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Russia, Ucraina, Libia: i pericoli in agguato di una nuova emergenza gas

Consumi in calo, stoccaggi pieni e un interscambio energetico valutato 64 miliardi di euro tra Mosca e Ue: sono tutte ragioni che spingono ad un prudente ottimismo sulla prossima stagione invernale. Almeno nelle dichiarazioni ufficiali. Ma le incognite dei vari focolai di guerra e il rischio climatico tengono in allerta gli addetti ai lavori

Il business dell’energia unisce più che dividere. E finora alla impressionante escalation verbale che ha accompagnato la crisi Russia-Ucraina, non sono seguiti i temuti contraccolpi sulle forniture di gas all’Europa. Possiamo dunque dormire sonni tranquilli in vista dell’inverno? Non del tutto. E’ vero infatti che il flusso dell’indispensabile oro blu è proseguito a tutt’oggi con regolarità. La regolazione attenta dell’Authority nazionale ha poi incoraggiato il riempimento degli stoccaggi. quando si prevede sarà raggiunta la soglia massima di 11,4 miliardi di working gas a cui aggiungere i 4,5 miliardi di metri cubi di stoccaggio strategico sempre disponibile. Lo ha assicurato Carlo Malacarne, amministratore delegato di Snam Rete Gas uscendo dal recente summit romano con il commissario Ue per l’Energia, Gunther Oettinger. Il che è senza dubbio rassicurante.

 

Nella stessa direzione le dichiarazioni di Claudio Descalzi, numero uno dell’Eni. E non potrebbe che essere così, dati i ruoli ricoperti dai due manager: cautela ed equilibrio sono d’obbligo per chi maneggia una materia delicata come l’energia. Paolo Scaroni, oggi vice presidente di Rotschild ma fino a ieri alla guida del Cane a Sei Zampe, è stato il più ottimista: i fronte all’emergenza è possibile che l’Ucraina esaurisca gli stoccaggi e attinga al gas russo destinato all’Europa senza pagare. È già accaduto nel 2006 e nel 2009 a fronte di dispute sui pagamenti. Ebbene, per qualche settimana in quei due inverni Gazprom interruppe i flussi di gas attraverso l’Ucraina ed alcuni paesi europei restarono al gelo>, ha dichiarato in un’intervista al Messaggero. L’Italia però, ha proseguito, ha molte fonti di approvvigionamento. .

 

Tuttavia, Descalzi è stato più prudente. Ha fatto presente che un conto è reggere un’emergenza sul versante russo, più complesso sarebbe se a questa si sommasse un brusco calo del flusso di gas anche dalla Libia. Il motivo si comprende meglio guardando alle cifre. Nel 2010, prima della rivoluzione libica e della fase più dura della crisi economica mondiale, il fabbisogno italiano era di 86,2 miliardi di metri cubi annui. Il 27% arrivava da Mosca (22,49 miliardi) e l’11,3% dalla Libia (9,41 miliardi). Il resto affluiva dal Nord Europa (9,3%) e Algeria (31,8%). Quasi il 10% era di produzione nazionale, altri 9 miliardi di metri cubi arrivavano dai due rigassificatori operativi (Panigaglia e Rovigo). Successivamente la quota russa è andata via via crescendo per compensare il contraccolpo della crisi libica e lo scorso anno abbiamo importato ben il 40% del nostro fabbisogno dalla Russia (30,26 miliardi di metri cubi) sia per fare fronte all’ammanco libico (il flusso di gas si è dimezzato a 5,7 miliardi di metri cubi) che per ragioni commerciali (l’Eni sta rinegoziando i take or pay con la Sonatrach algerina da cui abbiamo comprato solo il 12,4% del fabbisogno). La crisi economica ha depresso i consumi interni a 70 miliardi di metri cubi e dai rigassificatori (nel frattempo è entrato in funzione anche Livorno) sono stati immessi in rete solo 6 miliardi di metri cubi. Quest’anno le previsioni sono di un ulteriore calo del fabbisogno verso i 65 miliardi, anche per la concorrenza delle rinnovabili sulla produzione di elettricità.

 

Cercando di tirare le somme, che la Russia voglia seriamente mettere in pericolo un interscambio con l’Europa di 160 miliardi di metri cubi di gas per un valore approssimativo di 64 miliardi di euro l’anno, è difficile credere. A chi infatti potrebbe vendere il suo prezioso oro blu in alternativa? Le ragioni dell’economia dovrebbero quindi prevalere su quelle della guerra. Ma nelle guerre, dall’Ucraina alla Libia, non sempre prevale la ragione e non è così facile sostituire in poco tempo , qualche decina di miliardi di metri cubi nel caso più pessimista. Può essere comunque molto costoso, fatto non irrilevante in un’economia stremata come quella italiana.Un’altra variabile è quella climatica: l’inverno sarà mite o rigido come nel 2009 quando scoppiò l’ultima crisi del gas tra Mosca e Kiev? Difficile fare pronostici. E sarà anche per questo che tra gli addetti ai lavori, al di là delle rassicuranti dichiarazioni ufficiali, prevale una vigile attenzione.

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