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Padoan: “Abbiamo diritto alla flessibilità, Bruxelles risponda presto”

Il ministro replica al leader del Ppe: “Lo sforzo per le riforme dell’Italia consente di chiedere con tutto il diritto una gestione della politica fiscale più flessibile in base a regole che ci sono e non che ci stiamo inventando. Non chiediamo nulla di nuovo”.

Sulla flessibilità di bilancio “l’Italia non sta chiedendo nulla di nuovo, né di incompatibile con le regole europee” e “ci auguriamo che la risposta della Commissione europea arrivi presto, così da evitare un’incertezza che sicuramente non aiuta la crescita”. Con queste parole il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, ha replicato oggi alla stilettata arrivata ieri dal leader del Partito popolare europeo, Manfred Weber, sulla richiesta italiana inserita nella legge di Stabilità e ancora in attesa di risposta da Bruxelles: “La Commissione ha dato massima flessibilità negli ultimi anni – aveva detto il politico tedesco –, ora non ci sono più margini e sono d’accordo anche i commissari socialisti come Moscovici”. Già ieri il premier Matteo renzi aveva risposto dicendo che l’Italia “non prende lezioncine da nessuno dei suoi amici europei”.

Ma Padoan, che oggi ha parlato a Roma nel corso di un convegno dell’Aspen Institute Italia, ha sottolineato che “lo sforzo per le riforme dell’Italia consente di chiedere con tutto il diritto una gestione della politica fiscale più flessibile in base a regole che ci sono e non che ci stiamo inventando. Questo lo vorrei dire con fermezza – ha aggiunto –. L’impostazione della politica economica del governo italiano per quest’anno e per i successivi non cambia. L’agenda delle riforme strutturali e gli investimenti pubblici permettono di utilizzare la flessibilità, che non ho mai considerato un indebolimento della disciplina. Il consolidamento in Italia continuerà negli anni prossimi: il deficit e il debito scenderanno, quindi c’è compatibilità assoluta con le regole di bilancio”. 

In particolare, nella manovra l’Italia chiede il via libera di Bruxelles su tre clausole di flessibilità: il governo vuole alzare il rapporto deficit-Pil dello 0,5% del Pil per le riforme (8 miliardi), dello 0,4% per gli investimenti (6,5 miliardi) e una dello 0,2% per l’emergenza migranti (3,3 miliardi).

Su quest’ultimo punto, Renzi ha detto nei giorni scorsi che i fondi destinati alla Turchia dall’Europa – una misura fortemente voluta dalla Germania per ridurre il flusso dei migranti verso l’Europa centrale – creano un precedente e dimostrano che è necessario sostenere i Paesi più impegnati nella gestione dei flussi migratori.Si eria poi diffusa la voce che Roma avesse chiesto di inserire nel documento sul fondo la sua domanda di scorporare dal calcolo del deficit nell’ambito del patto di Stabilità e crescita anche “l’intero ammontare dei costi sostenuti dall’Italia dall’inizio della crisi della Libia”. Proprio quel che è avvenuto per le risorse destinate ad Ankara. Ma il Ministero dell’Economia ha smentito nella tarda sera di mercoledì: “Nella dichiarazione inserita a verbale della odierna riunione del Coreper non vi è alcuna richiesta aggiuntiva di flessibilità“. Nel comunicato il Mef ricorda che l’Italia ha chiesto venga usato per la Libia lo stesso metro utilizzato per la Siria. Tale evento (la crisi libica, ndr) “ha infatti provocato un flusso eccezionale di migranti e le conseguenti attività di salvataggio, accoglienza e riconoscimento hanno generato spese che devono essere trattate nella contabilità nazionale in modo analogo alle spese eccezionali sostenute per la crisi siriana. Poiché le coste italiane sono sempre state interessate dallo sbarco di migranti provenienti dal Nord Africa, nel Documento programmatico di bilancio 2016 sono state individuate le soglie che possono essere considerate fisiologiche e quindi si è fornita evidenza dell’incremento di spesa dovuto alle circostanze eccezionali”. Da qui la richiesta dello 0,2% di flessibilità.

Oggi il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Junker ha teso una mano distensiva all’Italia, dopo le tensioni deglio ultimi giorni, e riconosciuto la disponibilità dimostrata verso la Turchia.

Wolfgang Schaeuble non ha tardato a replicare con fermezza: “Sulla Turchia non ci faremo ricattare dall’Italia, che non vuole pagare la sua parte”, ha detto ieri il ministro delle Finanze da Duesseldorf. D’altra parte, l’irrigidimento delle posizioni tedesche sui conti degli altri Paesi europei è un fenomeno che si ripete regolarmente con l’approssimarsi degli appuntamenti elettorali e anche stavolta la regola sembra confermata: a marzo, infatti, si vota Renania-Palatinato, Sassonia-Anhalt e Baden-Wuerttenberg e nei sondaggi la Cdu di Merkel e Schaeuble è crollata ai minimi da anni, al 34%.

(Testo aggiornato il 4 febbraio 2016 alle 13,04) 

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