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Salario minimo a 7 euro l’ora per i senza contratto

La norma sul salario minimo dovrebbe essere inserita all’interno dei decreti attuativi della riforma del lavoro – L’asticella dovrebbe essere fissata tra i 6,5 e i 7 euro l’ora ma ci sono rischi di aggirare la norma

Salario minimo a 7 euro l’ora per i senza contratto

Il Governo sarebbe al lavoro per inserire la norma del salario minimo all’interno di uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs Act. Lo riferisce questa mattina il Corriere della Sera spiegando che la quota dovrebbe aggirarsi tra i 6,50 e i 7 euro l’ora.

A quali settori potrebbe essere applicato il salario minimo?

Il salario minimo garantito, allo studio dell’esecutivo Renzi, potrebbe essere applicato per tutti quei settori che a oggi non sono regolamentati da un contratto nazionale di categoria. Inoltre, l’idea sarebbe quella di inserire il salario minimo all’interno dei contratti di collaborazione, in attesa del loro superamento una volta che la riforma del lavoro sarà entrata a pieno regime.

L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa a non avere ancora una norma sul salario minimo. Il faro, tanto per cambiare, è la Germania. All’ombra della Porta di Brandeburgo è stata fissata la soglia di 8,50 euro l’ora. In Francia esiste dagli anni ’50, si chiama Smic, supera i 1400 euro lordi e prevede anche un adeguamento annuo alla crescita del costo della vita.

Naturalmente si dovranno fare i conti con le esigenze delle singole aziende. In Germania, ad esempio, molti imprenditori hanno già trovato le “contromosse”. Sono cresciuti, infatti, i casi in cui i dipendenti lavorano molte ore in più rispetto a quelle registrate ufficialmente (la soglia minima fissata in Germania è considerata alta da molti imprenditori). Il lavoratore, per paura di non perdere il posto, accetta suo malgrado questa imposizione.

D’altro canto, l’introduzione di una soglia minima in Italia rappresenta un passo avanti come punto di riferimento per i singoli contratti, soprattutto nella prospettiva futura di un ridimensionamento della contrattazione collettiva a beneficio di quella nazionale, secondo il modello che Sergio Marchionne sta già realizzando in Fiat.

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