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Marchionne, finisce un’epoca: ha salvato la Fiat e creato Fca

Con l’improvvisa uscita di scena di Sergio Marchionne dal vertice della Fca e della Ferrari si chiude un’epoca di successi per la casa del Lingotto che passa alla storia per aver salvato dal fallimento e rilanciato il gruppo automobilistico con la fusione con Chrysler, la generazione di 15 miliardi di utili, l’azzeramento dei debiti, il riposizionamento strategico e la difesa di tutti i posti di lavoro.

Marchionne, finisce un’epoca: ha salvato la Fiat e creato Fca

Esattamente 14 anni dopo il suo inizio, finisce con un fulmine a ciel sereno l’era di Sergio Marchionne alla guida della Fiat prima e di Fca e Ferrari poi. La sua successione era prevista per l’anno prossimo in Fca, ma non in Ferrari, che doveva costituire il suo buen retiro in grado di soddisfare sia la sua passione sportiva (Vettel gli ha dedicato la sua pole al GP di Germania di Formula 1) che quella per l’incessante innovazione tecnologica della Rossa di Maranello. Ed è stato proprio questo il segnale – insieme alla convocazione d’urgenza dei cda di Fca e Cnh oltre che della Ferrari – che le condizioni di salute di Marchionne si erano fatte irrecuperabili. La situazione è precipitata in pochi giorni. Dopo la presentazione del nuovo piano industriale di Fca al Balocco ai primi di giugno, l’ultima uscita pubblica del supermanager italo-canadese è stata alla fine del mese scorso per la consegna della nuova Jeep all’Arma dei Carabinieri. Poi il ricovero all’Ospedale Universitario di Zurigo per un intervento chirurgico alla spalla destra che gli doleva da tempo, ma l’operazione è stata solo l’inizio del calvario che lo ha costretto a rinunciare immediatamente a tutti i suoi incarichi manageriali.

Cala così il sipario sull’era Marchionne, finita in condizioni drammatiche così com’era cominciata, quando, esaudendo i desideri di Umberto Agnelli, che era scomparso qualche giorno prima e che ha avuto il grande merito di aver scoperto Marchionne e le sue impareggiabili doti manageriali, il cda della Fiat aveva chiamato il manager italo-canadese alla guida della casa automobilistica torinese. Quando Marchionne (66 anni, emigrato da bambino in Canada, tre lauree di cui la prima in Filosofia e poi in Legge ed Economia) la prese in mano, la Fiat era tecnicamente fallita e nessuno avrebbe scommesso un soldo sul suo futuro. In 14 anni di lavoro indefesso (anche 20 ore al giorno, sabato e domenica compresi, con lo sfinimento fisico di molti dei suoi collaboratori) ma anche di guida illuminata e carismatica e di vision lungimirante e di grandi realizzazioni, Marchionne non solo ha salvato la Fiat, ma l’ha fusa con la Chrysler, rilanciandola e facendone il settimo gruppo automobilistico mondiale, pronto a convolare a nuove nozze. “Marchionne – ha detto giustamente Jonh Elkann – ci ha insegnato a pensare diversamente”.

Per questo, nel giorno stesso in cui finisce, l’era Marchionne entra nella storia come una tappa indimenticabile della casa automobilistica della famiglia Agnelli. E ci entra non soltanto perché il supermanager con il maglioncino blu ha saputo salvare la Fiat dal fallimento e rilanciarla trasformandola in un grande gruppo internazionale attraverso le nozze con l’americana Chrysler che gli valsero il pubblico elogio del presidente Obama e da ultimo l’apprezzamento di Trump. Ma anche perché in 14 anni Marchionne ha generato la bellezza di 15 miliardi di utili e ha salvato, a differenza di altre case automobilistiche, tutti i posti di lavoro in tutti gli stabilimenti italiani di Fca con una politica sindacale innovativa, malgrado le incomprensioni di una parte del sindacato e la sordità della stessa classe imprenditoriale che lo indusse a uscire polemicamente da Confindustria.

L’opera di Marchionne non è terminata e toccherà al suo successore Mike Manley, il protagonista industriale del brand di successo della Jeep che ne ha raccolto il testimone, portarla avanti individuando la partnership giusta con cui affrontare le sfide del futuro, dall’auto elettrica a quella dell’auto senza conducente. Ma Manley potrà farlo sulla scia dell’ultimo miracolo compiuto da Marchionne e cioè l’azzeramento dei debiti del gruppo, che ha indotto il supermanager italo-canadese a onorare la scommessa fatta con John Elkann indossando dopo moltissimo tempo la cravatta, pur confessando di non saper più fare il nodo.

L’altra geniale intuizione di Marchionne è stata la metamorfosi del gruppo che dal mercato di massa, sempre meno redditizio, si è gradualmente riposizionato sul segmento Premium non solo con la Ferrari ma anche con Maserati e l’Alfa Romeo. Per questo non solo la famiglia Agnelli, tutti gli azionisti e tutti i lavoratori del gruppo, ma l’Italia intera non dovrebbe mai smettere di riconoscere e applaudire le doti di impareggiabile condottiero di Sergio Marchionne. “Con lui – dice con ragione Marco Bentivogli, il leader della Fim Cisl che non ha avuto paura di fare accordi innovativi con Marchionne malgrado le scomuniche della Fiom – abbiamo sfidato l’Italietta della rendita e dei ricatti”. È stato proprio così e i fatti dicono che ne è valsa davvero la pena, anche se molti non l’avevano capito.

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