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La Slovenia vuole farsi il suo aceto balsamico, un danno da 1 miliardo di euro per l’Italia

Il governo sloveno ha già inviato una nota alla Commissione UE. Il ministro Patuanelli: ci difenderemo da questi indebiti attacchi. Un precedente pericoloso che può alimentare il mercato del falso Made in Italy valutato in 100 milliard di euro. La storia dell’aceto balsamico di Canossa amato dall’Imperatore Federico II

La Slovenia vuole farsi il suo aceto balsamico, un danno da 1 miliardo di euro per l’Italia

Il Governo sloveno ha deciso di varare una norma con la quale qualsiasi miscela di aceto di vino con mosto concentrato si potrà chiamare, e vendere, come “aceto balsamico”. La scelta già notificata alla Commissione Europea, rappresentata una grave minaccia a uno dei prodotti di punta del made in Italy di qualità in evidente contrasto con le attuali norme comunitarie che tutelano Dop e Igp e disciplinano il sistema di etichettatura e informazione del consumatore.

Assieme all’aceto balsamico – mette in guardia la Coldiretti – è dunque sotto attacco l’intero sistema del Made in Italy di qualità e lo stesso primato dell’Italia che conta 312 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario, oltre a 526 vini Doc/Docg e Igt.

Sulla vicenda è intervenuto prontamente il neo-ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli il quale assicura che «La tutela del patrimonio enogastronomico italiano è una priorità del Governo, pertanto, anche in questo caso, faremo tutto il possibile per difendere l’Aceto Balsamico di Modena contro questi indebiti attacchi».

Dal canto suo Paolo De Castro europarlamentare ed ex ministro dell’agricoltura ha presentato un’interrogazione prioritaria al commissario Ue Janusz Wojciechowski: «L’aceto balsamico sloveno sarebbe chiaramente un’evocazione che può indurre in errore i consumatori europei, perché fa concorrenza all’alimento tutelato nello stesso segmento di mercato, e non può farlo. Adesso è il commissario che deve difendere la Dop».

Il danno che deriverebbe all’Italia se la decisione del governo sloveno dovesse passare sarebbe enorme, il mercato dell’aceto balsamico italiano è valutato attorno al miliardo di euro.

Va ricordato tra l’altro che a maggio dello scorso anno lo stesso commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, sollecitato con una lettera da Paolo De Castro, coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo a fare chiarezza su una sentenza di dicembre 2019 della Corte di giustizia europea, che definiva generico il termine ‘balsamico’, si era espresso in questi termini: “L’Indicazione geografica ‘Aceto Balsamico di Modena Igp’ non è solo tutelata nel suo complesso, ma anche contro ogni possibile evocazione che possa indurre in errore i consumatori europei. Insomma, non ci può essere un aceto balsamico ‘made in Germany’, o in qualunque altro Paese Ue che voglia usurpare la nostra eccellenza italiana”.

L’iniziativa slovena tra l’altro oltre a rappresentare una minaccia per il nostro prodotto conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, rischia anche di andare a ingrossare il mercato internazionale del falso made in Italy che fattura già oltre 100 miliardi di euro miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che, secondo un’analisi Coldiretti e Filiera Italia, si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale.

Un’industria del falso sempre più fiorente che ha paradossalmente i suoi centri principali nei paesi avanzati, a partire dall’Australia al Sudamerica, dal Canada agli Stati Uniti dove una spinta importante e venuta dai dazi punitivi nei confronti dei formaggi e dei salumi italiani che hanno favorito le “brutte copie” locali.

La manovra slovena sull’aceto balsamico rischia pertanto di diventare un precedente pericoloso. Per la cronaca sono riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, l’Aceto Balsamico di Modena IGP (Indicazione Geografica Protetta), l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio DOP, e l’Aceto Balsamico di Reggio Emilia IGP.

Si tratta di prodotti ottenuti nel rispetto di specifici disciplinari di produzione trasmessi nel tempo da generazioni che devono essere protetti nei confronti delle imitazioni low cost che non hanno nulla a che vedere con i prodotti originali.

Va ricordato infine che l’Aceto Balsamico di Modena, fu inventato dal monaco benedettino Donizone, vissuto fra l’undicesimo ed il dodicesimo secolo. Un condimento che spinse l’imperatore Enrico II a scrivere al marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, “poiché voleva di quell’aceto che gli era stato lodato e che si faceva nella rocca di Canossa”.

Dal sito della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale si apprende inoltre che quando gli Estensi nel 1598 si trasferirono da Ferrara a Modena, portarono con sé tutti i loro aceti, ma lì ne scoprirono un altro, sconosciuto ai più, prodotto a livello familiare e in ambienti ristretti non si sa da quanto tempo. Aveva caratteristiche diverse, un’armonia di sapori e profumi ineguagliabili e ben presto venne riconosciuta la sua eccellenza rispetto ai prodotti noti a corte fino ad allora. Nel palazzo ducale prese così dimora nel sottotetto della torre ovest, verso San Domenico, un’acetaia alimentata con mosto «purgato e ridotto secondo la pratica», come scrive nel 1803 Latour, subeconomo dei Beni Nazionali del Panaro durante l’occupazione francese.

In quella torre maturò col tempo un prodotto eccezionale che, per la prima volta nel 1747, sui registri delle cantine segrete della Corte Estense, fu denominato ‘aceto balsamico’, lo stesso che era conosciuto come ‘aceto del Duca’, denominazione segno di distinzione e preziosità.

Per altro ai Duchi si deve riconoscere il merito di aver fatto conoscere l’Aceto Balsamico in molte Corti europee

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