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La rottura tra Fiat e Confindustria segna una svolta storica: la prima è sola e la seconda è cieca

INTERVISTA A UGO CALZONI – Sembra di essere tornati al 1980: come allora la Confindustria di oggi è “intessuta di compromessi politico-sindacali e burocratizzata da una proposta di rappresentanza lontana dalle piccole e medie imprese” e non capisce quel che sta succedendo in Fiat – Sempre più forte il ruolo dei gruppi pubblici – Occorre un nuovo leader

La rottura tra Fiat e Confindustria segna una svolta storica: la prima è sola e la seconda è cieca

Ugo Calzoni, indimenticato braccio destro del presidente Luigi Lucchini in Confindustria e poi direttore generale dell’Ice, se li ricorda bene gli anni a cavallo tra il Settanta e gli Ottanta. 

A suo avviso la “rottura storica” di oggi tra Confindustria e Fiat ha molti tratti in comune con l’incomunicabilità tra quanto succedeva allora a Torino e quanto accadeva nel palazzone grigio della Confindustria all’Eur. Ecco il suo punto di vista sullo strappo tra Fiat e Confindustria, sulle sue cause e sui suoi effetti. 

FIRSTonline – Dottor Calzoni, l’uscita della Fiat dalla Confindustria sembra destinata a rivoluzionare o a snaturare l’organizzazione degli imprenditori privati: che cosa succederà adesso? Può un’organizzazione di imprese rinunciare alla maggiore e più rappresentativa industria privata italia senza smarrite la sua missione?

CALZONI – La rottura tra Fiat e Confindustria segna una svolta storica nella maggior organizzazione imprenditoriale del Paese. L’episodio formale della uscita da Viale dell’Astronomia trova la ragione ultima nello svuotamento operato dalla Confindustria sugli indirizzi in tema di contratti aziendali contenuti nell’articolo 8 della manovra finanziaria: contenuti anticipati dagli accordi, pur maggioritari , di Pomigliano e di Mirafiori.

Si ha l’impressione di tornare al 1980 quando la Fiat, assediata, si ribellava con la marcia dei 40.000 alle pratiche consociative in una completa solitudine anche nei confronti dei vertici della Confindustria del tempo. Anche allora ci fu un Presidente che disse che a Torino erano in atto azioni limitate ad una azienda e che queste riguardavano la Fiat e non il mondo imprenditoriale nel suo complesso.

La cecità di allora è la stessa della Confindustria di Emma Marcegaglia ormai intessuta di compromessi politicio-sindacali e burocratizzata nei fatti da una proposta di rappresentanza lontana dagli interessi vitali della competizione internazionale e dal sistema diffuso delle piccole e medie industrie.

FIRSTonline – L’assenza della Fiat è destinata ad accrescere il peso in Confindustria dei gruppi pubblici i cui vertici sono di nomina politica: la Confindustria diventerà sempre più governativa?

CALZONI – Sono anni che in Confindustria e in molte territoriali si perdono le connotazioni delle concreta rappresentanza degli interessi. La presenza sempre più forte delle ex aziende di stato, di quelle dei servizi e delle municipalizzate hanno tolto al tessuto connettivo di Confindustria quei valori che hanno sempre caratterizzato l’impresa privata e la dinamicità che essa ha garantito persino alla mobilità sociale ed economica del Paese.

FIRSTonline – Come influirà l’uscita della Fiat sulla prossima campagna elettorale di Confindustria per la successione a Emma Marcegaglia alla presidenza?

CALZONI – Vedremo nei prossimi mesi la conseguenza della decisione di Torino. Quello che è certo che Emma Marcegaglia ha inferto un colpo mortale alla Confindustria fino ad oggi conosciuta. La svolta potrà venire da una nuova Presidenza caratterizzata da un imprenditore manifatturiero legato al mercato, con una storia consolidata alle spalle, che consideri quella carica il fine di un “cursus aeconomicum” ed umano di successo e non una piattaforma per nuovi incarichi da riscuotere sul terreno della politica.

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