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Ore di fuoco ad Atene: o i partiti accettano sacrifici per i nuovi aiuti oppure è default

Mercati in tensione per gli sviluppi del caso greco: alle 12 scade l’ultimatum del premier Papademos alle forze politiche sui nuovi sacrifici – Piazza Affari inizia negativa – Il rischio di default è dietro l’angolo – Ma l’ex segretario al Tesoro Usa Summers rassicura: “Siamo sulla strada giusta” – Mps a rischio bocciatura dell’Eba – Pioggia di trimestrali

Ore di fuoco ad Atene: o i partiti accettano sacrifici per i nuovi aiuti oppure è default

MEZZOGIORNO DI FUOCO PER ATENE A RISCHIO DEFAULT

PER L’FT MONTE PASCHI RISCHIA LA BOCCIATURA DELL’EBA

E’ proprio il caso di parlare di mezzogiorno di fuoco. Alle 12, infatti, scadrà l’ultimatum di Lucas Papademos, premier greco, ai tre principali partiti perché accettino i termini dell’accordo negoziato con la trojka composta da funzionari di Ue, Bce e Fmi, necessario per sbloccare i nuovi aiuti (130 miliardi) per il Paese ellenico. Il termine ultimo per evitare il default è il 13 febbraio, dopo di che scatterà la procedura di insolvenza per i 14,5 miliardi di bond in scadenza il 20 marzo. Il nodo più delicato riguarda la riforma del mercato del lavoro che prevede nuovi tagli su salari minimi e tredicesime.

Giornate cruciali anche per l’accordo con i creditori privati, ovvero per un taglio del 50% sul valore nominale delle obbligazioni che comporterà un “haircut” effettivo del 70% per le banche che hanno già comunque scontato nei bilancio quasi tutto l’importo. Per Joseph Ackermann, presidente uscente di Deutsche Bank che guida il negoziato in qualità di presidente dell’Iif, una rottura delle trattative “potrebbe aprire un vaso di Pandora capace di stroncare la ripresa dell’Eurozona”.

METEOBORSA. Le tensioni in arrivo da Atene pesano sui mercati finanziari che riaprono i battenti dopo il rally di venerdì, innescato dai dati positivi sulla ripresa del mercato del lavoro Usa. Per ora, in Asia, il sereno in arrivo dagli Usa ha prevalso sui nuvoloni di Atene. L’indice Nikkei 225 sale del 1,04%. Ma l’euro è in caduta dello 0,5% sul dollaro. Sul fronte del debito sovrano, il test più importante è l’asta per 8,5 miliardi lanciata stamane dalla Francia.

La Borsa di Milano ha messo a segno venerdì la quarta seduta consecutiva di rialzo: l’indice FtseMib è salito dell’1%, questa settimana l’indice delle blue chip italiane è salito del 3,1%. Oggi hanno corso di più Londra (+1,8%), Francoforte (+1,6%). Negli Usa, alla vigilia dell’Ipo di Facebook, il Nasdaq è i massimi da 11 anni, al livello del dicembre 2000, in piena bolla Internet. E’ stato il miglior avvio d’anno del Nasdaq dal 1991. Il Dow Jones, invece, è salito ai massimi dal maggio 2008, prima del crack di Lehmann Brothers. Lo Standard & Poor’ 500 ha messo a segno un rialzo dell’1,5%.

“Siamo sulla strada giusta”, ha detto l’ex segretario al Tesoro Usa Lawrence Summers commentando le ultime statistiche sui nuovi occupati. Conto alla rovescia per il verdetto dell’Eba. A metà settimana l’authority bancaria europea deciderà se i piani per rafforzare il capitale da parte degli istituti di credito italiani sollecitati in tal senso siano sufficienti e congrui o meno. Grazie all’aumento di capitale UniCredit è già uscito dalla lista. Buone speranze si nutrono per il Banco Popolare e l’ Ubi. Il quesito più delicato riguarda banca Mps: il piano Viola prevede dismissioni immobiliari non facili di questi tempi ed un complesso frazionamento della Crediti.it. Saranno giorni di intenso lavoro per Siena e, soprattutto, per la Banca d’Italia.

Il Financial Times, che cita tre fonti “vicine all’Eba” ritiene che l’Authority si accinga a pronunciare una serie nutrita di bocciature dei piani predisposti dalle banche in questione. In particolare, secondo l’Ft è assai difficile che l’Eba si accontenti del piano presentato da Commerbank e da Monte dei Paschi.

Si stringono i tempi per l’operazione Fonsai Unipol. Già stamane Mediobanca potrebbe aver definito il consorzio per i prossimi aumenti di capitale delle compagnie. Parteciperanno: Unicredit, Morgan Stanley, Nomura, Crédit Suisse. Quasi certa anche l’adesione di Deutsche Bank, Barclays e Ubs. Già giovedì 9 il cda di Unipol convocherà l’assemblea per la ricapitalizzazione (1 miliardo circa, la metà garantita dalla Finsoe, azionista numero uno) e nominerà gli advisor finanziari e industriali. La settimana prossima ci sarà il passaggio più delicato: la richiesta in Consob dell’esenzione dall’Opa da parte di Premafin (dopo l’ingresso di Unipol) su Fonsai.

Continua la pioggia delle trimestrali. In Italia il calendario prevede in settimana i cda sui conti di: Aeffe (oggi, 6 febbraio), Buzzi Unicem e Yoox (8 febbraio), Recordati, Sabaf e Piquadro (9 febbraio), Astaldi ed Indesit (10 febbraio) In Usa , tra gli altri, toccherà a: Coca Cola, Cisco, Moody’s, Philips Morris, Nyse Euronext, Walt Disney. In Europa usciranno i conti di: Bp, Total, Glaxo, Sanofi, Ubs, Crédit Suisse, Bhp Billiton, Vodafone e News Corporation.

Sergio Marchionne non demorde. Anche se la richiesta di contributi al Dipartimento dell’Energia Usa resta senza risposta ormai da più di un anno, il ceo di Chrysler conferma da Las Vegas, dove è in corso la convention dei dealer dell’auto, che “non ho alcuna intenzione di ritirare la domanda, anche perché dal Dipartimento non c’è stato comunicato un rifiuto”. Lo stop alla pratica Chrysler (3,5 miliardi di dollari la richiesta) si spiega con alcuni infortuni del Dipartimento, in grave imbarazzo per aver assegnato fondi ad aziende poi finite in bancarotta.

Per quattro anni, tra il 2006 ed il 2010, un cartello di 12 banche, tra cui avrebbe influenzato, traendone profitti illeciti, i tassi Libor e Tibor, quelli in base ai quali gli istituti di credito si prestano, reciprocamente, denaro, sui mercati di Londra e Tokyo. Lo ha scoperto, aprendo un’inchiesta in Svizzera, la Comco, la Commissione della Concorrenza, ovvero l’antitrust elvetico. Un’inchiesta che riguarda anche operazioni sul mercato dei derivati in quanto le banche, finite nel mirino della Comco, si sarebbero pure messe d’accordo sul prezzo d’acquisto e di vendita di questi prodotti, a condizioni vantaggiose per loro ma non per la clientela. Gli istituti nel mirino sono: Ubs, Credit Suisse, Royal Bank of Scotland, Deutsche Bank, Hsbc, Rabobank, Société Générale, Citigroup, JP Morgan, Sumitomo Mitsui Banking Corporation, Bank of Tokyo-Mitsubishi e Mizuho Financial.

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