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Legge stabilità, dilemma Irpef-cuneo fiscale

Le commissioni parlamentari hanno dato parere negativo a una serie di misure, fra cui l’aumento delle ore di lavoro degli insegnanti – Bocciato il decreto per tagliare i costi della politica nelle Regioni – Iva: ipotesi aumento solo della terza aliquota – Agevolazioni fiscali: escludere dal tetto alle detrazioni gli interessi sui mutui.

Legge stabilità, dilemma Irpef-cuneo fiscale

La legge di stabilità è un cantiere dominato dal caos. Ieri le commissioni parlamentari hanno dato parere negativo a una serie di misure proposte dal Governo: la retroattività dei nuovi limiti su detrazioni e le deduzioni fiscali, il taglio di 600 milioni per il 2013 alla spesa sanitaria, l’aumento delle tasse sui ricorsi giudiziari, la tassazione delle pensioni di guerra, l’Iva al 4% per le cooperative sociali e la Tobin tax. Bocciato perfino il decreto per ridurre gli stipendi e il numero dei consiglieri nelle Regioni, nonostante la pioggia di scandali che nelle ultime settimane ha travolto gli enti locali, facendo saltare le giunte di Lombardia e Lazio. Quanto al capitolo scuola, come anticipato da FIRSTonline, la commissione Cultura alla Camera ha definitivamente archiviato la norma per innalzare da 18 a 24 le ore di lavoro settimanale degli insegnanti. 

Fin qui però si tratta solo di pareri e intenzioni annunciate. La strada è ancora lunga: mancano otto giorni alla presentazione degli emendamenti e 15 all’arrivo del testo in Aula a Montecitorio. Il Governo sa che i margini per ulteriori cambiamenti di rotta sono ancora molto ampi e continua a ripetere il mantra dei “saldi invariati”, lasciano intendere che la maggior parte delle correzioni proposte dai partiti (anche quelle più condivise) potrebbero comportare difficoltà insormontabili di copertura finanziaria.

L’impianto generale della manovra rischia quindi di non essere modificato nella sostanza. L’unica ipotesi concreta per rivoluzionare il testo prodotto dall’Esecutivo è quella avanzata da Confindustria, che nelle ultime ore ha incontrato largo consenso tra le forze politiche (Pd in testa). L’idea sarebbe di cancellare l’intervento sulle aliquote più basse dell’Irpef (riduzione dal 23 al 22% per i redditi fino a 15mila euro e dal 27 al 26% per quelli fino a 28mila euro) per recuperare risorse da investire nell’abbattimento del cuneo fiscale, ovvero il peso di tasse e contributi sulla busta-paga. I 4,2 miliardi risparmiati con l’eliminazione dei tagli all’Irpef potrebbero essere impiegati in parte anche per eliminare i nuovi limiti imposti agli sconti fiscali per chi ha un reddito annuo superiore ai 15 mila euro lordi (tetto di 3mila euro alle detrazioni e franchigia di 250 su deduzioni e detrazioni).

Se lungo questa via non si riuscisse a far quadrare i conti, alla fine si potrebbe scegliere di non toccare la struttura portante della legge, intervenendo però con modifiche sostanziali nell’ambito delle singole misure. Per quanto riguarda l’Irpef, la riduzione delle due aliquote potrebbe effettivamente saltare, ma sembra che Governo e maggioranza siano al lavoro per aumentare le deduzioni sul lavoro dipendente, in modo da lanciare comunque un segnale al Paese. 

Il taglio alle agevolazioni fiscali potrebbe invece sopravvivere, ma degli accorgimenti sembrano inevitabili. Si pensa ad esempio di escludere dal tetto alle detrazioni gli interessi sui mutui: oggi solo per questa voce il limite è a 4mila euro e potrebbe essere addirittura incrementato. 

C’è poi il capitolo Iva, per la quale la legge prevede a partire da luglio un innalzamento della seconda e della terza aliquota (rispettivamente dal 10 all’11% e dal 21 al 22%). In questo caso l’idea sarebbe d’intervenire solo sulla soglia del 21%, lasciando inalterata quella del 10%, che si paga sui beni di prima necessità e colpisce in primo luogo le fasce più deboli. Ma su questo come sugli altri punti della manovra la partita rimane più che aperta. 

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