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Moda in tensione, l’addio dei creativi e dei manager da Valentino e Lvmh segna la fine di un’epoca?

Una dimissione dietro l’altra nel mondo della moda. Che cosa sta succedendo? Forse i ritmi della finanza, dopo le quotazioni in borsa, mal si agganciano a quelli delle stagioni delle passerelle. Certamente si tratta di un cambio di passo

Moda in tensione, l’addio dei creativi e dei manager da Valentino e Lvmh segna la fine di un’epoca?

iAncora una dimissione tra i vertici delle aziende top della moda. L’ultima in ordine di tempo, che ha destato non poco scalpore, è quella di Pierpaolo Piccioli che ha interrotto la sua collaborazione con la Maison Valentino. Ma negli ultimi 10 giorni si sono sommate altre dimissioni di valore che hanno sconvolto il mondo della moda: oltre a Piccioli se ne vanno altri due direttori creativi, Walter Chiapponi e Dries Van Noten, e un super manager, Antonio Belloni, ex braccio destro di Bernard Arnault che lascia anche il cda di LVMH.

Ci si domanda perché e che cosa stia succedendo. Forse può incidere il fatto che queste società della moda, che hanno tempi e ritmi molto particolari con l’alternanza delle collezioni e delle stagioni, si ritrovino a scontrarsi, dopo la quotazione a Piazza Affari con un mondo, quello della finanza, che richiede invece tempi diversi, con successi immediati in termini di fatturato. Certamente, soprattutto con l’uscita di Piccioli bisogna rilevare la fine di un’epoca.

Le motivazioni alla base delle uscite di Chiapponi e Dries Vanå Noten

Solo una decina di giorni fa, Il 14 marzo, appena dopo aver firmato una collezione, Walter Chiapponi ha annunciato la sua uscita da Blumarine “per motivi personali”. In effetti lo stilista che era stato in precedenza da Tod’s è stato segnato da lutti dolorosi negli ultimi giorni (la perdita dell’amico fraterno Davide Renne e del nipote 14enne Noha) e per questo ha deciso di prendersi una pausa per concentrarsi “su nuove iniziative e progetti a sfondo sociale e umanitario”.

Poi ci sono state le dimissioni di Dries Vanå Noten, 66 anni e una carriera gloriosa, cominciata negli anni 80 con il gruppo di Anversa. Il 19 marzo ha reso noto che, dopo la collezione maschile della primavera estate 2025, non sarà più il direttore creativo del marchio che aveva fondato nel 1985. In questo caso si tratta di un classico caso di meritata pensione, in cui la continuità viene assicurata da un team di creativi cresciuto con il designer: “Sento che è tempo di lasciare spazio a una nuova generazione di talenti”. Per prepararsi al passaggio, nel 2018 Van Noten aveva venduto la sua azienda al gruppo spagnolo Puig.

Toni Belloni lascia la carica di direttore generale dopo 23 anni

Il direttore generale di Lvmh, Toni Belloni, braccio destro di Bernard Arnault da 23 anni, lascerà la carica dopo l’assemblea in programma il 18 aprile. Belloni diventerà ora presidente di Lvmh Italia, manterrà responsabilità all’interno del gruppo e si occuperà di “alcune missioni strategiche”. A prendere il suo posto sarà Stephane Bianchi, attuale responsabile della divisione orologi e gioielleria.

Il “caso” Piccioli: la fine di un’epoca

Ma, a fare ancora più scalpore, è il “caso” Piccioli. Il comunicato ufficiale parla di “decisione congiunta” dello stilista e della maison controllata da Mayhoola, e di cui Kering possiede il 30% delle azioni. “Non tutte le storie hanno un inizio ed una fine, alcune vivono una specie di eterno presente che brilla di una luce intensa, così forte da non lasciare ombre” dice lo stesso Piccioli in un post su Instagram. “Sono stato in questa azienda per 25 anni, e per 25 anni sono esistito ed ho vissuto insieme alle persone che con me hanno intessuto le trame di questa storia bella che è mia e nostra”.

Entrato nella maison Valentino nel 1999, prima per disegnare gli accessori e poi come direttore creativo (dal 2008 con Maria Grazia Chiuri e dal 2016 da solo), Piccioli ha sempre firmato collezioni che hanno fatto la storia e il successo della Maison. Certo è che Piccioli ha anche fatto storia nel settore anche proprio per la sua lunga permanenza: oggi il tempo medio delle collaborazioni tra direttori creativi e brand è di tre anni, al massimo cinque. I 25 anni di Piccioli rappresentano un modo di pensare che non fa più parte del sistema moda e segna la fine di un’epoca, iniziata con Valentino Garavani e il suo socio Giancarlo Giammetti, entrambi molto legati a Piccioli, in cui gli stilisti sapevano il nome di tutte le maestranze, lavoravano fianco a fianco con le sarte in un clima di rispetto e stima reciproca. “Tutto è esistito ed esiste grazie alle persone che ho conosciuto, con cui ho lavorato”, scrive ancora Piccioli.

Un futuro incerto c’è ora di fronte. Da una parte perché è a rischio la collezione firmata Piccioli appena presentata a Parigi. Dall’altro, perché il gruppo ha un altro grattacapo: il calo del 20% delle vendite dell’altro brand di punta, Gucci. Intanto è partito il toto-successori di Piccioli, anche se non ci sono conferme: circolano i nomi di Maria Grazia Chiuri (oggi da Dior) e di Alessandro Michele, anche se pare improbabile che dopo il divorzio con Gucci il designer possa ritornare nello stesso gruppo.

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