e laddove non c’è la circumnavigazione, l’aumento dei costi per gli armatori riguarda le assicurazioni. Cambiano continuamente incrementando i costi di trasporto legati al rischio degli assalti. Insomma, se non è ancora crisi energetica ci manca poco e i consumatori se ne accorgono. D’altra parte non bisogna sottovalutare i terroristi dello Yemen. Conoscono bene il valore commerciale dei traffici lungo la loro sponda e sono passati dagli attacchi con piccoli barchini a incursioni più militarizzate.

I container a bordo delle navi contengono di tutto, ma le petroliere con l’oro nero hanno effetti più immediati sulle popolazioni. Il core business politico globale è in qui carghi e gli attacchi rientrano in una strategia ben studiata, anche indipendente da quello che succede nella striscia di Gaza. È dal 2007 che si verificano attacchi di pirateria via via sempre più politicizzati in ragione dei fabbisogni occidentali e quelli energetici hanno accresciuto il loro peso.

Quando e come finirà è azzardato dire. Il senso della battaglia nel canale di Suez colpisce al cuore un sistema che senza gas e petrolio non regge. La vulnerabilità della convivenza è elevata con scenari che cambiano da un giorno all’altro lasciando alle iniziative singole o duali (Gran Bretagna-Usa) il respingimento di attacchi ai bisogni di milioni di persone. Che si muovono, si riscaldano, cucinano come quarant’anni fa. Di transizione energetica, sole, vento e altro, manco a parlarne.

Commenta