Condividi

Quali nuovi scenari per l’export italiano in Nordafica?

Nonostante disfunzioni e conflitti in corso nei mercati vicini o all’interno degli stessi confini nazionali, nel biennio 2014-2015 la crescita economica in Egitto, Libia, Marocco e Tunisia è prevista in nuova accelerazione.

Quali nuovi scenari per l’export italiano in Nordafica?

La fase di turbolenza politica che da fine 2010 interessa l’area del Nord Africa e del Medio Oriente ha avuto un impatto significativo sulle economie dei quattro paesi mediterranei, sia di quelli interessati da un cambio di regime (Egitto e Tunisia), sia di quelli investiti solo indirettamente dalla Primavera Araba (Giordania e Marocco). Tra il 2004 e il 2008 questi paesi avevano registrato una crescita sostenuta del PIL (+5,7%), grazie a condizioni favorevoli sia esterne, vedi la fase songiunturale positiva, sia interne, come l’adozione di riforme per stimolare iniziativa private, capitali e commercio estero. La crisi finanziaria mondiale del 2008-09 ha avuto effetti limitati su queste economie, data la bassa esposizione degli stessi verso strumenti finanziari tossici e la contenuta apertura internazionale dei sistemi finanziari locali. La frenata delle esportazioni, seguita in ogni caso alla caduta del commercio nel 2009, è stata in buona parte compensata dal sostegno pubblico alla domanda interna, attraverso sussidi e generosi aumenti salariali nel pubblico impiego. Nel biennio 2009-10 la crescita media del PIL, sebbene inferiore alla media del quinquennio precedente, si è così mantenuta tonica intorno al 4,5%.

Diverso è stato invece il caso dell’impatto dei rivolgimenti politici che successivamente hanno interessato l’area. Le interruzioni e le disfunzioni patite dalle diverse attività economiche, insieme alla contemporanea fase di debolezza ciclica di nuovo attraversata dalle economie UE, hanno determinato una significativa frenata del tasso di crescita nel 2011 (+0,7%). Se Egitto e Tunisia hanno visto una vera e propria contrazione dell’economia (-0,8% e -2%, rispettivamente), la Giordania è cresciuta del 2,6%. In Marocco, grazie principalmente alla ripresa della produzione agricola, la crescita è di fatto risultata in accelerazione al 5,0 dal 3,6% dell’anno precedente. Nel 2012, i quattro Paesi sono tornati a crescere nel loro insieme a un ritmo più sostenuto (+3,1%, con Egitto e Tunisia in sensibile ripresa). Ma nel 2013 le rinnovate difficoltà nel processo di stabilizzazione del quadro politico-istituzionale incontrate in alcuni paesi sono tornate a pesare, in particolare in Egitto e Tunisia. Disfunzioni e preoccupazioni per le condizioni di sicurezza causate dai conflitti in corso nei mercati vicini (Siria e Libia su tutti) o persino all’interno dei confini nazionali hanno ulteriormente condizionato gli sviluppi economici della regione. Nell’intero anno la crescita è così tornata a rallentare al 2,5% medio, rallentando in particolare in Egitto e Tunisia (+1,7% e +2,6% rispettivamente), mentre è rimasta sostanzialmente sui livelli dell’anno precedente in Giordania (+2,8%) ed è salitain Marocco (+4,4%).

La fase dei rivolgimenti politici è stata affrontata con provvedimenti che nel biennio 2011-2012 hanno comportato, da una parte, un forte aumento dei disavanzi pubblici dati l’espansione della spesa corrente per salari e sussidi e l’impatto negativo sulle entrate della frenata dell’economia e, dall’altra, complice una dinamica meno favorevole dei movimenti di capitale privati, una sensibile caduta delle riserve. Nel 2013 l’avvio di seppur timide revisioni dei sussidi è tornata ad avere ripercussioni positive su conti pubblici in Giordania e Marocco, mentre in Egitto e Tunisia le persistenti tensioni interne hanno finito per favorire un ulteriore aumento dei disavanzi. Le autorità hanno praticato una gestione flessibile della politica monetaria dando, a seconda delle circostanze, priorità al sostegno dell’economia o alla difesa del cambio. L’Egitto ha alzato i tassi di riferimento a fine 2011 e nella primavera del 2013 per contrastare le spinte all’indebolimento del pound (lasciato deprezzare tuttavia del 20% circa sul dollaro), mentre dall’estate 2013 le autorità, confortate dalla stabilizzazione della valuta grazie al sostegno finanziario di Paesi amici, sono tornate a tagliarli, nonostante l’inflazione ancora elevata. La Banca Centrale tunisina, da parte sua, ha sostenuto l’economia con tagli dei tassi e del coefficiente di riserva obbligatoria; successivamente, con l’accelerazione dell’inflazione, ha assunto un atteggiamento restrittivo, alzando i tassi in più riprese. In Giordania la difesa del cambio fisso con il dollaro è stata a sua volta alla base dei rialzi dei tassi nel 2011 e nel 2012, mentre la ricostituzione delle riserve valutarie (grazie ad aiuti e prestiti di Paesi amici e FMI) insieme con la frenata dell’inflazione hanno permesso nel 2013 di operare nuovi tagli. In Marocco, infine, la Banca Centrale nel 2012 ha ridotto il tasso di riferimento di 25pb e il coefficiente di riserva obbligatoria dal 6% al 4%.

