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Scontro aperto tra Hillary Clinton e Obama sulla Siria con un occhio alle presidenziali Usa del 2016

Tra Obama e Hillary Clinton non è mai stato amore a prima vista ma ora siamo allo scontro aperto – Hillary, che votò per l’invasione dell’Iraq, critica Barack per la sua irresolutezza sulla Siria e su chi aiutare contro Assad: “Le grandi nazioni hanno bisogno di grandi idee e non fare cose stupide non è un’idea ispriratrice” – Occhio alle presidenziali 2016

Scontro aperto tra Hillary Clinton e Obama sulla Siria con un occhio alle presidenziali Usa del 2016

Tra Barack Obama e Hillary Clinton non è mai stato amore a prima vista. Nel 2007 e 2008 il senatore di colore dell’Illinois ha battuto Hillary per la nomination convincendo i democratici che lui era di sinistra e anti Wall Street, a differenza di Hillary, e di suo marito. Hope and Change, basta repubblicani ma anche basta Clinton. La Clinton poi aveva votato come senatore per l’invasione dell’Iraq nell’ottobre 2002. Lui no (non era ancora al Senato). E alla fine i democratici scelsero Obama e gli americani lo elessero nel 2008 e rielessero nel 2012, anche se si portava a Washington la squadra filo Wall Street dei Clinton.

Adesso la Clinton rende la pariglia e dice che la politica estera di Barack Obama in genere, e quella verso la Siria in particolare, si riduce a uno slogan senza organizing principle. Obama manda a dire (incontro-scontro privato sul Medio Oriente con deputati e senatori durante lo scorso fine settimana) che questa è horseshit, letteralmente sterco di cavallo, espressione che risale secondo il Merriam-Webster al 1923, considerata volgare e non in uso in ambienti professionali e bene educati, che si potrebbe tradurre in un italiano altrettanto raffinato con “cazzate” e che implica per chi le dice, cioè l’horseshitter, il concetto di…”cazzone”. Questo lo scambio di cortesie tra il Presidente e la signora che, per quattro anni, da inizio 2009 a inizio 2013, è stata il suo Segretario di Stato. Avrà anche protestato, come ora dice, ma non si è mai in polemica dimessa.

Da un lato c’è la politica di Obama in Medio Oriente, velleitaria e distratta – al presidente interessa un solo settore, l’Asia, il resto è politica interna – e che è considerata da tutti ormai un fallimento. Ha teso la mano alla “primavera araba”, ha abbandonato alleati come Mubarak, la primavera araba è svanita come nebbia al sole e sono spuntati i barbuti della jihad. Lasciamo stare il disastro libico, colpa anche sua ma soprattutto di Nicholas Sarkozy: giusto scaricare Gheddafi, ma se c’era un sostituto migliore, non il solo caos. In Siria Obama ha minacciato duramente Assad per i suoi massacri ma senza armare la parte “moderata” dei ribelli e senza mai colpire, limitandosi a forti aiuti umanitari ai profughi. Impossibile armare l’opposizione moderata, troppo inefficace, dice ora Obama in varie interviste. Ma l’ex ambasciatore a Damasco Robert S. Ford, un veterano con 30 anni di Africa e Medio Oriente, dimessosi per polemica nel febbraio 2014, dice che non è vero, si poteva fare sostiene molto di più. Lo stesso Pentagono ha ribadito due giorni fa con un suo autorevole portavoce, parlando non solo di Siria ma anche di Iraq, che i militari sono stati “molto chiari e coerenti” nel denunciare il rischio estremista nella regione. Il che non si traduce facilmente in azione perché fra gli avversari dell’impresentabile Assad ci sono gli estremisti del nuovo Califfato transnazionale siro-iracheno. Chi aiutare contro chi?

Fino a ieri quindi il principio fondamentale della politica estera, di quella mediorientale prima di tutto, sembrava essere per la Casa Bianca di Obama quello enunciato nella formula Don’t do stupid shit diventata per decoro Don’t do stupid stuff , “non fare cose stupide”, considerata sintesi del pensiero della Casa Bianca sul Medio Oriente soprattutto a partire dallo scorso aprile, usata poi dal presidente stesso più volte secondo il New York Times e considerata la sintesi della Obama Doctrine in politica estera. In realtà una “saggia” banalità e un paravento per scelte mancate. “Le grandi nazioni hanno bisogno di grandi idee ispiratrici e ‘non fare cose stupide’ non è un’idea ispiratrice” dice ora Hillary Clinton in un’intervista in cui lamenta anche la mancata scelta su chi aiutare contro Assad in Siria, “una inazione che ha lasciato un grosso vuoto, che i jihadisti hanno ora colmato”.

Un colpo basso al presidente, poco popolare in politica interna e impopolarissimo in politica estera, con un occhio alle presidenziali del 2016 e alla necessità quindi di prendere le distanze. E una restituzione delle “cortesie” del 2007 e 2008.

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