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Phablet, l’inarrestabile ascesa dello schermo grande

Per i telefonini di grandi dimensioni, con schermo uguale o superiore a 5,1 pollici, è un vero e proprio boom. E le previsioni dicono che saranno 600 milioni nel mondo nel 2018. Poche telefonate ma molto altro: leggere, scrivere, giocare, navigare. Una vera manna per gli sviluppatori di contenuti

Phablet, l’inarrestabile ascesa dello schermo grande

A tutto phablet

Ogni 100 dispositivi mobili attivati nell’ultimo trimestre del 2014, 13 sono stati phablet, cioè telefonini di grande formato con uno schermo uguale o superiore a 5,1 pollici (130 mm). Ce lo dice GFK, una società di ricerche. Gfk ci informa anche che sono gli orientali i più attratti dai phablet. In Estremo oriente sono cresciuti del 18% nell’ultimo trimestre del 2014. L’Europa sta più indietro con un incremento del 6,4%, pur sempre il doppio dell’anno precedente. Secondo IDC, una società di ricerche nel campo delle nuovo tecnologie, nel 2014 si sono attivati 175 milioni di phablet, più dei portatili e più dei computer da scrivania. Nel 2018 le consegne di phablet saliranno a 600 milioni, quasi il doppio dei tablet e tre volte tanto i portatili. Dal 2014 al 2018 si avrà una crescita media annua dei phablet del 60% contro il 5,5% degli smartphone normali e il 6,8% dei tablet. Il grafico qui sopra è piuttosto esplicito riguardo al ruolo dei phablet nel prossimo futuro.

Poche telefonate, ma molto altro

Il concetto phablet è stato inventato proprio in Oriente nel 2007 da HTC, una società taiwanese, e reso popolare da Samsung, una società coreana, con il Galaxy Note. Apple, che in genere è quella che inventa e snobba idee nate altrove, ci ha messo tre anni a scoprire le potenzialità del grande formato. Quando nel settembre 2014 è uscito l’iPhone 6 plus, un oggetto quasi perfetto, i consumatori hanno iniziato ad apprezzare e poi a desiderare un telefonino di grande formato. Si dice telefonino, ma dai phablet si faranno poche telefonate e quelli che amano parlare molto al telefono lo troveranno piuttosto irritante. I phablet sono degli strumenti per di produzione e di consumo contenuti con la facilità e l’agio propria di un tablet o di un laptop. L’aria di derisione e di ridicolo che circondava i phablet è ormai quasi del tutto svanita.

Farhad Manjoo, il technology columnist del NYTimes che ha rimpiazzato David Pogue al quotidiano di New York, ha scritto sulla sua rubrica “The State of the Art” che è tempo di fare pace con il termine phablet, aggiungendo: “Non sono semplicemente dei telefoni di grande formato. Sono palesemente un nuovo tipo di computer, un dispositivo che è più versatile e utile di uno smartphone o di un laptop. i phablet potrebbero perfino diventare il dispositivo dominante del futuro, il più popolare tipo di smartphone e, forse l’unico computer, di cui potremmo avere bisogno.” Poi ha concluso: “Se una razza aliena piombasse sul terra e costringesse i terrestri a usare una sola macchina per tutto, allora io sceglierei l’iPhone 6 plus.

Uno per tutti, tutti per uno

Tutto in uno, ecco l’allure del phablet. Gli uomini potranno uscire in maglietta e in giacca e leggere il NYTimes o il Corriere o guardare il derby in streaming senza doversi cavare gli occhi. Le donne avranno le borsette più leggere. Alla sera ci sarà un solo dispositivo da caricare e non si dovrà più scoprire su quale device si è scaricato l’ultimo ebook o il numero del giornale. Per molti la giornata è già piuttosto piena e togliere qualche incombenza è un piacere.

Ecco perché ci sono e ci saranno sempre più phablet. Perché è pratico. Il phablet è anche una benedizione per gli sviluppatori di contenuti. Finora per il lettore era una pena fruire su uno smartphone certi tipi di contenuto, come un articolo di giornale, un ebook, un report arricchito con grafica.

Gli sviluppatori di questo tipo di contenuti, se intendevano raggiungere il pubblico degli smartphone, dovevano predisporre delle versioni molto basiche del contenuto incapaci di competere con le versioni più ricche e attraenti predisposte per il web e per altri mezzi di più grande formato come la carta. Adesso con la diffusione dei phablet, lo sviluppatore di tali contenuti potrà raggiungere un pubblico più vasto e lo potrà fare non con una versione “minore” o di ripiego, ma con una versione “piena”. Il che fa una bella differenza.

Anche la produzione personale di contenuti, che non fosse una mail rapida o un post per i social media, con uno smartphone normale è qualcosa che mette a dura prova la pazienza, specialmente dei non nativi digitali, quelli che hanno i soldi per comprarsi un phablet. Con un po’ di esercizio si può arrivare a scrivere un libro intero su un phablet, oltre che leggerlo, naturalmente. Basterà tirare fuori dalla tasca l’iPhone 6 plus e iniziare a scrivere o a leggere. Funzionerà così bene da meravigliarvi! Phabletmania. 

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