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L’Italia e Piazza Affari di nuovo in trincea aspettano il volo dello spread

Giornata molto difficile per l’Italia e per Piazza Affari dopo la crisi politica che mette alle corde il Governo Letta – Lo spread Bt-Bund è atteso in volo – Intanto in Intesa Sanpaolo scatta il ribaltone: Messina nuovo ceo al posto di Cucchiani – E in Telecom si avvicina l’addio di Bernabè – In settimana il successore di Bernanke alla guida della Fed

Comincia con un brusco ribasso di Tokyo ed Hong Kong (entrambe sotto dell’1,2%) una giornata difficile, se non drammatica, sui mercati finanziari. A partire da Piazza Affari, vittima dell’improvvisa accelerazione del collasso della situazione politica nel week end.

Reggerà quota 300? Oppure lo spread andrà oltre? Allacciate le cinture. Le premesse sono infauste, e c’è già chi pensa all’arrivo di una trojka di ispettori (Ue-Bce-Fmi) a Roma, come è già avvenuto ad Atene. Un’ipotesi estrema, certo, ma è certo che L’Italia è di nuovo la potenziale causa scatenante di una crisi dell’euro, con ricadute infauste per l’Unione Europea e, di riflesso, sulla ripresa globale. Una situazione drammatica che si rifletterà sui ressi di azioni e titoli di Stato anche se non mancheranno le sortite degli ottimisti, alla ricerca di una buying opportunity, nella speranza che stavolta lo scontro sarà tanto violento quanto breve.

A complicare il quadro, già rovente, contribuisce la delicata situazione americana: stasera, per la prima volta dopo 17 anni il Tesoro Usa resterà a secco. Nella mattina di domenica la Camera, a maggioranza repubblicana, ha condizionato il via libera al finanziamento della spesa pubblica al rinvio di un anno della riforma sanitaria. Il Senato, a maggioranza democratica, ha già respinto il “ricatto” imposto dalla destra del Tea Party. Di qui la paralisi: senza autorizzazione parlamentare il Tesoro non può attingere alla Riserva Federale.

Dalla stretta alle spese sono state esentati, all’unanimità, gli stipendi dei militari.

CUCCHIANI HA GIA’ DATO L’ADDIO…

Piazza Affari è chiamata stamane ad un altro test: le dimissioni di Enrico Cucchiani dalla guida di Banca Intesa, sancite ieri in sera in un incontro tra il manager (liquidato, come da contratto con 3,8 milioni di euro) con il presidente del consigli di sorveglianza, Giovanni Bazoli, e quello di gestione, Gian Maria Gros-Pietro.

Al suo posto è stato nominato Carlo Messina, 51 anni, da pochi mesi numero uno della Banca dei Territori. Entra nel board anche Francesco Micheli.

Intesa Sanpaolo -5,6% ha perduto in settimana il 5.6%, peggior titolo del Ftse/Mib.

E’ stata fatale a Cucchiani l’ostilità della “banca di sistema” verso uno stile di management più internazionale, la sua ricerca di investitori istituzionali per rafforzare il capitale della banca (e di riflesso ridurre il peso delle Fondazioni), pur sollecitata dai mercati.

Ancor d più, probabilmente, la decisione di far passare 800 milioni dell’esposizione Tassara dalla voce crediti in ristrutturazione a sofferenze. Non a caso proprio oggi la prima incombenza del nuovo ad riguarda la conclusione dell’accordo tra la Tassara di Romain Zaleski e le banche esposte per 2,2 miliardi tra cui spicca Intesa (1 miliardo di cui solo 0,5 coperto da garanzie). L’accordo prevede la conversione di 650 milioni di debiti in strumenti partecipativi (quasi equity) e una nuova proroga (forse al 2015 o al 2017) per la vendita degli assets. Per la prima volta la maggioranza del cda sarà in mano a consiglieri indipendenti e non a Zalesky.

E PER BERNABE’ IL PASSO S’AVVICINA

Telecom Italia in settimana ha portati a casa un rocambolesco +2%, costruito con una serie di alti e bassi da infarto, dopo il passaggio in mani spagnole del pacchetto di maggioranza di Telco, la holding di controllo della compagnia telefonica. 

