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Residenze per anziani: la previdenza non è solo pensioni

In un Paese sempre più vecchio, le residenze per anziani sono diventate una realtà che non si può più ignorare. Le rette sono spesso vertiginose, insostenibili per la stragrande maggioranza dei pensionati. Per questo motivo occorre creare una correlazione tra business e sociale che ponga fine ad uno squilibrio sempre più evidente – L’analisi di Assoprevidenza e Itinenari Previdenziali

Residenze per anziani: la previdenza non è solo pensioni

L’Italia è un Paese sempre più vecchio dove, secondo l’ISTAT, gli over75 rappresentano il 22% dei residenti e la previdenza assume un valore primario. Ma in questo ambito parlare solo di pensioni sarebbe riduttivo senza tenere conto anche dell’universo delle strutture residenziali dove spesso gli anziani vengono accolti, spesso a caro prezzo.

Assoprevidenza e Itinenari Previdenziali hanno realizzato un Quaderno di approfondimento che evidenzia come le rette siano spesso insostenibili.

Ad oggi il fabbisogno assistenziale legato all’invecchiamento della popolazione può diventare una vera e propria opportunità per il sistema economico nazionale all’interno del quale sperimentare nuove forme di investimento pubblico – privato, in particolar modo attraverso partnership con investitori istituzionali, quali fondi pensione e casse di previdenza private.

La suddetta partnership, secondo lo studio, è ormai diventata indifferibile. I motivi sono essenzialmente due: il primo è la totale mancanza di coperture per la sopravvenuta inabilità (Long Term Care), indispensabili per le persone anziane e che non possono essere soddisfatte dal SSN; il secondo sono gli importi medi delle pensioni erogate dall’INPS e dalle Casse professionali Su 16,259 milioni di pensionati, 7 milioni ricevono assegni che non superano i 1.000 euro lordi; altri 4 milioni arrivano a 1.500 euro lordi (poco più di mille netti al mese); anche i restanti 2,5 milioni non superano i 2.000 euro lordi mensili.

Cifre che ovviamente non possono coprire i costi giornalieri delle strutture residenziali per anziani che vanno dai 106 ai 233 euro al giorno tra “quota alberghiera per le famiglie e quota sanitaria pubblica.

Nonostante il sistema pubblico si sobbarchi il 51% della spesa, la quota a carico dell’anziano varia dai 1.500 ai 3.400 euro al mese. Una cifra impossibile da sostenere per la stragrande maggioranza dei pensionati.

Qual è la soluzione dunque? Secondo lo studio di Assoprevidenza e di Itinerari Previdenziali sono solo due le strade da percorrere: introdurre immediatamente una copertura di LTC obbligatoria, che consenta di raddoppiare la rendita pensionistica all’insorgere della non autosufficienza (prevedendo magari integrazioni intermedie correlate ai livelli di bisogno); ma anche coniugare sociale e business attraverso il mercato, istituendo investimenti diretti o indiretti nei confronti di queste strutture. Un meccanismo che presenta dei vantaggi sia per gli enti gestori delle forme pensionistiche, sia una via per aumentare le pensioni chiedendo maggiori contributi, offrendo parallelamente servizi e condizioni favorevoli.

“Non capita spesso che business si combini con sociale: questa è una delle rare «congiunzioni astrali» favorevoli che varrebbe la pena di percorrere, anche a passo spedito”, sostiene Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, il quale aggiunge che “occorre trovare fin da subito delle soluzioni per colmare il gap tra costo delle rette e rendite pensionistiche. Magari guardando all’estero, dove in alcuni Paesi la LTC è già obbligatoria, come in Germania, ad esempio”.

“Non sfugge – osserva Sergio Corbello, Presidente di Assoprevidenza – l’importanza delle sinergie realizzabili con fondi e casse sanitarie, al fine di migliorare la copertura “sociale” offerta, in una situazione di risorse disponibili come l’attuale, che impone di agire in un’ottica di welfare integrato. Lo sviluppo del comparto, peraltro, ha innegabili potenzialità sotto il profilo dell’occupazione, giacché determina la creazione di posti di lavoro certamente non delocalizzabili e non facilmente sostituibili con la tecnologia, per quanto avanzata possa essere”.

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