Secondo Intesa Sanpaolo nel biennio 2014-2015 la crescita economica nei quattro paesi, sebbene ancora contenuta, è prevista in nuova accelerazione (al 3% nel 2014 e al 4,2% nel 2015). I consumi resteranno il principale motore, ma altri driver si affiancheranno. In particolare, gli investimenti sono attesi in aumento per la prima volta dallo scoppio dei rivolgimenti politici, sostenuti dall’intervento pubblico in buona parte finanziato dagli aiuti di Paesi amici e in misura minore da risparmi provenienti da una seppur timida riforma dei sussidi e dei trasferimenti. Le esportazioni e i proventi dal turismo sono pure previsti in rafforzamento, grazie alla domanda più sostenuta dall’Europa e dai mercati del Golfo a condizioni di sicurezza locali più favorevoli. Nel medio periodo l’ulteriore accelerazione della crescita verso livelli in grado di consentire almeno in parte di riassorbire l’elevata disoccupazione, soprattutto giovanile, rimane condizionata nei quattro paesi dall’affermazione di un clima di stabilità politica e indirizzi di politica economica a sostegno dell’iniziativa imprenditoriale private, soprattutto PMI, e dello sviluppo di commercio e investimenti esteri.

Gli scambi complessivi dell’Italia con i quattro Paesi considerati sono cresciuti sensibilmente dal 2004 raggiungendo i 13,5 miliardi di euro nel 2011. Nel 2012 si è registrato un decremento (-2,1%) proseguito anche nel 2013 (-0,5%), quando l’interscambio bilaterale tra Italia e i mercati in questione si è posizionato su 13,2 mld.

Egitto e Tunisia sono i partner più importanti e coprono rispettivamente lo 0,6% e 0,7% del commercio estero nostrano, mentre Giordania e Marocco coprono lo 0,1% e 0,3%. I saldi commerciali italiani sono positivi in tutti i casi e pari nel complesso a 3,4 mld. Con l’Egitto l’export italiano negli ultimi anni ha avuto un andamento contrastato, pur mantenendosi nel 2013 a livelli vicini ai massimi del 2008, mentre le importazioni hanno subito un calo a partire dal 2012 con la nuova fase recessiva dell’economia italiana. Gli scambi con la Tunisia sono risultati particolarmente vivaci dal lato delle esportazioni, le quali hanno raggiunto il livello massimo degli ultimi quattro anni nel 2013 (3,2 mld). Le importazioni invece, dopo un calo nel 2012, sono risalite l’anno successivo riportandosi attorno ai 2,3 mld. Analogo andamento è stato osservato per Giordania e Marocco. Il dettaglio merceologico vede il prevalere nelle importazioni italiane di tessile e abbigliamento, che nel 2013 hanno rappresentato quasi il 26% del totale, seguiti dall’estrazione di minerali (20%). Altre categorie rilevanti sono i prodotti chimici (19%) tra cui spiccano i prodotti petroliferi raffinati (10%), i prodotti agro-alimentari (13%), seguiti da macchinari (10%) e metalli (8%). Le esportazioni italiane sono costituire prevalentemente da chimica (34%, in particolare prodotti petroliferi raffinati (21%) e prodotti chimici (7%), e macchinari (31%), soprattutto meccanici (23%), seguiti da metalli e lavorati in metallo (11%) e dai prodotti di tessile e abbigliamento (11%).

Commenta