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Il risiko dell’acqua: regioni in campo, ma la strategia dov’è?

La gestione dell’acqua resta il servizio pubblico più problematico in Italia. Il 2017 è stato l’annus horribilis per
siccità, crisi annunciatee reti vetuste. Ora scendono in campo le Regioni ma senza una strategia nazionale sul modello della SEN non si va da nessuna parte

Il risiko dell’acqua: regioni in campo, ma la strategia dov’è?

Se non è un risiko in senso stretto, poco ci manca. La gestione dell’acqua in Italia resta il servizio pubblico più problematico. Grandi aziende lo valutano come il business del futuro con investimenti e sinergie con altre infrastrutture a rete. Cassa Depositi a Prestiti ha stabilito,invece, che per coprire le disfunzioni di anni, occorrono 25,3 miliardi di euro.

Del classico gioco risiko resta in piedi l’obiettivo da raggiungere. I giocatori ci sono, ma si chiedono quando e come. Quesiti aperti fino a quando il governo non avrà stabilito una strategia chiara e condivisa con territori ed operatori. Può aiutare a questo proposito, il recente esempio della SEN in campo energetico. Sul tavolo, comunque, da qualche giorno ci sono anche le proposte delle Regioni. Gli Enti che assieme ai Comuni pagano il prezzo più salato di disservizi e proteste.

Il  2017 è stato l’annus horribilis per siccità, crisi annunciate e  reti vetuste. Il  deficit estivo di pioggia è stato del 41% e l’estate tra le più calde dal 1800. Abbiamo scoperto, ancora una volta, la necessità  di mettere mano ad un grande  piano con più direttrici. I soldi devono essere recuperati attraverso le tariffe di vendite spalmate sulle varie tipologie di consumi. Per la missione di governo “Italiasicura”, bisogna investire 4 – 5 miliardi di euro all’anno. In soldoni, in un Paese che ha alti livelli di povertà,  sono circa 80 Euro per abitante all’anno.

I governatori in Conferenza Stato- Regioni hanno fatto notare che questo fabbisogno economico non trova copertura nella capacità di investimento da tariffa. La loro portavoce Donatella Spano – coordinatrice della commissione Ambiente – nell’illustrare il documento tematico approvato, ha confrontato l’Italia al resto d’Europa. Per la  manutenzione straordinaria, la Francia spende 32 euro per abitante, la Germania 82, Regno  Unito e Danimarca oltre 100. Dati che ci dicono che a pagare non sono solo gli utenti finali, in Paesi dove le disuguaglianze sono meno evidenti che in Italia.

Il risiko, allora, non può giocarsi solo nei confini nazionali. Il campo è l’Europa. Le Regioni attaccano e  chiedono all’Unione di prendere atto che l’Italia è il Paese più svantaggiato del vecchio continente. Senza scomodare principi morali o considerazioni etiche sull’acqua bene comune, indispensabile per progredire, svilupparsi, tutelare l’ambiente. Bastano due premesse. La prima: la necessità di interventi infrastrutturali  per migliorare la capacità di invaso,di ricarica della falda, per favorire adeguate modalità di distribuzione a livello territoriale.

La seconda: l’Italia è al centro del Mediterraneo, dove i fenomeni climatici di siccità e di innalzamento delle temperature producono gli effetti più negativi. 11,85 miliardi dal Fondo di Sviluppo e Coesione e dai Fondi Strutturali Europei, negli ultimi anni sono stati spesi. Ma tra il 2008 e il 2012 Sardegna, Sicilia, Campania, Lazio, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, hanno avuto predite nelle condutture tra il 45 e il 55%. Il risiko può diventare un gioco pericoloso.

Pubblicato in: News

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