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Quali le ragioni che alimentano la fragilità giordana?

In un contesto dove l’attività estrattiva è trascurabile e il mercato viene penalizzato dal forte disavanzo energetico, la Giordania può contare solo sugli ampi flussi finanziari dall’estero sotto forma di turismo, rimesse, donazioni e garanzie.

Quali le ragioni che alimentano la fragilità giordana?

L’economia della Giordania è tra le più aperte del Medio Oriente, con una somma di flussi commerciali complessivi stimata al 90% del PIL. A qusto vanno aggiunti i proventi da turismo, le rimesse degli emigranti, IDE e donazioni di Paesi amici. La principale attività commerciale che interessa il Paese è la ri-esportazione dei beni attraverso il porto di Aqaba, in particolare verso Iraq, Turchia e Libano. Il potassio dal Mar Morto e i giacimenti di fosfati offrono un importante contributo alle esportazioni, mentre l’attività di estrazione di idrocarburi è trascurabile e il Paese viene penalizzato da un persistente disavanzo energetico. Proprio peer questo motivo la Giordania ha sviluppato un’economia basata principalmente sui servizi, che coprono più del 65% del PIL. I più importanti, con riferimento al contributo, sono quelli finanziari, immobiliari e per gli affari (con un peso superiore al 20% del PIL), trasporti e le comunicazioni (15% del PIL), e commercio e turismo (11%). Il peso del settore manifatturiero (alimentare, materiali per le costruzioni, raffinazione, fertilizzanti, chimico-farmaceutici) si avvicina al 20%.

Dopo aver registrato tassi di crescita sostenuti nel decennio 2000-09 (6,5% medio), in anni recenti l’economia è stata penalizzata da shock esterni, in particolare dalle tensioni politiche nell’area mediorientale, e nel quadriennio 2010-13 la crescita media ha frenato al 2,7%. Come riportato nel focus Intesa Sanpaolo, data l’elevata disoccupazione (11,8% nel primo trimestre 2014), un numero consistente della popolazione in età lavorativa cerca lavoro all’estero, tanto che il FMI ha stimato un tasso di crescita del 6,1% per poter assorbire la nuova forza lavoro. Le persistenti tensioni politiche nella regione hanno colpito l’economia per gli effetti negativi sui canali del commercio verso l’Iraq e la Siria, sui proventi dal turismo sia Medio Orientale che Europeo, sugli IDE dai paesi del Golfo e sul flusso dell’energia. I Paesi del Golfo occupano un gran numero di lavoratori giordani emigrati (per oltre l’80% delle rimesse), assorbono una quota rilevante dell’export giordano, investono consistenti capitali (circa 80% del totale IDE), alimentano circa il 40% dei flussi turistici verso il Paese e sostengono il bilancio dello Stato con generose donazioni.

Da questo punto di vista, infatti, la Giordania presenta un elevato deficit pubblico in rapporto al PIL con periodici problemi di finanziamento in parte fronteggiato grazie a donazioni e garanzie sulle emissioni di titoli di Paesi arabi amici e USA. Nel 2013 il bilancio dello Stato ha registrato un deficit pari al 5,5% del PIL, dall’8,3% dell’anno precedente, grazie al raddoppio delle entrate per donazioni (che hanno raggiunto il 2,6% del PIL) e alla più contenuta spesa per sussidi (scesi all’1,2% del PIL dopo la rimozione del blocco dei prezzi sui carburanti). L’onere per i sussidi (e, di conseguenza, il deficit pubblico) è in realtà più consistente di quanto traspare dai conti dello Stato, in quanto i maggiori costi dell’energia per alimentare gli impianti di generazione sono sostenuti dalla Compagnia Elettrica nazionale (NEPCO) che vende l’elettricità a tariffe inferiori al costo di produzione. In questo senso nel 2013, il debito pubblico (pari al 49,7% del PIL) includendo la parte garantita dallo Stato, ha superato l’80%. La Compagnia elettrica finanzia il proprio deficit (pari al 3,8% del PIL nel 2013) con l’emissione di titoli garantiti dallo Stato che non hanno effetto sul deficit pubblico ma impattano sul debito sovrano. Negli ultimi tempi l’aumento della bolletta energetica ha reso insostenibile il mantenimento dei sussidi e ha determinato un netto peggioramento del deficit di parte corrente della bilancia dei pagamenti e un consistente drenaggio di riserve, singendo il Governo a chiedere il sostegno finanziario del FMI. Il miglioramento della situazione politica interna e la ricostituzione delle riserve valutarie grazie agli aiuti e ai prestiti dei Paesi amici e del FMI, che hanno ristabilito la fiducia nella tenuta del tasso di cambio, insieme alla frenata dell’inflazione, hanno permesso alla Banca Centrale di operare a partire dallo scorso agosto tre tagli dei tassi, portando il tasso di riferimento da 5% all’attuale 4,25%. Grazie alla discesa dell’inflazione, nuovi, seppur contenuti tagli sono ancora probabili. Il dinaro giordano è agganciato al dollaro USA con un rapporto di cambio fisso pari a JD 0,709:USD 1 dall’ottobre 1995.

La Bilancia dei Pagamenti della Giordania registra un consistente deficit di parte corrente dovuto interamente alla parte commerciale, mentre i conti dei servizi e dei trasferimenti riportano consistenti surplus (+5,2 mld) grazie, rispettivamente, ai proventi dal turismo e alle rimesse dei lavoratori emigrati senza dimenticare gli aiuti sotto forma di donazioni. Lo scorso anno la Giordania ha raccolto 1,25 mld attraverso un Eurobond garantito dagli USA, laddove un nuovo prestito garantito di 1 mld sarà lanciato il prossimo luglio. A fine febbraio 2014 le riserve hanno raggiunto il nuovo massimo di 13,4 mld, dato da confrontarsi con un fabbisogno finanziario estero nel 2014 stimato a 16 mld. Nel 2013, la parte corrente della Bilancia ha registrato un deficit di 3,4 miliardi di dollari (10,6% del PIL), in calo rispetto ai 4,7 mld del 2012. Il deficit commerciale si è invece allargato a 11,5 mld, da 10,6 mld nel 2012, a causa principalmente del calo delle esportazioni di potassio.

Per concludere, dati gli ammpi disavanzi pubblico e corrente, la Giordania deve continuare a contare su ampi flussi finanziari dall’estero. Sull’economia, piccola ma molto aperta, pesano soprattutto la mancanza di risorse energetiche e l’eccessiva vulnerabilità agli sviluppi politici ed economici esterni, soprattutto nei Paesi del Golfo. E nonostante il quadro politico-istituzionale sembra correre minori rischi di rivolgimenti rispetto a molti Paesi limitrofi, i maggiori rischi economici e politici hanno indotto le agenzie di rating a tagliare tra maggio e giugno 2013 il rating del debito sovrano in valuta della Giordania (ora pari a BB- per S&P’s e B1 per Moody’s).

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