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Renzi e la scommessa dei piani paralleli: Italicum con Berlusconi, riforme economiche con il Governo

Renzi aveva tre vie davanti a sé: il rilancio di Letta, le elezioni anticipate e la sua ascesa alla guida del governo – Solo la terza è quella potenzialmente vincente sul piano elettorale e l’unica che può aprire la strada al cambiamento: scelta ineludibile ma anche una scommessa da far tremare i polsi – Se vince cambia l’Italia, se perde va a casa

Renzi e la scommessa dei piani paralleli: Italicum con Berlusconi, riforme economiche con il Governo

Sarà anche vero, come dice Enrico Letta gonfio di comprensibile amarezza, che a sfiduciarlo sono stati i farisei, quelli che prima ti ringraziano e poi ti mandano a casa, ma rappresentare il cambio della guardia a Palazzo Chigi solo in termini di congiure non aiuta a capire uno dei passaggi cruciali della politica italiana come quello che stiamo vivendo con l’ascesa di Matteo Renzi alla guida del nuovo governo. Più che interrogarsi sull’esistenza o meno degli intrighi di palazzo, che certamente contano ma che rischiano di dare una visione caricaturale delle vicende politiche, bisognerebbe porsi una domanda più semplice: all’evidente sfinimento del governo Letta per la palese fragilità della sua maggioranza ma anche della sua squadra ministeriale e qualche timidezza di troppo del premier, c’erano alternative vincenti al cambio della guardia alla Presidenza del consiglio? 

Sulla carta Renzi aveva tre alternative davanti a sé. La prima era quella di favorire la ripartenza di Letta con un governo rinnovato negli uomini e nei programmi. Ma un anno di logorio consumato in estenuanti mediazioni aveva da tempo offuscato l’immagine e l’efficacia del premier uscente, a cui tutti riconoscono un alto standing sul piano internazionale e un’eccellente vision ma modeste realizzazioni e troppi passi falsi sul piano interno. Hai voglia di dire che il deficit, il debito pubblico e la pressione fiscale sono diminuiti ma, di fronte a una crisi drammatica come quella che stiamo vivendo, i passi avanti compiuti sono stati e sono troppo timidi per essere realmente percepiti da un’opinione pubblica sfibrata e sfiduciata. 

Alzi la mano chi avrebbe scommesso in una vittoria elettorale del Pd con la conferma di un Governo che, dal pasticcio dell’Imu in poi, è sembrato offrire assist formidabili all’opposizione di Berlusconi e di Grillo. Scartata dunque la possibilità di confermare Letta a Palazzo Chigi, Renzi aveva una seconda alternativa davanti a sé: quella di far calare il sipario sulla legislatura dopo un solo anno di vita e aprire la strada, Quirinale permettendo, alle elezioni anticipate. Un’opzione, che, come ha riconosciuto il segretario del Pd, aveva il suo fascino ma che faceva a pugni con la realtà. 

Non solo perché la maggior parte dei parlamentari avrebbe fatto carte false per non andare a casa senza aver maturato la pensione (ci vogliono almeno due anni e mezzo di permanenza alle Camere) ma per una ragione ancora più elementare: senza una riforma elettorale che, dovendosi ragionevolmente intrecciare con la trasformazione del Senato, richiede almeno un anno e mezzo di tempo per giungere al traguardo, si sarebbe tornati al voto con la legge elettorale, fortemente proporzionale, della Prima Repubblica, con tanti saluti al bipolarismo, con il trionfo della frantumazione politica e senza la certezza di vedere uscire dalle urne un chiaro vincitore. 

L’ultima alternativa sul tavolo era quella del coraggio e del rischio, ossia dell’assunzione di responsabilità al limite del temerario da parte del Pd e del suo nuovo segretario con l’esplicita candidatura alla guida del governo. Renzi sa bene che se fallisce va a casa e che l’opera che ha davanti è a dir poco titanica ma non sbaglia pensando che questa terza opzione è anche l’unica che, a differenza delle prime due, non è condannata in partenza all’insuccesso elettorale e può aprire la strada al cambiamento del Paese. 

Una volta conquistato Palazzo Chigi, Renzi ha ora davanti a sé tempi lunghi (in teoria tutta la legislatura e cioè altri quattro anni) ma una scommessa capace di far tremare i polsi: dimostrare e soprattutto realizzare la riformabilità dell’Italia e mostrarne il cambiamento in modo chiaramente percepibile dai più. Se ci riuscirà, fra qualche tempo nessuno si ricorderà più delle manovre di palazzo e nemmeno dell’assenza di una legittimazione popolare ed elettorale del nuovo premier. Però sono i fatti e non solo gli effetti scenici che contano. La discontinuità rispetto alla palude in cui il Paese è precipitato è essenziale ma non basta il nuovismo, che non sempre fa rima con il cambiamento, che richiede competenza e determinazione politica senza pari. 

Renzi è il primo a sapere che è fondamentale pertire bene e mettere in campo una squadra di governo snella, di qualità e capace di produrre non solo affascinanti ma sterili progetti bensì di eccellere nell’execution. E sa anche che è indispensabile individuare subito chiare priorità come la riforma elettorale, il lavoro e la riduzione delle tasse senza scassare i conti pubblici ma soprattutto che è decisivo saperle aggredire con forza, perché è la gente è stufa di vaghe promesse e chiede solo risultati. Ma la vera scommessa che sta davanti al futuro premier e che rende il suo compito ancora più difficile di quello dei predecessori è quella dei cosiddetti piani paralleli. 

Come ha notato fin dal primo momento un osservatore acuto come Stefano Folli sul Sole 24 Ore, Renzi deve provare a conciliare il piano delle riforme istituzionali e quello delle riforme economiche: il che vuol dire che sul primo piano deve dialogare soprattutto con Berlusconi nella logica dei grandi partiti e sul secondo deve invece dialogare con i piccoli partiti (da Ncd a Scelta civica) che costituiscono i suoi alleati di governo. Riuscirà a tenere insieme i due piani e ad armonizzare le attese dei grandi e dei piccoli partiti? Ci vorrebbe un prestigiatore o un acrobata. Il tempo dirà se Renzi lo è per davvero e se, camminando sul filo del rasoio, riuscirà a non rompersi le ossa e a dissipare l’ombra cupa del declino che da troppo tempo incombe sull’Italia. Buona fortuna.

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