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Snam crolla in Borsa: l’Autorità riduce i ricavi 2016

L’Authority ha rivisto la remunerazione del capitale investito nell’attività di stoccaggio della società energetica, che incide per il 15% sull’Ebit – Gli analisti prevedono un forte taglio dei ricavi e bocciano il titolo – Tra i titoli energetici quotati cade anche Terna.

Snam sprofonda in Borsa (-12,02% alle 12,07) e Terna la insegue (-6,32% alla stessa ora). A cosa è dovuto il terremoto? A preoccupare gli analisti non è tanto il fatto che la società guidata da Carlo Malacarne abbia registrato nei primi nove mesi una diminuzione del 6,2% del gas trasportato che è poi il corebusiness di Snam. Il calo a 47 miliardi di metri cubi nei primi 9 mesi lascia ipotizzare un risultato ennuale intorno a 65 miliardi di metri cubi, ben lontano dagli 80 miliardi pre-crisi. Evidentemente la stretta sui consumi era stato già messo in conto e, soprattutto, la società ha comunque garantito un Ebit di 1,5 miliardi (+0,8%) e un utile netto di 863 milioni (+28%). Lo stesso Malacarne aveva sottolineato, venerdì scorso, la performance “nonostante il perdurare della congiuntura economica sfavorevole e le minori quantità di gas immesse in rete. Proseguiamo ad investire con l’obiettivo di potenziare le infrastrutture gas italiane e promuovere una sempre maggiore integrazione delle reti europee”.

A scatenare le vendite è stata invece la decisione dell’Autorità dell’energia di rivedere la remunerazione dell’attività di stoccaggio (incide per il 15% sull’Ebit di Snam) a partire dal prossimo anno termico e cioè dopo il marzo 2015. L’Autorità ha fissato la remunerazione del capitale investito (il Wacc, sulla base del quale si calcola la redditività delle aziende sottoposte a business regolati) al 6% per il futuro anno termico contro l’attuale 6,7% che sarà comunque garantito, come si è detto, fino al 15 marzo. Non solo, ma l’Autorità ha previsto la revisione del Wacc con aggiornamento in “riferimento al valore del tasso risk-free.

Tale revisione – precisa una nota dell’Authority – verrà effettuata nell’anno 2015, a valere sulla determinazione dei ricavi per l’anno 2016, per favorirne l’allineamento con l’analogo parametro 2016 che verrà fissato per gli altri servizi regolati (sia nel settore elettrico che gas)”. Quindi la revisione del regolatore è in realtà più ampia di quel che oggi appare e interesserà anche il trasporto del gas e dell’elettricità e parte dal presupposto che le società attualmente stanno facendo margini significativi sulle attività regolate (+10% dell’utile operativo a quota 263 milioni nei 9 mesi, per lo stoccaggio gas di Snam). Così si spiega l’impatto sulle azioni di Terna.

Per uscire dal linguaggio tecnico-burocratico, secondo l’analisi di alcuni borker riportata da Reuters, il regolatore “ha stabilito che il parametro di remunerazione resterà fisso per tre anni dopo un primo anno di variabilità e vuole fare leva sugli attuali rendimenti bassi dell’obbligazionario quanto prima e quanto più a lungo possibile”, legando la remunerazione al tasso del benchmark decennale. La sorpresa negativa, secondo le stesse fonti, è rappresentata dall’assenza di aggiustamenti periodici legati all’inflazione assunta. In pratica, supponendo che il rendimento del benchmark decennale italiano rimanga sui livelli attuali (2,35%), dal 2016 al 2018 la remunerazione dello stoccaggio scenderebbe al 4,6% dal 6% reale, al lordo delle imposte, del prossimo anno.

In un report dedicato alle utilities italiane, Crédit Suisse allarga il discorso e sostiene che la decisione sulle tariffedi stoccaggio del gas avrà un impatto negativo per tutto il comparto. Per Snam, intanto, si traduce in rischi di taglio “significativo” dei ricavi a partire dal 2016. Crédit Suisse sottolinea che “l’assunto utilizzato dal regolatore (un’inflazione all’1,5%) è in linea con l’obiettivo di medio termine del governo, ma significativamente superiore ai livelli attuali”.

In una nota di Mediobanca viene posto l’accento sul fatto che la remunerazione fissa del 6% è garantita solo per un anno, il 2015, e che l’assunzione di un’inflazione dell’1,5% “non sembra riconoscere il legame ovvio fra bassi tassi d’interesse e bassa inflazione”.

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