Giovedì 3 ottobre, salvo sorprese sempre possibili, Franco Bernabé si presenterà dimissionario al cda dell’ex incumbent delle tlc. All’origine della decisione, l’opposizione all’aumento di capitale da lui propugnato. In pole position per la sua sostituzione è Massimo Sarmi, l’attuale ad delle Poste.

Appare difficile, a causa delle turbolenze politiche, una modifica della legge dell’Opa entro fine anno così come l’estensione alle tlc del golden power.

IN SETTIMANA IL SUCCESSORE DI BERNANKE

La settimana è stata negativa per tutti i mercati azionari, che hanno alle spalle tre ottave consecutive positive costellate da una serie innumerevole di record.

A Wall Street, complice l’acceso dibattito sul deficit, l’indice S&P500 ha ceduto complessivamente l’1,22% (poco meno il Dow Jones). Il Nasdaq è salito dello 0,19%.

Secondo il Financial Times è probabile che Barack Obama nomini il nuovo presidente della Fed a metà settimana, prima della partenza per l’Asia. Favorita resta Janet Yellen.

In Sudamerica, la Borsa brasiliana se l’è cavata con un calo di mezzo punto. In Asia, il Nikkei è rimasto la scorsa settimana praticamente invariato (-0,04%).

MADRID E ATENE LE MIGLIORI D’EUROPA

In Europa , il tema chiave del prossimo direttorio Bce del 2 ottobre, possibili effetti della crisi italiana a parte, sarà la mancata crescita della liquidità che non arriva alle imprese (- 2% i crediti ad agosto): non è escluso il varo di un nuovo Ltro, più difficile l’intervento sui tassi. Si avvicina, tra l’altro, il verdetto della Corte Costituzionale di Karlsruhe.

In lieve calo anche Parigi -0,4%, e Francoforte -0,2%. La Grecia ha tratto beneficio dalla vittoria elettorale di Angela Merkel e dalla prospettiva di un governo a Berlino che comprenda i socialdemocratici nell’attesa di un atteggiamento più morbido nei confronti della periferia.

Ha fatto eccezione, ancor prima del collasso dell’esecutivo, Piazza Affari ha pagato duramente le incertezze del quadro politico con la perdita peggiore: FtseMib -1,8%.

MILANO, SOLO 9 BLUE CHIPS IN POSITIVO

Le due migliori blue chip sono state  Autogrill +8% e Fiat Industrial +4%. Entrambe sono interessate da imminenti operazioni straordinarie. Dal primo ottobre Autogrill quoterà a Piazza Affari “World Duty Free”, mentre da lunedì 30 settembre dalle ceneri di Fiat Industrial nascerà CNH Industrial (quotata anche a Wall Street). 

Telecom Italia porta a casa un rocambolesco +2%, costruito con una serie di alti e bassi da infarto, dopo il passaggio in mani spagnole del pacchetto di maggioranza di Telco, la holding di controllo della compagnia telefonica. 

Saldo positivo anche per  Prysmian,Mediobanca (cessione quota Telco con plusvalenza) e Enel (accelerazione piano di vendita asset),tutte con un guadagno di poco inferiore al 2%, Finmeccanica  +1,8% (prospettive di cessione dell’Ansaldo).

SOTTO TIRO MEDIASET E MEDIOLANUM

Le note dolenti sono arrivate dalle banche: Banca Popolare Milano -4,9% (ritardi nella trasformazione da cooperativa), Banco Popolare -3%.

Tra i finanziari le vendite hanno colpito anche Mediolanum -3,3%. Mediaset -4,5%, ha pagato inevitabilmente le incertezze sul futuro politico del suo proprietario, ma non dimentichiamo che il titolo ha più che raddoppiato le quotazioni da inizio 2013.

Le vendite hanno colpito i petroliferi, dopo l’accordo sulla Siria e soprattutto le aperture a sorpresa del governo iraniano. Eni -2% (al netto dello stacco di 55 cents di dividendo), Saipem -2,7%, Tenaris -4,7%.

Sempre in coda c’è GTech -5,6%, venduta per le preoccupazioni che il governo debba ricorrere ai collaudati sistemi (aggiungiamo anche le accise sulla benzina) per reperire le risorse che mancano per evitare l’aumento dell’Iva.

Fiat -3,2% ha preso una direzione opposta a quella di Fiat Industrial. Sul titolo continua a pesare la durissima diatriba con Veba sulla quota Chrysler.

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